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Francia: il 2025 vedrà un record spaventoso di fallimenti aziendali
La crisi economica in Francia divenerà ancora più dura nel 2025, e l’associazione delle Banche Popolari si attende il record assoluto in fallimenti aziendali. Colpiti soprattutto il settore immobiliare e costruzioni, ma nessuno si salva
L’anno 2025 si prospetta cupo per le imprese francesi, anzi quasi tragico. Gli economisti della BPCE, le banche popolari francesi, prevedono un triste record di 68.000 fallimenti di imprese, “ un massimo storico ”.
Questa previsione è il risultato delle fosche previsioni di crescita e del rallentamento degli investimenti delle famiglie e delle imprese. Ciò non sorprende, vista l’attuale instabilità politica.
Ad oggi, la Francia non ha ancora un bilancio per iniziare l’anno. “Più della metà delle imprese e delle PMI ritiene che l’incertezza politica stia avendo un forte impatto sulla loro attività economica, con un forte effetto sui piani di investimento e di assunzione ”, sottolinea Alain Tourdjman, responsabile della ricerca e delle previsioni di Groupe BPCE.
Secondo le loro previsioni, entro il 2025 saranno a rischio 240.000 posti di lavoro. Un vero e proprio disastro epocale.
Oltre alla situazione economica, gli economisti sottolineano un futuro effetto contagio dalle insolvenze delle PMI e delle ETI negli ultimi due anni ai subappaltatori più piccoli. Ma c’è anche un effetto PGE, cioè legato alla restitizuone dei prestiti che lo stato francese concede per pagare le liquidazioni: il 7,5% delle aziende che hanno contratto un prestito garantito dallo Stato sono ancora “ a rischio ”, secondo uno studio CAE di giugno. Lo Stato francese causerà fallimenti delle aziende.
Effetto di recupero
Anche i risultati dell’ultimo anno non sono esattamente rosei. Un totale di 66.422 imprese ha cessato l’attività (+28% rispetto al 2019). “ Un record dal 2010 ”, osserva BPCE L’Observatoire. Questo risultato deve però essere qualificato, in quanto è il risultato di un effetto di recupero post-Covida.
Al di là di questo effetto di recupero, gli economisti rilevano una serie di punti di allarme. “Ciò che è grave è il fatto che queste insolvenze si concentrano in gran parte tra le PMI e le medie aziende‘, afferma Alain Tourdjman, per il quale il numero di insolvenze in sé non è ’ un grande motivo di preoccupazione ”.
In effetti, le PMI e le piccole e medie imprese sono state le più colpite nel 2024, con insolvenze che hanno superato persino l’effetto di recupero. Secondo i dati di BPCE, sono aumentate di oltre il 50% tra il 2019 e il 2024. A titolo di confronto, le imprese con meno di 3 dipendenti hanno registrato un aumento delle insolvenze del 25% e del 39% per quelle con 6-9 dipendenti.
Un altro motivo di preoccupazione è che la maggior parte delle imprese che falliscono sono in attività da tempo. Le nuove imprese non alimentano affatto le insolvenze”, afferma BPCE. Di solito, però, “l’età è una prova di solidità ”, aggiunge Julien Laugier, economista di BPCE.
Immobili e costruzioni nel mirino
Molti settori saranno colpiti. Tra i più colpiti nel 2024, e probabilmente lo saranno anche nel 2025, spiccano l’immobiliare e l’edilizia, con 17.538 insolvenze in questi due settori (+36% rispetto al livello pre-Covida). Le agenzie immobiliari (con un aumento dei fallimenti del 225% rispetto al 2019) e lo sviluppo immobiliare sono stati i settori più colpiti. Seguono l’ingegneria civile e i lavori di installazione delle costruzioni. Questa flessione è attribuita al calo delle transazioni immobiliari.
Altri settori sono ai minimi storici almeno dal 2009. Tra questi, l’agricoltura, l’informatica e il software, il trasporto su strada e le attività finanziarie, compresi i broker. Anche altre attività di trasporto, come i taxi e i VTC, hanno registrato alti livelli di insolvenza. Anche le PMI del settore dell’alloggio e della ristorazione stanno vivendo una notevole turbolenza.
Infine, le insolvenze stanno colpendo regioni diverse in modo diverso. Aquitania, Poitou-Charentes, Midi-Pyrénées, Île-de-France e Rhône-Alpes sono “ molto colpite ”. I fallimenti sono addirittura aumentati del 43%, soprattutto in Aquitania. “ Queste cinque regioni hanno un denominatore comune: le loro città ”, spiega Julien Laugier. In effetti, sono le imprese situate nelle grandi città a essere le più colpite.
Ormai le difficoltà dell’economia francese privata sono evidenti e di difficile soluzione. Sarebbero necessari forti aiuti pubblici e l’allargamento dei cordoni del credito bancario. Però la mancanza di potesta monetaria e di una banca centrale che controlli il debito impetisce queste mosse, mentre gli obblighi europei peggiorano alcuni settori, come quello auto. Intanto si preparano i dazi USA e la concorrenza agricola sud americana per l’apertura degli accordi Mercosur.
L’unica cosa che ancora tiene a galla la Francia è l’esportazione dell’energia nucleare, ma è un settore che la Francia non riesce neppure più ad espandere.
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