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Giappone e Corea non rinunciano al gas russo

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Il progetto Sakhalin-2 LNG potrebbe veder raddoppiare i proventi del proprio sfruttamento nel 2023 rispetto a prima dell’invasione russa dell’Ucraina, poiché i prezzi del GNL sono ora più alti e molti degli acquirenti asiatici a lungo termine hanno rinnovato i loro accordi, ha riferito mercoledì la Reuters, citando analisti e calcoli propri.

La maggior parte degli acquirenti di GNL a lungo termine del progetto Sakhalin-2, tra cui Giappone e Corea del Sud, ha continuato ad acquistare gas dall’impresa, anche se le major occidentali hanno abbandonato in massa le operazioni in Russia dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022, tra cui Shell, che ha dichiarato di voler lasciare il progetto.

Le utility di Giappone e Corea del Sud, invece, hanno continuato ad acquistare GNL da Sakhalin, citando la sicurezza energetica – e molte di loro hanno rinnovato gli accordi a lungo termine.

Secondo le stime di Reuters, nel 2021, ultimo dato disponibile, il progetto Sakhalin-2 ha registrato entrate per 5,7 miliardi di dollari. Quest’anno, i ricavi potrebbero raddoppiare grazie all’aumento dei prezzi del GNL e alla continua domanda da parte degli acquirenti asiatici.

Nell’agosto dello scorso anno, Tokyo Gas, il più grande fornitore di gas cittadino in Giappone, ha firmato un accordo di GNL a lungo termine con il nuovo operatore russo di Sakhalin-2 per mantenere i volumi di fornitura del progetto.

All’inizio di luglio, un decreto di Vladimir Putin ha stabilito che una società statale russa di nuova costituzione avrebbe assunto i diritti e gli obblighi della Sakhalin Energy Investment Co. Shell e le giapponesi Mitsui e Mitsubishi erano azionisti di minoranza della Sakhalin Energy Investment Co.

All’inizio di agosto, il governo russo ha concesso agli investitori stranieri di minoranza di Sakhalin-2 – Shell, Mitsui & Co e Mitsubishi – un mese di tempo per rivendicare le proprie quote in una nuova entità che sostituirà il progetto esistente. Shell ha confermato che sta valutando come uscire dal progetto, mentre le compagnie giapponesi hanno mantenuto le loro quote.  Anzi, Mitsui, che detiene ancora il 12,5% di Sakhalin-2, ha dichiarato a novembre che il progetto dispone di un know-how tecnico sufficiente per gestire le operazioni senza la Shell. Alla fine per le società giapponesi viene prima di tutto la certezza delle forniture energetiche, piuttosto che le questioni di carattere ideologico.


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