Politica
DUGENTO CITRULLI
La grande manifestazione di Parigi, replicata per giunta ai quattro angoli della Francia, è stata un bel vedere. E certamente può dirsi che rappresenta il sentimento e la volontà della nazione. Ma per chi è prosaico e disincantato, tutto ciò è privo di significato.
Ammettiamo che un gruppo di dieci persone dicano che odiano la Francia e sono pronte a far saltare un treno nel metrò, uccidendo centinaia di persone. Ammettiamo che centomila francesi facciano loro sapere che non amano quel progetto. La domanda è: che efficacia ha, la loro opinione?
Se quei dieci amassero la Francia, e molti francesi dicessero loro che li odiano, potrebbero magari indurli a smettere di amare la Francia. Ma se quei dieci già odiano la Francia, a che può servirgli sapere che ai francesi non piace essere odiati, e ancor meno essere uccisi?
Indubbiamente, se milioni di persone scendono in piazza per dire la stessa cosa, ognuno potrà consolarsi: “Non sono l’unico, a pensare questo”. Ma a che serve questa coralità? Se a Parigi i ministri hanno raggiunto qualche accordo inteso a meglio difendere le loro nazioni dal terrorismo, quella riunione sarà stata utile. Ma per quanto riguarda la piazza, la sfilata, gli slogan, i simboli, si tratta di pure perdite di tempo, cose che non cambiano nulla.
Purtroppo viviamo in un periodo che potremmo chiamare della “tv togetherness”, dell’ “insiemità” televisiva. Una ricerca dell’emozione collettiva, condita di effetti visivi e intesa a sostituire la realtà. Il singolo, come un bambino spaurito, è felice di non sentirsi solo. Si canta negli stadi, trionfando in anticipo; si applaude nei funerali, come se il morto avesse compiuto una prodezza, andandosene; si risolve la politica dicendo in coro dei sì o dei no, come se qualcuno aspettasse quelle risposte. Sembra che la parola sia taumaturgica.
Nel caso del terrorismo, non ha senso il fatto che tutto l’Occidente, fino alla lontana Russia e oltre, si sia dichiarato indignato e ferito dagli attacchi terroristici di tre poveracci, pauvres types, come li ha definiti in televisione, su France24, un distinto commentatore francese. Se quei tre fossero ancora vivi e avessero capacità argomentative, potrebbe rispondere: “Voi ci rigettate, e lo gridate in milioni? Possiamo comprenderlo. Perché l’odio è reciproco. La differenza è che noi vi ammazziamo”.
Sembra strano, ma l’Italietta campagnola e vagamente imbelle della prima metà dell’Ottocento era forse più sveglia e realista di noi. Prova ne sia che apprezzava un sonetto di Giuseppe Giusti (“Che i più tirano i meno è verità”), vagamente cantilenante e popolaresco, che oggi non si oserebbe più scrivere. Diceva quel giovane poeta: “Fingi che quattro mi bastonin qui,/ E lì ci sien dugento a dire: ohibò!/ Senza scrollarsi o muoversi di lì;/ E poi sappimi dir come starò/ Con quattro indiavolati a far di sì,/ Con dugento citrulli a dir di no”.
Conta più l’azione che la parola, e noi sembriamo averlo dimenticato. Molto dipende dall’essere nati e cresciuti in democrazia. Abituati da sempre a pensare che ciò che vuole la maggioranza – meglio se strabocchevole – è legge incontestabile per tutti, si pensa che questa legge possa essere applicata a qualunque cosa. E invece. Oggi, durante la manifestazione, a Parigi non è piovuto. Ma se le condizioni meteorologiche fossero state tali da provocare la pioggia, il fatto che un milione e più di persone fosse per la strada in nome di un’ottima causa, ma senza ombrello e senza un posto dove ripararsi, non avrebbe fatto sì che piovesse una goccia di meno. Nello stesso modo, l’efficacia nei confronti del terrorismo di tutte le manifestazioni, in Francia e nel mondo, è assolutamente nulla. Se un effetto avrà, sarà quello di incoraggiare altri attentati. Se con un paio di mitragliette e tre sbandati si sconvolge l’intero continente, che cosa non si può fare con dieci squadre di due terroristi ben allenati, bene armati, che attaccano in dieci posti diversi, nello stesso momento?
Non è cinismo. È che si sarebbe lieti, insieme con i nostri bisnonni, di vedere almeno una parte dei dugento citrulli che smettono di gridare e vanno ad accarezzare la schiena di quelli che ci bastonano. Se si tratta di lamentarsi, siamo capaci di farlo da soli.
Gianni Pardo, [email protected]
11 gennaio 2015
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