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Domanda da 60 miliardi per i BTP a 50 anni. a cosa ci serve il Recovery Fund

Quando abbiamo domande per 120 miliardi di euro di titoli di stato in un’unica asta, a cosa ci serve il recovery Fund ?

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Giuseppe Liturri fa notare un fatto basilare in un suo ottimo articolo, partendo dai dati dell’ultima asta dei BTP; cinquantennali e settennali.

Come comunicato dal MEF  l’emissione ed il collocamento, tramite un sindacato di banche, di 5 miliardi del nuovo BTP a 50 anni, scadenza marzo 2072 e tasso al 2,17%, h ricevuto domande per 64 miliardi di euro. Oltre 10 volte l’emesso. Il BTP  sette anni ha ricevuto ordini per 66 miliardi, con un tasso dello 0,36%.

Tutto questo perchè, semplicemente , comunque l’Italia è un paese manifatturiero importante con prospettive di tornare a godere d’importanti flussi anche turistici in futuro, il tutto nonostante l’azione distruttiva di molti governi degli ultimi 30 anni e di un apparato burocratico che odia il paese che lo alimenta. Il tutto in un momento in cui vi è una grande abbondanza di liquidità. Quindi è tutto perfettamente normale, e in una sola emissioni si sono raccolti più ordini di titoli di quanto ci dovrebbe spettare per i famosi “Grant”, i fondi perduti, garantiti dal recovery Plan.

Consideriamo che buona parte di questi titoli emessi finirà in pancia, tramite il programma PEPP, Quindi anche il 2,07 d’interesse pagato sui titoli con scadenza a 50 anni verranno a essere ininfluenti per il bilancio dello stato. Per la maggior pare torneranno direttamente nelle casse del MEF come utili della Banca centrale, una parte minima verrà comunque reinvestita in debito pubblici italiano.

Al contrario di tutto quanto previsto dal NGEU si tratta di risorse che non sono vincolate su improbabili programmi, ma che possono essere spese con libertà anche se sempre in un’ottica economicamente corretta. Mentre queste risorse sono disponibili ora, e lo rimarranno anche per un certo tempo, noi aspettiamo un piano europeo estremamente improbabile, che impiegheranno mesi per essere attivi, se mai lo saranno, e che comunque partiranno, nella migliore delle ipotesi, dalla fine del 2021.
Già a macchina burocratica italiana è incredibilmente complessa, dobbiamo unire una macchina ancora più farraginosa, complessa e ideologicamente marchiata come quella della Commissione europea? Per ora la retorica di Bruxelles ancora vince, ma fra qualche mese anche i più ciechi capiranno che non c’è alternativa al “Facciamo da noi”.

 


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