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DUE MOSSE SECCHE PER INIETTARE LIQUIDITA’ A FAMIGLIE E IMPRESE di Fabio Dragoni e Antonio Maria Rinaldi

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Nessun dubbio in merito alla severità della crisi prossima ventura. A parere di Deutsche Bank, un arretramento del PIL superiore all’8%. Mai così male nella storia dell’Italia unita se si escludono gli ultimi tre anni della Seconda Guerra Mondiale. Non molto diverse, forse anzi peggiori, le previsioni degli altri analisti; da Oxord Economis a Goldman Sachs per finire a Capital Economics. Lascia sgomenti l’indifferenza con cui il governo Conte assiste quasi inerme alla prospettica distruzione del nostro tessuto manifatturiero e commerciale, il cui dieci per cento almeno rischia il fallimento (nella migliore delle ipotesi!) secondo CERVED qualora l’emergenza Coronavirus non si arrestasse completamente entro l’anno. Tantissime aziende e attività commerciali difficilmente potranno ripartire una volta terminato il lockdown a meno che nel frattempo non si prendano immediati provvedimenti atti a mitigare il già precario equilibrio finanziario di famiglie ed imprese già stremato da due anni di riduzione del credito. Oltre cento miliardi di euro in meno essendo il relativo stock passato da poco più di 1.500 a 1.400 miliardi circa.

Uno di questi strumenti è la proroga automatica di tutti i rimborsi in linea capitale e di tutti i pagamenti degli interessi. Non basta infatti lasciare alle banche la possibilità di concedere o meno una moratoria nel pagamento delle rate di determinate categorie di prestito rateale piuttosto che altre. Serve invece cambiare passo superando l’istituto della moratoria concessa più o meno discrezionalmente a seguito di un’istruttoria che per quanto veloce finisce per oberare l’operatività degli istituti di credito. Si passi invece alla proroga in automatico per un anno e senza necessità di istruttoria di tutte le scadenze, per tutte le tipologie di credito (dai mutui di ogni tipo alle aperture di credito non a revoca) e per qualsiasi creditore (sia esso famiglia o impresa) ed a prescindere dalla qualità del rapporto creditizio (in bonis o inadempienza probabile).

Gli strumenti ideati per reagire alla grande crisi finanziaria del 2008 ed a quella dei debiti sovrani del 2011 non sono ora sufficienti. La sospensione dei pagamenti in linea capitale ed interessi deve essere inoltre accompagnata da un’operazione di factoring di “massa” con cui le banche anticipano il 100% dei crediti verso clienti derivanti da fatture emesse a partire dal 31 gennaio 2020 -data in cui il governo ha dichiarato formalmente con decreto lo stato di emergenza- e non ancora saldate. La cessione dovrebbe avvenire a titolo pro-soluto con garanzia dello Stato applicando un tasso di sconto pari al rendimento dei BTP -ad esempio ad un anno- maggiorato di uno spread minimo da determinare. L’equilibrio finanziario e patrimoniale dell’impresa o del professionista creditore viene quindi preservato. Al debitore ceduto dovrebbe invece essere concessa la facoltà di pagare quanto dovuto in trentasei rate mensili con decorrenza 1 gennaio 2021 e piano di ammortamento alla francese calcolato con un interesse equivalente al al tasso di rendimento del BTP a tre anni vigente pro-tempore, sempre maggiorato di uno spread idoneo a remunerare il servizio. Ne trarrebbero giovamento tutti. I creditori che potrebbero incassare i crediti e le filiere produttive sarebbero preservate. I debitori ceduti, che dovrebbero continuare a pagare il dovuto, ma con il necessario respiro finanziario senza quindi alcun aiuto indebito che potrebbe premiare comportamenti opportunistici. Le stesse banche le quali potrebbero fare impieghi immediati con lo stesso impegno patrimoniale che avrebbe un investimento in BTP: cioè ponderazione zero. Certi che una proposta del genere sarà totalmente ignorata dal premier Conte e dal suo governo, sottoponiamo la soluzione all’attenzione di chi potrà -in questo momento di emergenza- molto più degnamente sostituirlo: Mario Draghi.


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