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“Drill, Baby, Drill” sbarca in Europa: L’UE torna a trivellare per non affogare nel costoso GNL USA

L’Europa fa un’inversione a U sulla politica energetica: Grecia, Italia e UK riaprono alle trivelle per sfuggire ai prezzi record del GNL americano e salvare l’industria, sfidando apertamente il Green Deal e gli accordi commerciali con gli USA.

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I sogni sono desideri, ma le bollette sono una realtà. E di fronte alla realtà dei prezzi energetici che mordono, l’Europa sembra essersi risvegliata dal torpore ideologico del “tutto rinnovabile subito”, riscoprendo una vecchia, cara abitudine: trivellare.

Le nozioni di energia rinnovabile e la riduzione dei gas serra restano ottimi argomenti per i convegni a Bruxelles, ma i costi energetici proibitivi stanno forzando un cambiamento radicale nelle priorità del Vecchio Continente. Come riportato recentemente da Reuters, due pesi massimi dell’Unione EuropeaGrecia e Italia — insieme al Regno Unito, stanno allentando la loro opposizione alle nuove perforazioni di petrolio e gas.

È il ritorno della Realpolitik energetica: la produzione interna diventa essenziale per frenare la dipendenza dalle costose importazioni di GNL (Gas Naturale Liquefatto), in particolare quello proveniente dagli Stati Uniti.

La Mappa del Ritorno agli Idrocarburi

Mentre a Bruxelles si continua a parlare di obiettivi climatici, nelle capitali nazionali si firmano licenze di esplorazione. Ecco come si stanno muovendo i principali attori:

  • Grecia: A novembre ha rilasciato la sua prima licenza di esplorazione offshore di petrolio e gas in oltre 40 anni. Un consorzio che include Exxon Mobil opererà nel “Blocco 2” nel Mar Ionio, che potrebbe custodire fino a 200 miliardi di metri cubi di gas. Le trivelle dovrebbero entrare in azione tra la fine del 2026 e il 2027. Inoltre, sono stati assegnati diritti di esplorazione a sud del Peloponneso.

  • Italia: Il governo italiano sta valutando seriamente di riattivare l’esplorazione di petrolio e gas offshore, un’attività che era stata accantonata (forse troppo frettolosamente) nel 2019. L’obiettivo è chiaro: sfruttare le risorse domestiche per abbassare la bolletta energetica nazionale. Del resto i confinanti lotti greci vengono esplorati, perché non sfruttare i propri, a favore dell’industria nazionale?

  • Regno Unito: Londra ha allentato il divieto sulle nuove attività di esplorazione nel Mare del Nord. Le compagnie potranno espandere la produzione nei campi esistenti e si prevede il via libera a due nuovi grandi giacimenti nei prossimi mesi.

  • Altri attori: La Polonia ha registrato una scoperta significativa offshore all’inizio di quest’anno, mentre la Norvegia (sempre pragmatica) prevede di perforare 250 pozzi esplorativi nel prossimo decennio.

Naturalmente, c’è chi resiste. La Danimarca e i Paesi Bassi mantengono posizioni più rigide, sebbene gli olandesi continuino a permettere l’esplorazione offshore, pur volendo interrompere la produzione dei giacimenti storici a terra.

Il Costo della Dipendenza dal GNL Americano

Perché questo cambio di rotta? La risposta è nei numeri. Lo shock energetico del 2022 ha cambiato il paradigma: il gas naturale farà parte del mix energetico europeo per decenni, che piaccia o no ai sostenitori del Green Deal.

L’UE dipende dalle importazioni per l’85% del suo consumo di gas (negli anni ’90 producevamo il 50% del fabbisogno in casa). Dopo aver detto addio al gas russo a basso costo, ci siamo gettati tra le braccia del GNL americano, che è tutto fuorché economico.

Secondo l’IEEFA (Institute for Energy Economics and Financial Analysis), l’UE ha speso circa 225 miliardi di euro per le importazioni di GNL negli ultimi tre anni. Di questi, ben 100 miliardi sono finiti nelle tasche dei produttori USA.

Piattaform del gas in Italia

Tabella: La dipendenza energetica dell’UE (Stime 2026-2029)

FornitoreQuota di mercato GNL previstaNote
Stati Uniti70%In aumento dal 58% del 2025
Russia0%Ban previsto dal 2027/2028
Altri30%Qatar, Nord Africa, etc.

Il GNL statunitense è strutturalmente più costoso per gli acquirenti UE rispetto ad altri fornitori, a causa dei costi di liquefazione, trasporto e rigassificazione. Sviluppare fonti energetiche domestiche non è solo una questione di sicurezza, ma di sopravvivenza economica per l’industria europea.

Il Paradosso: Tra Green Deal e Accordi Commerciali

La spinta verso la sicurezza energetica tramite le trivelle crea un cortocircuito logico e politico di proporzioni epiche su due fronti.

  1. La contraddizione climatica: l’UE e la Gran Bretagna puntano alla neutralità carbonica entro il 2050.2 L’IEEFA sostiene che la continua dipendenza dal gas naturale potrebbe far mancare all’UE l’obiettivo del 2040 di ridurre le emissioni nette del 90% rispetto al 1990. Inoltre, i costi del solare e dell’eolico sono crollati nell’ultimo decennio. Tuttavia, la realtà tecnica è che le rinnovabili, per quanto economiche, necessitano di un backup affidabile che, al momento, solo il gas può garantire senza interruzioni.
  2. La contraddizione commerciale (L’accordo con Trump): c’è un secondo aspetto, forse ancora più imbarazzante. All’inizio di quest’anno, l’UE ha stretto un accordo commerciale con l’amministrazione Trump: Bruxelles si è impegnata ad acquistare 250 miliardi di dollari di prodotti energetici USA (principalmente GNL) all’anno per tre anni, in cambio di dazi ridotti sulle merci europee.

L’accordo presenta rischi enormi:

  • Vincolo al fornitore unico: Per rispettare l’impegno, l’UE dovrebbe importare circa il 70% della sua energia dagli USA, legandosi mani e piedi a Washington.

  • Incoerenza interna: Se trivelliamo per produrre il nostro gas e risparmiare, come faremo a onorare la promessa di comprare il costoso gas americano per 250 miliardi l’anno?

La fine dell’illusione?

Mentre l’amministrazione americana preme sull’acceleratore dell’export di GNL (“Le infrastrutture energetiche devono essere costruite ora”, ha tuonato la FERC), l’Europa si trova in mezzo al guado.

Da un lato, la necessità imperiosa di abbassare i costi per non deindustrializzare il continente spinge verso il ritorno alle trivelle domestiche. Dall’altro, gli impegni presi con Washington e la retorica climatica di Bruxelles tirano nella direzione opposta.

L’unica certezza è che l’approccio puramente ideologico si è schiantato contro il muro dell’economia reale. L’Europa ha bisogno di energia sicura e a basso costo. Se questo significhi trivellare l’Adriatico o riempire le casse del Tesoro americano è la scelta politica dei prossimi mesi. Ma una cosa è certa: il “Drill, Baby, Drill” non è più solo uno slogan americano.

Piataforma Mare del Nord

Domande e Risposte

Perché l’Europa sta tornando a trivellare nonostante gli obiettivi climatici?

I prezzi dell’energia rimangono insostenibilmente alti, minacciando la competitività industriale e il potere d’acquisto delle famiglie. La dipendenza dalle importazioni, passata dalla Russia agli Stati Uniti, si è rivelata estremamente costosa. Paesi come Grecia, Italia e Regno Unito hanno deciso pragmaticamente che la produzione domestica è l’unico modo rapido per garantire sicurezza energetica e tentare di calmierare i prezzi, mettendo temporaneamente in secondo piano gli obiettivi ideologici di decarbonizzazione a lungo termine.

Qual è il ruolo degli Stati Uniti in questa crisi energetica europea?

Gli Stati Uniti sono diventati il fornitore dominante, destinati a coprire il 70% del fabbisogno europeo di GNL entro il 2029. Sebbene abbiano garantito forniture alternative alla Russia, il loro GNL è molto più costoso. Inoltre, l’accordo commerciale stretto con l’amministrazione Trump obbliga l’UE ad acquistare ingenti quantità di energia americana per evitare dazi, creando un paradosso: l’Europa cerca indipendenza trivellando, ma è contrattualmente legata a comprare gas USA.

Il ritorno alle trivelle significa la fine del Green Deal europeo?

Formalmente no, ma nei fatti segna un forte ridimensionamento delle sue ambizioni. L’IEEFA avverte che puntare sul gas renderà impossibile raggiungere gli obiettivi climatici del 2040 e la neutralità carbonica del 2050. Tuttavia, la mossa dimostra che di fronte all’emergenza economica e geopolitica, la transizione energetica forzata cede il passo al realismo. Le rinnovabili continueranno a crescere, ma il gas è stato riconosciuto come partner indispensabile per i prossimi decenni.

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