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Euro crisis

€URO, DISTRUZIONE DELL’ITALIA E DELL’AUTOMOTIVE ITALIANO: danni peggiori dei bombardamenti da guerra! di CARLO MAX BOTTA

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Oggi ho il piacere di ospitare un altro sovranista, un innamorato dello stivale e della sua gente, uno di quelli che non si sente in colpa per essere nati in queste terre e che, anzi, va fiero di tutto quello che sino ad oggi i nostri padri ed i nostri nonni hanno costruito, con lo spirito e gli insegnamenti di Atene (prima) e di Roma (poi) nel proprio DNA. Uno di quelli che vorrebbe resettare il tempo e tornare a quando ancora eravamo in grado di garantire un futuro ai figli ben oltre quello misero di GENERAZIONE 300 EURO!

Maurizio Gustinicchi

Socio Sostenitore Lega Nord – Riscossa Italiana – Economia5Stelle

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L’AUTOMOBILE È NATA IN ITALIA

 

Ecco uno dei settori di riferimento di ogni paese sviluppato, l’Automotive. Va ricordato che l’Italia ha senza dubbio ispirato e a volte insegnato come si progettano, sviluppano e si realizzano le automobili. Sto parlando di periodi ancor prima degli immensi Bertone e Pininfarina. Ritengo doveroso ricordare che il primo motore a scoppio, non a vapore, ma a benzina fu realizzato e presentato a Torino nel 1884 da Enrico Zeno Berardi (Verona 1841-1919) nacque in Italia la prima automobile moderna. Solo un anno dopo i tedeschi Benz e Otto presentarono un triciclo con motore a benzina, alla fine del 1885. Berardi contribuì non poco allo sviluppo delle produzioni in serie, ai primi del ‘900 a Torino diede gli “ingredienti” basilari a quella che divenne poi la FIAT. Bernardi è stato innovativo non solo sulla propulsione ma soprattutto sulle dinamiche meccaniche dell’automobile, a partire dal differenziale e ai sistemi di sterzata, ispirazioni sviluppate anche da antichi studi dell’immortale e antenato Leonardo Da Vinci. Il gap di superiorità dell’ingegneria dinamica italiana nella progettazione automobilistica rispetto al resto del mondo è rimasto immutato fino allo sviluppo dei sistemi elettronici integrati (ESP ABS ecc). Infatti basti guardare la tenuta di strada di un’Alfa Romeo degli anni ’70 e ’80 rispetto ad una BMW o Mercedes per capire di cosa parliamo, le auto tedesche erano considerate delle vere e proprie bare molleggiate viaggianti specie in caso di pioggia, mentre per le auto italiane si coniò il detto popolare in tutto il mondo: “incollate all’asfalto”.

 

L’INDUSTRIA ITALIANA ERA NELLA LEADERSHIP IN OGNI SEGMENTO

 

Nella fine degli anni ’80 e inizi del decennio successivo l’Italia dominava anche il segmento E, vale a dire il segmento di riferimento del reale sviluppo di un paese nel settore industria automobilistica, per segmento E si intendono le auto superiori, non necessariamente di lusso, un segmento che pochi paesi sono in grado di sviluppare in quanto si propone ad un target molto esigente con aspettative di tecnologia, comfort, design e performances che nessuna utilitaria può soddisfare, e più precisamente le odierne: BMW serie 5, Audi A6, Mercedes E, Lancia Thesis, Alfa 166 ecc. In quei decenni le regine del segmento erano la Lancia Thema e l’Alfa Romeo 164, auto che 35 anni fa facevano venire il torcicollo a chiunque le incrociasse per strada, specie ai tedeschi, mentre in Italia le BMW serie 5 e le Mercedes E le compravano in pochi, esse non vantavano motori performanti, anche se resistenti ed affidabili, ma soprattutto avevano una tenuta di strada a volte imbarazzante e primitiva, ometto le mie soggettività sul obsoleto design delle dette vetture tedesche rispetto alle due antagoniste italiane. Quindi in quegli anni le immatricolazioni in Italia del Made in Italy non solo erano premianti sotto il profilo quantitativo (circa 1,2 milioni) ma anche sotto il profilo qualitativo, perchè oltre alle utilitarie si vendevano molte auto dei segmenti C e E, ricordo la Alfa Giulietta che diede filo da torcere alle BMW serie 3 ma fu devastante anche per la Golf, mentre le auto francesi in quei segmenti non erano nemmeno prese in considerazione, inoltre sempre in Germania la Opel appena si affacciava al Diesel turbo usando i motori dismessi delle vecchie BMW. Quindi l’Italia era un competitor molto temuto. Poi arrivò l’elettronica che riuscì a colmare in parte il divario sotto il profilo della dinamica di guida e tenuta di strada tra le produzioni italiche e quelle estere. Ma l’Italia ancora una volta segnò la rotta per l’intero settore mondiale, a seguito delle precedenti crisi petrolifere, il centro studi della Fiat sviluppò il primo motore Diesel ad iniezione diretta cosiddetto Common Rail®. La tecnologia che diede possibilità a tutte le case del mondo di realizzare motori Diesel affidabili, silenziosi e soprattutto più performanti di quelli a benzina. La tecnologia fu messa a disposizione anche dei concorrenti dietro stipule di accordi e royalties. Naturalmente ho tralasciato il segmento dove nessun altro paese è riuscito a creare miti di pari livello, mi riferisco ai marchi delle supercar Bugatti, Lamborghini, Maserati e Ferrari (e qui consentitemi, non c’è Porche, Mustang o AMG che tenga).

 

 

POI ARRIVÒ L’€URO, LA DISTRUZIONE DELLA DOMANDA INTERNA E TUTTO MORÌ

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Le case automobilistiche, come del resto tutti i distretti industriali e gli indotti che ruotavano intorno a questo florido mondo, si ritrovarono a competere con dei listini prezzi artificialmente rincarati in una forbice che oscillava dal 20 al 30%. Questi rincari non erano certo frutto di surplus per eccessi di export, ma frutto di una valuta bloccata da regole finanziarie e non di mercato. I concorrenti diretti hanno iniziato ad approfittarsene e in particolare si parla delle case tedesche che invece vantavano un listino prezzi favorevole, in quanto nonostante il buon export non vedevano i loro prodotti rincararsi (cosa che con un eventuale Marco in vigore sarebbe successo). A questo si sono aggiunti anche altri fattori indipendentemente dalla valuta artificiale, essi riguardano le manovre del Governo a partire dal 2011 che, per limitare l’indebitamento verso l’estero dovuto ad una valuta (l’€uro) più tarata per l’importazione che per l’export, ha letteralmente distrutto la domanda interna, raffreddando i già decadenti consumi interni, attraverso un incremento di tassazione, una sottrazione di risorse monetarie dal sistema paese e, come se non bastasse, un aggravio dell’Iva sui consumi. Tutto ciò, abbinato ai listini artificiali in €uro, ha  demolito anche questo settore in una forma paragonabile ad una peste mortale e ad alto contagio imprenditoriale. Ma questo era solo l’inizio, tali fattori se visti in prospettiva lasciano presagire drammi ancor più gravi.  

slide2

 

 

 

IL CROLLO DEL MARKETING ITALIANO

(accenno doveroso ad una sintesi dei principi del marketing)

 

Il consolidamento della leadership di un marchio, di un prodotto, di un’azienda sul mercato dipende dalla “conquista” in termini strategici dei fattori spazio / tempo sia in quote di posizionamento competitivo/commerciale che, e soprattutto, in termini di marketing. Nella sfera del marketing includo ovviamente anche la presenza con il più elevato protagonismo possibile agli eventi come fiere, mostre internazionali, ma anche nel consolidamento delle campagne d’immagine e comunicazione. “Spazi” intesi come pagine su riviste e quotidiani, spot in Tv, spazi d’affissione outdoor nelle zone più in vista delle città, radiofonici ecc, mentre per “Tempo” si intende che tale “presenza” negli spazi comunicazionali siano personalizzati con il proprio marchio nel tempo e nel periodo più a lungo possibile rispetto ai concorrenti. Tutto ciò và oltre la mera notorietà, tutto ciò attiva un processo tra la crescita dell’azienda ed il mercato, un vortice che si alimenta di se stesso, in cui ogni novità, ogni singola innovazione viene comunicata e favorita alla assimilazione del pubblico il più a lungo possibile rendendo il pubblico partecipe al progresso ed al consolidamento dell’azienda. Nel momento in cui si rallenta tale processo, l’azienda precipita nel pietoso declino, si attiva un vortice inverso, il calo di notorietà distrae il pubblico verso la concorrenza, il calo di fatturato limita la ricerca, la mancanza di ricerca e innovazione induce a ridurre gli investimenti in comunicazione, con meno comunicazione ci saranno sempre più clienti che migreranno verso i concorrenti, meno fatturato e così via, passando dal ridimensionamento alla chiusura dell’azienda, per poi sparire anche come ricordo dalla memoria del pubblico.

In Italia dall’introduzione dell’euro abbiamo visto che il calo della produzione industriale coincide con simili riduzioni con il calo degli investimenti in marketing, siamo sull’ordine del 40%. Questo ha generato quel declino appena sintetizzato dove marchi come Lamborghini, Bugatti, Ducati ed altri gioielli del Made in Italy sono stati divorati dalla concorrenza. Dal grafico si vede come la compressione della domanda interna al paese ha ridotto le immatricolazioni di oltre la metà (-58,8%) quindi distruzione dei dati quantitativi, mentre l’€uro ha letteralmente distrutto la domanda in termini qualitativi portando la scelta verso altri brands in concorrenza a quei prodotti italiani che fino a prima dell’euro erano leader indiscussi (-70%) passando dalle 1,2 milioni di immatricolazioni alle misere 353mila attuali. L’applicazione dell’euro è stato un suicidio per il Made in Italy, mentre l’austerità dell’Europa ha solo amplificato la distruzione del nostro sistema, portando la disoccupazione a dei livelli mai registrati prima, tale disoccupazione ha generato un aggravio delle spese sociali, una mancanza di moneta circolante per assenza di stipendi uccidendo di conseguenza oltre 1150 ditte al giorno (360mila solo nel 2013). Il settore Automobili era un fiore all’occhiello dell’Italia, ma lo stesso è avvenuto al settore nautico, ai settori attinenti all’edilizia, alla moda, agli accessori e in tutti gli altri.

 

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Ritornando al settore automobile va sottolineato che oggi, ad esempio, la Golf VW e la Alfa Giulietta di pari cilindrata costano all’incirca lo stesso prezzo, ma con le eventuali monete nazionali anzichè l’euro, il prezzo dell’Alfa italiana sarebbe oltre un terzo in meno e questo avrebbe costretto alla VW di ridurre all’osso il prezzo, limitando accessori e innovazioni e forse avrebbe corso il rischio di sparire dal nostro mercato (e non solo) creando la disoccupazione in Germania e non in Italia. I prodotti italiani si vedono costretti a dover ridurre all’osso ogni costo produttivo, a partire dai salari per poi tagliare il marketing, rinunciare alla presenza a delle fiere, tagli all’innovazione, alla pubblicità, pur di competere con dei margini a dir poco miseri. Vi riporto che AUDI ha messo a budget investimenti per il prossimo triennio per la competizione verso noi a le sorelle tedesche ben 24 miliardi di euro, mentre nella sovrana Corea del Sud la Kia-Hyundai per competere contro il Made in Italy e gli altri marchi ha addirittura stanziato la cifra astronomica di 74 miliardi di dollari Usa per i prossimi 4 anni, e i risultati già si vedono dall’ultimo grafico (+9,1%).

 

 

Quando questo disastro, che nessun Tg d’economia ci racconta veramente, finirà, quando l’Italia restituirà al proprio Popolo la moneta e quell’autonomia sottratta illegittimamente, quando questa crisi artificiale studiata a tavolino finirà, noi italiani saremo chiamati ad un grande sforzo di ricostruzione, superiore addirittura a quello del dopoguerra. Allora si capirà veramente se i polacchi, gli ungheresi, i romeni, i coreani che oggi crescono 5 volte la Germania sono diventati tutti Pininfarina per miracolo o invece eravamo noi ad aver avuto sempre ragione.

 

 

Carlo Botta – @BottaAdv


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