EconomiaEnergia
Ecuador: La spirale mortale del petrolio che trascina l’economia (e i conti pubblici) a fondo
L’Ecuador sull’orlo del default: la produzione di petrolio crolla ai minimi da dieci anni, strangolata da debiti con la Cina e crisi di sicurezza. Il piano di Noboa basterà?

L’ultimo decennio è stato particolarmente difficile per l’industria petrolifera dell’Ecuador, fondamentale per l’economia del Paese. Il crollo degli investimenti, le infrastrutture fortemente deteriorate, la corruzione endemica, le violente proteste, le gravi fuoriuscite di petrolio e la crescente insicurezza stanno pesando sulle attività operative. Il forte calo della produzione petrolifera sta gravando pesantemente sulle finanze pubbliche in un momento di aumento della spesa dovuto a una crisi di sicurezza nazionale. Per salvare questo settore cruciale per l’economia e aumentare le entrate fiscali, il presidente Daniel Noboa ha lanciato un piano da 47 miliardi di dollari per rilanciare il settore degli idrocarburi dell’Ecuador, ormai in declino. Questo ambizioso piano sta già incontrando una notevole opposizione, con prove che la produzione petrolifera dell’Ecuador è bloccata in una spirale mortale.
L’industria petrolifera dell’Ecuador è intrappolata in una spirale mortale dalla quale sembra incapace di riprendersi. Nei primi nove mesi del 2025, in Ecuador sono stati estratti in media 430.542 barili al giorno. Nel mese di settembre 2025, la produzione media è stata di 468.295 barili al giorno, leggermente inferiore ai 469.232 barili al giorno estratti nello stesso periodo dell’anno precedente. La produzione di petrolio è in costante calo dal 2019, dopo aver raggiunto il picco di 555.228 barili al giorno nel novembre dello stesso anno.
Gli ultimi dati indicano che la produzione annuale di petrolio dell’Ecuador nel 2025 sarà la più bassa degli ultimi dieci anni. Infatti, secondo stime recenti, la produzione di petrolio si attesta a circa 465.369 barili al giorno, un dato significativamente inferiore ai 556.554 barili al giorno estratti nel 2014, quando la produzione petrolifera del Paese andino ha raggiunto il picco. Un calo così netto, senza una strategia chiara per espandere la produzione in modo sostenibile, sottolinea la situazione critica in cui versa il settore degli idrocarburi, fondamentale per l’economia dell’Ecuador.
Ciò è particolarmente preoccupante dato il ruolo fondamentale che il petrolio riveste nell’economia dell’Ecuador. Il petrolio greggio è il prodotto più esportato dal Paese andino, rappresentando quasi il 30% del valore totale delle esportazioni. Ciò rende il settore energetico dell’Ecuador un’importante fonte di entrate fiscali e un motore fondamentale del prodotto interno lordo (PIL). Infatti, il petrolio greggio genera circa un terzo delle entrate pubbliche e rappresenta il 7,5% del PIL. Il forte calo della produzione petrolifera sta avendo un impatto significativo sul bilancio di Quito in un momento di aumento della spesa a causa dell’escalation di violenza e illegalità legate al traffico di cocaina, con l’Ecuador che rappresenta un importante hub di transito di stupefacenti.
Le entrate petrolifere e fiscali dell’Ecuador per i primi nove mesi del 2025 sono state pari a 14 miliardi di dollari, coprendo a malapena il 70% della spesa di Quito. Il deficit è stato quindi finanziato con un ulteriore indebitamento. In effetti, il calo dei prezzi del petrolio e le prospettive negative per il settore petrolifero, a causa di un crescente eccesso di offerta, stanno avendo un forte impatto sulle finanze di Quito. A settembre 2025, si stimava che il deficit fiscale annuale fosse salito al 4,4% del PIL, un aumento sostanziale rispetto al 2% previsto inizialmente. La situazione di bilancio di Quito sta peggiorando e si prevede un aumento del deficit fiscale nel 2026. Tuttavia, con il governo Noboa che ha messo fine ai costosi sussidi sul carburante, l’importo esatto è sconosciuto.
Se questi eventi non bastano a giustificare i crescenti timori di un crollo economico dell’Ecuador, ci sono ulteriori complicazioni create dal debito di Quito garantito dal petrolio. Sebbene non siano disponibili dati completi, all’inizio del 2022 l’Ecuador ha deciso di rinegoziare i termini dei 4,4 miliardi di dollari di prestiti garantiti dal petrolio dovuti alla Cina. Sebbene Quito e Pechino non abbiano mai rivelato i dettagli esatti del prestito, si stima che il 90% delle esportazioni petrolifere dell’Ecuador sia stato spedito in Cina per ripagare questo debito. Il valore di questo petrolio era legato a formule che consentivano a Pechino di pagare molto meno del prezzo di mercato internazionale, con una conseguente perdita di ingenti somme di entrate per Quito. Infatti, alcune aziende cinesi vendevano poi il petrolio sui mercati energetici internazionali realizzando un profitto.
Nel settembre 2022, l’allora presidente Guillermo Lasso ha rinegoziato i termini del debito di 3,2 miliardi di dollari nei confronti della China Development Bank, controllata da Pechino, e della Export-Import Bank of China. Tali negoziati hanno dato risultati considerevoli per Quito, ma hanno fatto ben poco per alleviare l’attuale crisi fiscale che sta colpendo il governo Noboa. Il presidente Lasso è riuscito a prorogare la scadenza del debito di 1,4 miliardi di dollari con la China Development Bank al 2027 e quella di 1,8 miliardi di dollari con la Export-Import Bank of China al 2032. L’Ecuador ha anche ridotto il tasso di interesse sul debito con la Export-Import Bank of China e sospeso tutti gli ammortamenti per sei mesi. Si stima che ciò abbia fornito all’Ecuador una riduzione del debito pari a 1,4 miliardi di dollari.
Cosa ancora più importante, ciò ha liberato un numero imprecisato di carichi di petrolio dagli accordi di prestito, consentendo all’Ecuador di vendere quel petrolio al prezzo di mercato corrente, generando milioni di dollari di entrate aggiuntive in un momento cruciale. Purtroppo il calo della produzione petrolifera significa che ci sono meno carichi da vendere sui mercati energetici internazionali. Questo, insieme al significativo calo dei prezzi, sta causando una forte diminuzione delle entrate petrolifere di Quito in un momento critico per un governo sommerso dai debiti e con una spesa fiscale in forte aumento. L’urgente necessità di Quito di ottenere entrate aggiuntive per compensare il deficit di spesa ha portato l’Ecuador a contrarre ulteriori debiti.
Oltre ai 4,4 miliardi di dollari di debito garantito dal petrolio, Quito, già fortemente indebitata, ha ricevuto ingenti prestiti da altre parti per finanziare il deficit di bilancio. Il governo ha recentemente ricevuto un prestito di 400 milioni di dollari dalla PowerChina, controllata da Pechino, per progetti di energia rinnovabile, in un momento in cui l’Ecuador sta attraversando una crisi energetica. Poi, nel giugno 2025, la Banca interamericana di sviluppo ha approvato un prestito di 400 milioni di dollari per aumentare la spesa per la sicurezza e la lotta alla criminalità organizzata in Ecuador, dove il tasso di omicidi è quasi sestuplicato negli ultimi cinque anni, raggiungendo i 39 omicidi ogni 100.000 abitanti.
La situazione fiscale di Quito è così disperata che il Fondo monetario internazionale (FMI) ha recentemente approvato un aumento del suo programma di prestiti all’Ecuador. L’FMI ha aggiunto 1 miliardo di dollari alla linea di credito esistente, aumentando il limite da 4 a 5 miliardi di dollari. Data la disastrosa situazione finanziaria del governo Noboa, l’FMI, con l’assistenza dei partner internazionali, ha anche fornito all’Ecuador ulteriori 600 milioni di dollari in fondi immediatamente accessibili. Alla fine di settembre 2025, Quito aveva prelevato ben 6,6 miliardi di dollari dall’FMI. Il debito pubblico dell’Ecuador è pari a 80 miliardi di dollari, lasciando la nazione impoverita con un preoccupante rapporto debito/PIL del 62%.
Secondo gli economisti, un rapporto debito/PIL così elevato mette l’Ecuador sull’orlo dell’insolvenza, in particolare in un momento in cui le entrate fiscali sono in calo e la spesa è in forte aumento. L’ex ministro dell’Economia, Mauricio Pozo, ritiene che la spesa eccessiva e insostenibile dell’amministrazione Noboa causerà un aumento vertiginoso del deficit fiscale fino a 4,6 miliardi di dollari. Ciò equivale al 4% del PIL dell’Ecuador, ovvero quasi il doppio dell’obiettivo del 2% imposto dal FMI. Un rapporto debito/PIL così elevato, unito a un deficit fiscale in forte aumento, sta pesando pesantemente sulla capacità di Quito di raccogliere ulteriori finanziamenti e di finanziare le infrastrutture e i beni pubblici di cui ha urgente bisogno.
Un quadro sempre più complesso e senza soluzione
Il crollo della produzione petrolifera complica ulteriormente la difficile situazione fiscale di Quito, poiché comporta una diminuzione delle vendite di greggio al prezzo spot internazionale, con un ulteriore impatto sulle entrate del governo. Si profila inoltre una perdita di produzione dovuta alla graduale chiusura del blocco petrolifero 43 situato nel Parco Nazionale Yasuni, nell’Amazzonia ecuadoriana. Il blocco, di proprietà e gestito dalla compagnia petrolifera nazionale Petroecuador, ha iniziato a operare nel 2016, pompando 55.000 barili al giorno o 20 milioni di barili all’anno. Tale produzione di idrocarburi andrà persa quando il blocco sarà completamente chiuso, senza alcuna indicazione chiara su come sarà sostituita, con un potenziale costo per Quito di milioni di dollari di entrate.
Dopo essersi inizialmente impegnato a pompare oltre 500.000 barili al giorno per il 2025, il governo dell’Ecuador ha rivisto la sua produzione annuale al ribasso a 465.369 barili al giorno. Si tratterà della produzione petrolifera annuale più bassa in oltre due decenni, che, insieme al calo dei prezzi del petrolio, avrà un impatto significativo sulle entrate di Quito. Se la produzione dovesse diminuire ulteriormente, l’Ecuador potrebbe trovarsi nella difficile posizione di non essere in grado di fornire alla Cina quantità di petrolio sufficienti a soddisfare gli obblighi di rimborso. Per questi motivi, il piano da 47 miliardi di dollari del presidente Noboa per rilanciare l’industria petrolifera dell’Ecuador è fondamentale per le finanze del Paese, anche se vi sono prove crescenti che questa iniziativa sia insostenibile e destinata al fallimento.
Domande e risposte per i lettori
1) Perché la produzione di petrolio dell’Ecuador sta crollando così velocemente? Il crollo è dovuto a una “tempesta perfetta” di fattori accumulati in un decennio. Mancano investimenti cruciali, le infrastrutture (come gli oleodotti) sono vecchie e soggette a frequenti rotture e fuoriuscite. A questo si aggiungono una corruzione diffusa che drena risorse, frequenti proteste sociali che bloccano le operazioni e, più recentemente, una crisi di sicurezza nazionale che rende difficili le attività estrattive. In sintesi, il sistema è al collasso operativo.
2) Qual è il rischio principale del debito dell’Ecuador con la Cina? Il rischio principale era la struttura stessa del prestito “petrolio contro debito”. L’Ecuador era costretto a ripagare la Cina inviando enormi volumi di greggio (fino al 90% dell’export) a prezzi scontati, perdendo miliardi di entrate potenziali. Sebbene rinegoziato, il calo della produzione ora crea un nuovo rischio: l’Ecuador potrebbe non avere abbastanza petrolio fisico per rispettare gli accordi di rimborso e contemporaneamente venderne sul mercato per ottenere liquidità.
3) L’Ecuador è destinato al default (insolvenza)? È un rischio molto concreto. Il paese ha un rapporto debito/PIL del 62%, considerato critico. Le entrate petrolifere, vitali per pagare i debiti, sono in caduta libera, mentre la spesa per la sicurezza aumenta. L’Ecuador dipende pesantemente dai prestiti dell’FMI e di altri creditori solo per coprire le spese correnti. Con la chiusura imminente del Blocco Yasuni, le entrate diminuiranno ulteriormente. Se il prezzo globale del petrolio non dovesse salire significativamente o se il governo non riuscirà a invertire il crollo produttivo, l’insolvenza sarà difficile da evitare.

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