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F/A-18 nel Golfo del Venezuela: il messaggio degli USA a Maduro è assordante. Prenderà l’aereo?

Jet USA nel cuore del Golfo del Venezuela: F/A-18 e aerei da guerra elettronica sfidano Maduro. È la prova generale per un attacco o l’ultimo avvertimento per spingere il dittatore alla fuga? L’analisi della strategia di “massima pressione”.

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C’è un confine sottile tra l’esercitazione militare e l’avvertimento finale. Nelle ultime ore, quel confine è stato infranto, o quantomeno sorvolato a bassa quota, dai jet della US Navy. I segnali che arrivano dal Golfo del Venezuela sono inequivocabili: l’amministrazione Trump ha deciso di alzare il livello dello scontro, passando dalla retorica delle sanzioni alla pressione cinetica diretta.

Nicolas Maduro si trova ora di fronte a una domanda cruciale, forse l’ultima della sua carriera politica: restare e vedere il bluff americano (se di bluff si tratta), oppure prenotare un volo di sola andata verso lidi più sicuri?

La “Gita” dei Super Hornet

Secondo i dati di tracciamento aereo disponibili, una coppia di F/A-18 Super Hornet della Marina degli Stati Uniti è penetrata nel cuore del Golfo del Venezuela, rimanendovi per circa 40 minuti. Non si è trattato di un passaggio casuale, ma di una manovra chirurgica in uno specchio d’acqua che Caracas considera “interno” e sovranità nazionale, mentre per Washington – e per il diritto internazionale che gli USA decidono di applicare – è spazio aereo internazionale.

L’aspetto più interessante non è solo dove hanno volato, ma come lo hanno fatto. I velivoli, identificati con i callsign Rhino 11 e Rhino 12, non erano soli. A coprirgli le spalle, poco più a nord nel Mar dei Caraibi, orbitavano due EA-18G Growler (callsign Grizzly 1 e 2), aerei specializzati nella guerra elettronica, capaci di accecare i radar e le difese antiaeree nemiche.

Per comprendere quanto si sia entrati in area di interesse venezuelana, se non direttamente nello spazio aereo del paese, vi mostriamo una mappa con una scala in cui si vede chiaramente dove si trovavano gli aerei USA:

In arancio la posizione degli F/A 18 e in blu quella degli E/A 18

Una formazione d’attacco, non di parata

Per i non addetti ai lavori, questa configurazione è da manuale. Non si mandano dei caccia scortati da aerei per la guerra elettronica (EW) per fare turismo. Questa è, a tutti gli effetti, la simulazione di un pacchetto d’attacco.

Ecco lo schieramento rilevato, che suggerisce una chiara intenzione di mostrare i muscoli:

  • F/A-18 Super Hornet: Il “braccio armato”, pronto a penetrare le difese.

  • EA-18G Growler: Lo “scudo elettronico”, posizionato in standoff per disturbare la risposta venezuelana.

  • MQ-4C Triton: Un drone da sorveglianza marittima ad alta quota, l’occhio che tutto vede, operante al largo della costa.

Tutti questi asset provengono con ogni probabilità dalla USS Gerald R. Ford, la superportaerei che naviga nella regione da novembre e che rappresenta il bastone più grosso a disposizione del comando meridionale degli Stati Uniti (SOUTHCOM).

Tra l’altro gli aerei sono stati praticamente visibili da Maracaibo e hanno volato nell’area relativamente a lungo, testando, evidentemente, anche la volontà di reazione dell’aviazione venezuelana, che si è ben guardata dall’intervenire:

Traccia degli F/A 18

Il contesto strategico: Pressione Massima

Questa incursione non è isolata. Si inserisce in quella che l’amministrazione Trump definisce una campagna di “massima pressione”. Washington accusa Maduro di legami con il narcotraffico (il famoso Cartel de los Soles) e ha messo sul piatto una taglia da 50 milioni di dollari.

Il Golfo del Venezuela è il collo di bottiglia strategico per l’economia di Caracas: è la via d’uscita per il petrolio del Lago di Maracaibo. Volare lì significa dire a Maduro: “Possiamo chiudere i tuoi rubinetti o colpire le tue raffinerie quando vogliamo”.

Il fatto che i transponder fossero accesi è la ciliegina sulla torta. Gli americani volevano essere visti. Volevano che i radar venezuelani si illuminassero e che i generali a Caracas alzassero il telefono. Volevano anche vedere se gli F-16 o i Su-30 di Caracas si sarebbero alzati in volo per l’intercettazione che normalmente viene svolta in questi rari casi. Invece non c’è stato nulla, ed è una dimostrazione di impunità aerea totale.

Conclusioni: L’ora delle decisioni

La presenza di forze speciali nella regione, l’aumento delle truppe nei Caraibi (circa 15.000 unità) e le parole sibilline di Trump (“I suoi giorni sono contati”) indicano che la finestra per una uscita diplomatica – o per una fuga precipitosa – si sta chiudendo.

La domanda che ci poniamo è semplice: questa escalation è il preludio a un’azione cinetica, come un bombardamento mirato sulle infrastrutture del regime, o è l’ultima spinta psicologica per far collassare la fedeltà dei militari venezuelani?

In ogni caso, il messaggio recapitato dai Super Hornet è chiaro. Se fossimo nei panni di Maduro, inizieremmo a controllare gli orari dei voli per L’Avana o Teheran. Prima che la No-Fly Zone diventi realtà.


Domande e risposte

Perché gli USA volano proprio nel Golfo del Venezuela? Il Golfo è un punto strategico vitale. Non solo collega il Lago di Maracaibo (cuore della produzione petrolifera venezuelana) al mare aperto, ma è anche oggetto di una disputa territoriale. Il Venezuela lo considera acque interne, mentre gli USA lo ritengono spazio internazionale. Volare lì serve a ribadire la libertà di navigazione americana, a raccogliere dati preziosi sulle reazioni dei radar venezuelani e a minacciare direttamente le rotte economiche del regime.

Cosa significa la presenza degli aerei EA-18G Growler? La presenza dei Growler è il dettaglio tecnico più allarmante per Caracas. Questi aerei non portano bombe, ma disturbatori elettronici avanzati. Il loro compito è “accecare” le difese aeree nemiche per permettere ai caccia (i Super Hornet) di colpire indisturbati. Vederli operare in tandem con i caccia suggerisce che gli USA non stanno solo facendo pattugliamento, ma stanno provando le procedure esatte che utilizzerebbero in un raid aereo reale.

È imminente un’invasione o un attacco militare? Non necessariamente un’invasione di terra, che Trump non ha escluso ma che rimane politicamente costosa. Tuttavia, l’assetto delle forze (portaerei in zona, voli di ricognizione aggressivi, retorica dura) indica un’alta probabilità di azioni mirate o operazioni coperte. Potrebbe trattarsi di un tentativo di spingere i vertici militari venezuelani a un colpo di stato per evitare lo scontro, oppure la preparazione per attacchi chirurgici contro infrastrutture del narcotraffico o del regime.

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