Attualità
Francia: Macron, “Mozart” della finanza pubblica, questa volta ha steccato
Macron ora parla di tagli della spesa pubblica e di tagli dolorosi, il tutto perché ha approvato il patto di stabilità. Questo però sarà controproducente provocherà recessione e caos sociale
Almeno conoscono i loro numeri. O almeno così pensavano i francesi di Emmanuel Macron e dei suoi amici, con il presidente detto il ‘Mozart della finanza’. Ora lui e il suo team vogliono imporre l’austerità e tagliare la spesa pubblica per ridurre il debito. Ma questo metodo non funziona mai e rischia addirittura di provocare una recessione. Il giornale Marianne dà una bella spiegazione sul vicolo cieco in cui si stanno cacciando.
Austerità è sempre la parola d’ordine, anche in Francia, che questo sia vero o meno. La sinistra di Hollande, come quella di Mitterrand a suo tempo, era solita girare intorno a questo termine abrasivo con edulcoranti ed eufemismi. Anche la destra, sotto Sarkozy, ha circondato il concetto con precauzioni verbali. Nel 2010, Christine Lagarde, allora Ministro dell’Economia, inventò un neologismo ridicolo per far passare la pillola: “rilancio”, l’equivalente francese di quella grandissima stupidaggine che fu l'”Austerità espansiva” predicata per Italia e Grecia, un cocktail truffaldino di austerità e ripresa. Poi, nella realtà, il debito pubblico raggiunse un picco di 1.500 miliardi di euro; oggi è raddoppiato.
Ciò è dovuto ad anni di deficit pubblici, costituiti dal debito, per affrontare le crisi sanitarie, energetiche e sociali. È anche colpa di una zona euro senza crescita, dove il sistema produttivo si è bloccato, costringendo a deindustrializzare e importare dai quattro angoli del mondo. Il tutto con alla base una valuta comune, ma sbagliata, diretta da una banca centrale che non dà nessuna importanza alla crescita economica, ma che condiziona l’azione politica, pur non avendone il diritto. Una Banca che è il solo vero potere europeo, esercitato senza rispetto per la democrazia.
Dove il tessuto sociale, lacerato da anni di delocalizzazione, sta costringendo i governi a impegnare una spesa sociale sempre maggiore per tenere fuori dall’acqua le classi modeste e medie, declassate dalla disoccupazione e dai bassi salari. “La maggior parte dei Paesi avanzati ha livelli di debito molto elevati”, osserva l’economista Henri Sterdyniak, co-autore di Penser l’alternative. Tuttavia, ora deve prelevare 41 miliardi di euro dal suo bilancio solo per pagare gli interessi sul debito. Questa decima, di cui due terzi sono pagati agli investitori stranieri, solleva indubbiamente questioni di sovranità economica e di indipendenza di bilancio. “Non si muore per i propri debiti, si muore per non essere più in grado di farne”, ha detto Louis-Ferdinand Céline in modo lucido.
Il trio Macron-Attal-Le Maire sta applicando il rimedio giusto? Non c’è il rischio che, cercando di somministrare una dose troppo forte, e soprattutto con troppa fretta, uccidano il paziente indebitato? Il Ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, intende già aggiungere altri 25 miliardi di risparmi dopo un giro di vite di 10 miliardi. Ma, se si ascolta più da vicino il Governo, la cura di austerità che si prospetta si basa su un altro impegno: quello di rispettare la nuova versione del Patto di Stabilità negoziata alla fine di dicembre 2023.
EuropaSecondo questa regola neo-maastrichtiana, la Francia deve ridurre il suo debito dell’1% della sua ricchezza nazionale (PIL) ogni anno, il che, applicato al 2024, significa uno sforzo di… 73 miliardi. In parole povere, si tratta del budget nazionale per l’istruzione da salvare. E non si tratta di alleggerire lo sforzo: sempre secondo questo nuovo testo di ferro, il Paese deve raggiungere un deficit pubblico del 3% del PIL nel 2027, rispetto allo scoperto del 5,5% raggiunto nel 2023. Come spesso accade, la strada dell’austerità inizia a Bruxelles. Una tale pressione sul bilancio in un lasso di tempo così breve rischia di minare l’intera economia e di innescare una recessione. Uno sguardo allo specchietto retrovisore è sufficiente per convincerci di questo. Eppure tutti i paesi, la Francia per prima con la Germania, hanno appoggiato norme che sapevano benissimo li avrebbero portati a fondo
Quando, nel 2011, sulla scia della crisi dei subprime e delle spese sostenute dallo Stato per affrontarla, Nicolas Sarkozy decise di ridurre il debito del Paese con un piano di austerità elaborato dal suo Primo Ministro, François Fillon, la crescita economica iniziò a vacillare (0,6% in media nei tre anni successivi). “Il forte calo della spesa pubblica ha avuto ripercussioni sui portafogli ordini delle imprese, che a quel punto erano meno richieste dallo Stato, sul potere d’acquisto dei dipendenti pubblici, su quello dei beneficiari di prestazioni sociali e persino su quello dei lavoratori edili. Qui e là, i consumi si stanno contraendo e la disoccupazione sta aumentando. Dobbiamo dare all’economia il tempo di riaggiustarsi, ma nel frattempo l’economia soffre”, spiega François Geerlof, economista dell’OFCE, utilizzando un calcolo molto istruttivo fatto durante la crisi della zona euro tra il 2010 e il 2013. “Un taglio di 100 euro nella spesa riduce il PIL di 100-150 euro“, riassume, il che significa che un taglio al bilancio genera una perdita altrettanto, se non maggiore, nella produzione nazionale. Perché se il moltiplicatore keynesiano è un’incertezza, il demoltiplicatore dell’austerità è una certezza assoluta.
Emmanuel Macron – il ‘Mozart della finanza’, come lo chiamavano in Francia – non può ignorare questa legge del ‘moltiplicatore verso il basso’. No, il problema deriva piuttosto dalla tendenza diffusa tra le élite politiche e amministrative francesi a fare la parte del bravo pupillo in Europa, a cedere rapidamente alle richieste di austerità del vicino tedesco, a compiacere i mercati finanziari, senza passioni ‘populiste’.
La Francia avrebbe dovuto discutere il patto di stabilità
Cosa avrebbero dovuto fare, secondo molti, Macron e Attal? Ridiscutere il patto di stabilità insieme alla BCE, con la cancellazione del debito in suo possesso come, a suo tempo, consigliato da, Nicolas Dufrêne dell’Institut Rousseau , ossia un terzo del debito pubblico europeo. “La banca centrale può scaricare questo debito senza alcun danno per se stessa, poiché ha un potere illimitato di creare denaro. Questo abile gioco di scrittura può anche produrre un po’ di inflazione ma, storicamente, la Francia ripaga i suoi debiti non attraverso tagli alla spesa ma attraverso l’erosione monetaria. E ovviamente attraverso la crescita economica.
Il Paese è uscito insanguinato e sovraindebitato dalla Seconda Guerra Mondiale (170% del PIL nel 1945), ma trent’anni dopo non aveva quasi più debiti (15% del PIL nel 1974). Oggi, gli investimenti pubblici possono essere molto redditizi, a condizione che finanzino progetti come il rinnovamento energetico, l’energia nucleare, le fabbriche di batterie o microprocessori, eccetera. Tuttavia, nulla impedisce che il bilancio dello Stato venga esaminato con un pettine a denti fini per ridurre le frodi sociali e fiscali o per sospendere gli aiuti inefficienti alle imprese.
La stessa logica si applica alle entrate, in altre parole alle tasse. Lo slogan “far pagare i ricchi” è senza dubbio facile in un mondo in cui il capitale circola liberamente e il risultato è poi quello, probabilmente, di non tassarli affatti. Bisognava pensarci prima di porre la libera circolazione di capitali come pilastro fondante del mondo moderno.
Comunque sarà interessante, nella situazione sociale attuale, con continui scioperi, blocchi stradali, tensioni con settori produttivi, vedere il Mazart del denaro applicare i proprio tagli sui servizi pubblici, tra l’altro mentre parla di aumentare la spesa militare. Quanto potranno reggere i francesi?
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