Attualità
I costi del lavoro tedeschi – Paul Krugman
Deduco da alcune reazioni al mio post relativo alla pubblicità martellante sull’innovazione che molti lettori non conoscono nulla della straordinaria storia dell’export tedesco. Ecco il punto chiave: il lavoro tedesco è molto costoso, anche comparato con quello degli Stati Uniti:
Grafico 1. Costi del compenso orario nel manifatturiero, in dollari USA nel 2012
Ed è stato così per decenni. Ma la Germania è un paese esportatore di successo lo stesso. Come riescono a farlo?! Non realizzando l’ultimo prodotto tecnologico alla moda, ma mantenendo una reputazione per dei prodotti di altissima qualità, anno dopo anno.
Se la Germania sembra altamente competitiva nonostante i suoi elevati costi, gli Stati Uniti sono il contrario; la nostra produttività è alta, ma andiamo costantemente male nell’export – ed ho visto così per tutta la mia vita professionale. Ero solito pensare che fosse la nostra insularità culturale, la nostra difficoltà nel pensare quello che le altre persone potrebbero desiderare. Ma è ancora plausibile?!
Nota del traduttore
Senza voler criticare un Nobel come Paul Krugman (per carità, ci mancherebbe), l’analisi vede ancora principalmente solo il lato dell’offerta: produrre per esportare (supply side). E, stranamente, sembra reclami il surplus commerciale per un paese, gli USA, che non l’hanno mai perseguito realmente come obiettivo. Inoltre, sulla qualità, per esempio, ci sono anche delle automobili italiane che si chiamano Ferrari. C’era anche una certa Lamborghini nel 1998 comperata da Volkswagen per 110 milioni di $ (sic!); Maserati e De Tomaso vi dicono nulla?! Comunque il post è corto ed è ovvio che P. Krugman abbia degli argomenti migliori di quelli esposti che sono più che altro semplici interrogativi (stiamo comunque parlando di un post sul blog, non di una conferenza, un altro genere di meeting formali, un working paper universitario, ecc. ecc.). Ma, visto che è stato ripetutamente sostenuto che fosse necessario un taglio dei salari che “in Italia sono troppo alti” e, quindi, la svalutazione del lavoro, quello che si voleva principalmente far notare – attraverso il grafico più che l’articolo, ma visto che l’articolo era corto lo si è tradotto – è che nel settore manifatturiero i costi per ora lavorata in Italia sono inferiori, di molto, a quelli dei paesi del centro e del nord Europa. Infatti sia il “core” (Francia e Germania) che il resto del nord Europa (Belgio, Finlandia, Svezia, Olanda, ecc. ecc.) hanno dei costi per ora lavorata superiori a quelli dell’Italia. Guardate la Grecia ed il Portogallo (sopratutto quest’ultimo), hanno costi orari decisamente inferiori rispetto agli altri membri dell’euro-zona e non, ma veramente di molto inferiori; eppure sono finiti tra i PIIGS con noi. Quindi, possiamo essere sicuri del fatto che la diminuzione della “paga oraria” sia una soluzione quando paesi che hanno una retribuzione per ora lavorata di molto inferiore alla nostra non sono stati comunque risparmiati dalla crisi?! Le soluzioni che vanno ultimamente di moda sono solo quelle che prevedono dei tagli, sia che si parli di pubblico che di privato. Sembra quasi che certe parole come “investimenti”, soprattutto quando accompagnati da “di lungo periodo”, sia nel pubblico (in questo caso chiamatela spesa, se volete) che nel privato, siano diventate, in questi tempi di “finanziarizzazione” dell’economia dove si deve fare profitto principalmente sul breve, un tabù!
Fonte: NYT.blog
Traduzione a cura di Luca Pezzotta di Economia Per I Cittadini
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