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Energia

Fusione Nucleare: una doccia fredda dall’acciaio rovente. La lega speciale cede sotto radiazioni

La nuova super-lega d’acciaio, progettata per i reattori a fusione, ha mostrato un difetto critico: si gonfia sotto le radiazioni. La scoperta, sebbene una delusione, fornisce dati cruciali e guida già lo sviluppo dei materiali di nuova generazione.

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Una nuova classe di acciai avanzati, considerata cruciale per il futuro dell’energia da fusione, non si è rivelata all’altezza e dovrà essere rivista prima di essere utilizzata nei reattori a fusione.

Una serie di test innovativi ha rivelato un difetto critico: la lega, progettata per resistere a condizioni infernali, si gonfia e si degrada se esposta agli elevati livelli di radiazioni tipici di un reattore a fusione.

Questa scoperta, frutto di un’indagine sistematica senza precedenti condotta da ingegneri dell’Università del Michigan (U-M), rappresenta una battuta d’arresto ma anche una lezione fondamentale per lo sviluppo dei materiali del futuro. I risultati sono stati pubblicati in una serie di tre articoli su riviste scientifiche di primo piano come ScienceDirect-Materials. 

La promessa di un’energia più sicura e sostenibile

Per comprendere la portata di questa sfida, è essenziale distinguere la fusione dalla fissione. Mentre le oltre 90 centrali a fissione operative negli USA forniscono energia stabile e priva di carbonio spaccando atomi pesanti (come l’uranio, una risorsa finita), la fusione promette di essere un’alternativa molto più sostenibile. L’obiettivo è unire due atomi leggeri, come gli isotopi di idrogeno, che possono essere ricavati da fonti abbondanti come l’acqua di mare.

Inoltre, la fusione offre vantaggi di sicurezza ineguagliabili: produce elio (un gas inerte) e scorie radioattive a vita breve, molto più semplici da gestire rispetto ai rifiuti a lunga vita della fissione. Soprattutto, in caso di guasto, la reazione di fusione si spegne semplicemente, eliminando alla radice il rischio di un meltdown nucleare.

Prima la fusione nucleare deuterio trizio, con la produzione di energia e di un neutrone

Il rovescio della medaglia sono le condizioni operative estreme. Il nucleo di un reattore a fusione deve raggiungere i milioni di gradi Celsius — una temperatura di gran lunga superiore a quella della superficie del Sole — mentre i componenti strutturali, come quelli realizzati con i nuovi acciai, devono operare fino a . Oltre al calore, i neutroni generati dalla reazione creano atomi di elio all’interno dei materiali, che, accumulandosi, possono causare rigonfiamenti e deformazioni fatali.

L’esperimento che ha svelato la crepa nell’armatura

Per risolvere questo problema, il team del Oak Ridge National Laboratory (ORNL) ha progettato una nuova lega, un tipo di acciaio ferritico/martensitico a ridotta attivazione (RAFM) chiamato CNA9 (Castable Nanostructured Alloy #9). La sua arma segreta consiste in miliardi di particelle nanoscopiche di carburo di titanio () pensate per assorbire i danni da radiazione e intrappolare l’elio.

Per testarlo, il team dell’Università del Michigan ha utilizzato un approccio rivoluzionario. Invece di testare gli effetti separatamente, ha impiegato un acceleratore di particelle per bombardare i campioni con due fasci di ioni simultaneamente: un fascio di ioni di ferro per infliggere il danno da radiazioni e un fascio di ioni di elio per simulare la produzione di gas. Questo ha permesso di ricreare con altissima fedeltà l’ambiente di un reattore.

 

La registrazione dell’esperimento da University of Michigan

I risultati iniziali sono stati parzialmente incoraggianti: intorno ai , le particelle di riuscivano a intrappolare l’elio sulla loro superficie. Tuttavia, la sorpresa è arrivata con l’aumentare della dose di radiazioni. A livelli di danno elevati (tra 50 e 100 spostamenti per atomo, dpa), i preziosi precipitati di carburo di titanio si sono semplicemente dissolti, indipendentemente dalla temperatura.

Una volta disciolti, l’acciaio ha perso la sua capacità di gestire l’elio, gonfiandosi del 2%. Un’espansione apparentemente piccola, ma che comprometterebbe l’integrità strutturale dei componenti del reattore, rendendo l’attuale design della lega inadatto a sostenere un funzionamento a lungo termine.

“I risultati con alte dosi di radiazioni (>15 dpa) sono stati sorprendenti,” ha ammesso Kevin Field, professore di ingegneria nucleare all’U-M e autore senior degli studi. “Ci aspettavamo che i precipitati rimanessero stabili, ma chiaramente non è stato così.”

Una guida preziosa per il futuro

Nonostante la battuta d’arresto, la ricerca non è un fallimento, ma una guida. “Questi risultati rappresentano alcuni dei dati di più alta fedeltà sulla tolleranza alle radiazioni degli acciai per la fusione e guideranno lo sviluppo di nuove leghe per gli anni a venire,” ha aggiunto Field.

Il team di ricerca suggerisce che per prevenire il rigonfiamento potrebbe essere necessario aumentare la densità dei precipitati di di ben 1.000 volte. Quindi il fallimento della lega, in realtà, mostra la strada per le evoluzioni future. Come spesso accade nella scienza il fallimento è solo un passo sulla giusta strada, che è però più lunga delle attese.

Come ha concluso Ying Yang, ricercatore presso l’ORNL e coautore, “la dissoluzione dei precipitati sotto alte dosi di irradiazione fornisce una guida preziosa per gli sforzi futuri, sottolineando la necessità di progettare precipitati di più stabili”. La strada verso l’energia pulita dalla fusione passa anche, e soprattutto, da queste dure lezioni.


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