Attualità
Distrust of the competents
Chi non sia un economista di professione è atterrito da qualunque grafico. Quelle linee multicolori che salgono, scendono e si intersecano sembrano avere la precisa intenzione di farci sentire cretini. Ovviamente ciò ispira un sano, grande rispetto per chi è capace di redigerli ed anche per chi è in grado di capirli. Tuttavia questo timore reverenziale, andando avanti negli anni, è largamente mitigato dai risultati raggiunti dagli studiosi. Appare infatti strano che, pure armati di tanta sapienza tecnica, essi abbiano potuto sbagliare tanto, sia in materia di previsioni, sia in materia di rimedi ai danni provocati. Non si irridono i grandi economisti: si afferma soltanto che l’economia in generale e soprattutto la macroeconomia un po’ se la ride dei ragionamenti e dei calcoli di chi la studia.
Se gli economisti fossero in grado di prevedere quanto meno i grandi fenomeni, non ci sarebbero le grandi crisi di Borsa. Le Borse sono “il termometro del tempo che farà domani” e se dunque esse sapessero che si profila in futuro la tragedia dei subprime, la contromossa comincerebbe con tale anticipo da non potersi più avere una crisi improvvisa. Invece la Lehman Brothers, con tutti i suoi grandi esperti, può chiudere da un giorno all’altro, lasciando con un palmo di naso folle di clienti. E Sergio Ricossa, un economista che è anche un uomo di grande buon senso, ha detto che l’imprevedibilità dell’economia è dimostrata dal fatto che i grandi competenti insegnano nelle università, invece di arricchirsi giocando in Borsa. E nessuno ignora la leggenda della scimmia che, decidendo a caso investimenti, ottenne dei risultati non dissimili da quelli dei professionisti.
Il competente di economia fa del suo meglio, ma è la materia trattata che lo tradisce. Si rimane strabiliati, studiando il passato, dalla quantità di errori che in campo economico hanno commesso non solo gli economisti, ma i grandi Chief Executive Officer e i governanti. Lo studio della storia induce a dare ragione a Shakespeare quando definisce la vita “una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla”. Le stesse guerre sono spesso vinte non da chi è più geniale, ma da chi, pur commettendo errori enormi, ne commette meno dell’avversario. I Paesi sono guidati dalle migliori menti della nazione e si direbbe che gli avvenimenti si divertano a ridicolizzarle. Dopo la Conferenza di Monaco non solo si applaudì molto Chamberlain, ma si parlò dello “spirito di Monaco”, come stesse albeggiando un momento positivo della storia. Mancavano solo pochi mesi al disastro della Seconda Guerra Mondiale. E poco mancò che l’Inghilterra disarmata soccombesse. Qualcuno potrebbe dire che in questo mondo di illusi e di ingenui giganteggiava il profeta inascoltato che poi salvò l’Inghilterra: Sir Winston Churchill. Vero. Ma se Hitler non fosse stato quel pazzo che era, se si fosse accontentato di ciò che gli era stato concesso, Chamberlain avrebbe beneficiato dell’imperitura gratitudine dell’Europa, e Churchill sarebbe passato per uno scalmanato guerrafondaio. Meglio non atteggiarsi a profeti del passato.
Oggi non abbiamo una guerra ma un disastro economico. Ed anche qui si rimane sbalorditi dinanzi alla cocciutaggine con la quale tutti i Paesi sostengono l’euro e la sua ineluttabilità, mentre i membri più poveri dell’eurozona boccheggiano. La situazione continua a peggiorare e, se domani una crisi facesse scoppiare tutto il sistema, anche la Germania avrebbe ben poco da stare allegra. Come si può continuare a viaggiare con una nave che fa acqua, senza pensare ad entrare nel porto più vicino? Eppure è ciò che avviene.
Naturalmente, ancora una volta, è doveroso non essere presuntuosi. Questa linea di politica economica è sposata con convinzione non soltanto dalla Germania, che attualmente ne incassa i dividendi (pur mentre si scava la fossa), ma anche da grandi Paesi come la Francia e la Spagna, per non parlare dell’Italia. Chissà con quale disprezzo i competenti guarderebbero il Bertoldo di turno che gli facesse notare quanto va male l’economia. Fra l’altro essi hanno facilmente partita vinta perché possono sempre dire che senza l’euro andrebbe anche peggio: e questa frase, al condizionale, non è confutabile. Solo l’esperimento potrebbe farlo. E perfino il giorno in cui si facesse questo esperimento, se le cose andassero peggio, i sostenitori dell’euro direbbero che è esattamente ciò che essi avevano previsto; mentre gli euroscettici direbbero che è soltanto una congiuntura passeggera, da loro prevista: bisogna dare all’economia il tempo di riprendersi, dopo anni di follia monetaria.
E Bertoldo, seduto sui gradini dinanzi all’ingresso della Banca Centrale Europea, sogna di affidare la politica economica europea a quella scimmia che tanto successo aveva avuto in Borsa.
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it
3 novembre 2013
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