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I brillanti risultati di ENEL nel primo trimestre dimostrano l’importanza del colosso energetico per il sistema Italia: difenderla dagli interessi europei passa anche per la banda larga…

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Si, il nuovo AD di ENEL, Francesco Starace, sembra la persona giusta al posto giusto: grande conoscitore dell’azienda, uomo caparbio e solido nella sua professionalità, da una parte ha parzialmente corretto il tiro del management precedente vincolando le cessioni di assets al mantenimento del profitto [della serie, se si vendono gli asset che guadagnano si perde margine, fatto non necessariamente consigliabile], dall’altra ha focalizzato la sua attenzione sulla crescita. I numeri gli danno piena ragione: nei principali settori di attività – tutti in buonissimo stato – notiamo i brillanti risultati di Enel Green Power, focalizzata sul rinnovabile, la star del settore green utility che il mondo ci invidia; il mantenimento delle posizioni nella generazione termica diciamo tradizionale; grande focus sugli emergenti in via di industrializzazione.

Il mix è esplosivo: al contrario delle altre aziende europee del settore – abbastanza stantie e poco geograficamente estese –, le prospettive di crescita di ENEL sono in salita, con un EBITDA tanto resiliente quanto ben diversificato nei prossimi anni. E, fattore importantissimo, ai massimi livelli di mercato in termini di risultati, ormai costantemente sopra 15 mld EUR annui di EBITDA. Tanto per dare un’idea la tedesca E.ON rischia di scendere sotto [o rimanere poco sopra] la soglia dei 7 mld EUR di EBITDA di gruppo alla fine di quest’anno [l’Adj. EBITDA era attorno a 13 mld EUR negli anni 2009/10!], un ex gigante con le gambe d’argilla quello tedesco anche in forza degli enormi debiti prospettici per decomissioning e pensioni oltre che per il solido decremento dell’EBITDA negli ultimi i 5 anni [il debito finanziario di E.ON a fine anno probabilmente sarà – stranamente, all’apparenza – minore di 5 mld EUR, ossia praticamente nulla per una utility].

Eh si, il debito di ENEL, quello che con ca. 40 mld euro sembrava il tallone d’Achille con il crollo degli attuali tassi di finanziamento [sul debito recentemente rifinanziato] è diventato un enorme vantaggio: grazie alla sua rilevante dimensione la leva finanziaria intrinseca del gruppo italiano rischia di far incrementare i risultati in modo molto superiore ai competitors nel prossimo lustro in quanto le aree dove tale debito (obbligazionario) è stato investito supera ampiamente i saggi di finanziamento, ad oggi attorno inferiori al 2% a 10 anni. Tanto per dare un’idea, da vari anni il competitor tedesco E.ON ha perseguito la strada opposta di ENEL, leggasi ridurre aggressivamente il debito finanziario fino a spingersi a valori prossimi allo zero senza guardare alle implicazioni sulla redditività: un caso più unico che raro quello del gruppo tedesco nelle utility, molto pericoloso in assenza di un baricentro del business spostato verso le rinnovabili e/o i mercati emergenti ad alta redditività (ossia, proprio dove invece ha investito ENEL). Per inciso, i risultati stanno dando piena ragione al gruppo Italiano -.

Va detto di più: lo scorso mese ENEL Green Power ha firmato un’alleanza che dire strategica è poco con il colosso USA General Electric (GE) per il rinnovabile in Nord America, ossia cedendo il 49% della propria partecipazione nella consociata ENEL per le rinnovabili già attiva in loco. GE è davvero un’azienda che dire strategica è riduttivo: cuore dell’establishment americano, perno della difesa, è un’azienda che storicamente ha sempre avuto ottimi legami con l’Italia sia di management (P. Fresco, G. Recchi dixit) che di business (collaborazioni ad ampio spettro che hanno coinvolto acquisizioni, cessioni, presidenze di e con aziende italiane di massimo livello). I ben informati suggeriscono che un ruolo in tale alleanza l’abbia avuto il NIAPAC USA, la potente organizzazione dei nostri oriundi oltreoceano. Si sussurra anche che tale alleanza sia stata suggellata anche con il fine di ostacolare eventuali tentativi da parte di utilities europee (…), di entrare nell’azionariato di ENEL. L’abbiamo detto sopra, nel settore delle utilities chi ha investito in mercati maturi ha oggi dei ritorni bassissimi soprattutto se non ha leva; come disse al Financial Times alla fine dell’anno scorso l’ex AD della francese EDF (quello sì un vero colosso), H. Proglio, il mercato tedesco è un disastro e delle due principali aziende una è quasi morta e l’altra sta malissimo*. Da tali – pochi – antefatti si può tranquillamente derivare che potrebbero esserci mire tedesche sulla sanissima e preziosissima ENEL proprio allo scopo di colmare le enormi lacune di redditività, di management e soprattutto di visione strategica del settore in Germania, settore che sembra abbia sbagliato molto nelle proprie strategie dal 2008/09 in avanti – almeno a guardare la progressione dei risultati dei principali attori e, nel caso dell’ex colosso tedesco dell’energia, le enormi svalutazioni di assets degli ultimi 6 anni -. Va comunque ricordato che il primo esportatore commerciale del mondo come valore della bilancia commerciale [la Germania] non può prescindere dall’avere un settore dell’energia forte al fine di fare sistema con le proprie industrie. Per questo non stupirebbe se ci fossero pressioni politiche per favorire un avvicinamento tra Italia e Germania nel power & gas (chiaramente a danno dell’Italia come spesso accade quando ci sono accordi governativi con la Germania, ndr**), magari sfruttando la debolezza dei bilanci dello Stato italiano per costringere il governo a cedere magari anche a basso prezzo i propri assets di pregio.

Questo sarebbe certamente un errore gravissimo, direi anche un tradimento del bene dello Stato. Si perché cedere un’azienda sana come ENEL, che batte i competitors, che assume, fa crescita, investe e paga tasse in Italia oltre ad essere perfettamente sistemica come dimostra l’esempio della banda larga in Italia (…), deve rimanere anche in futuro con una forte partecipazione statale, ricordando che quasi tutte le utility europee o sono a maggioranza pubblica (EDF, RWE, EnBW, Vattenfall etc.) o non sono di fatto contendibili grazie ad azionariati incrociati stile veto in all’acquisto di Electrabel (appunto, Gaz de France, poi E.ON, Iberdrola etc.). Per assurdo la più indifesa del pack europeo potrebbe essere proprio ENEL nel momento in cui un governo scellerato decidesse – magari con l’austera pistola eurotedesca alla tempia – di renderla contendibile [vanno ricordate le reiterate pressioni a Tsipras da parte dell’Europa a trazione germanica di procedere alla privatizzazione proprio dell’equivalente di ENEL in Grecia, ossia di PPC, richieste tanto garbatamente quanto fermamente rimandate al mittente dal primo ministro greco – posso azzardare che nel caso di PPC, ugualmente al caso della greca ROSCO con Siemens***, l’eventuale compratore sarebbe stato tedesco… –). Se la mossa di ridurre la partecipazione pubblica in ENEL al di sotto della soglia dell’OPA ci porterà ad una di fatto acquisizione o anche ad una partecipazione strategica da parte di un soggetto straniero da un lato potremo permetterci di dire che l’avremmo vista giusta. Dall’altra certamente significherebbe che la colpa dello scempio sarà di chi lo ha permesso. Ed il suo nome sarà, purtroppo [lo dico da italiano], il Governo di Matteo Renzi.

Bisogna però essere sinceri: la mossa di fare affidamento sugli enormi utili ante imposte di ENEL –in grossa parte provenienti dall’estero – per finanziare la banda larga italiana sembra essere un game changer, un passo strategico decisivo (e comunque un banco di prova per il Governo nella difesa del colosso elettrico Nazionale).

Jetlag per Mitt Dolcino

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* http://www.manager-magazin.de/unternehmen/energie/edf-chef-henri-proglio-holzt-gegen-rwe-und-eon-a-996330.html

** http://www.italiaoggi.it/giornali/stampa_giornali.asp?id=1785942&codiciTestate=1&accesso=FA

*** https://scenarieconomici.it/la-lezione-dellue-tedesca-nel-caso-rosco-grecia-prima-li-affami-e-poi-li-compri-un-monito-per-litalia/

 

 


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