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Analisi e studi

Distrastro Italia: produzione industriale a Picco a dicembre. Che fare?

Pessimo mese di dicembre per la produzione industriale italiana è clata del 3,3% rispetto al mese precente, 7,1% su base annua. Una situaizone in cui calano beni per investimento, per consumo e intermedi L’industria italiana va malissimo, ma interessa a qualcuno o ci si nasconde dietro il vero pretesto della UE?

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Dati pessimi sulla produzione industriale italiana a Dicembre, come riporta l’Istat. A dicembre 2024 si stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale diminuisca del 3,1% rispetto a novembre. Nella media del quarto trimestre il livello della produzione si riduce dell’1,2% rispetto ai tre mesi precedenti.

L’indice destagionalizzato mensile cresce su base congiunturale solo per l’energia (+0,9%); mentre cala per i beni strumentali, i beni di consumo (-3,3% per entrambi i settori) e i beni intermedi (-3,6%). Insomma l’industria va male ovunque, l’energia cresce solo perché l’inverno è stato più freddo. Va male, anzi malissimo.

Ecco il grafico della produzione mensile:

Al netto degli effetti di calendario, a dicembre 2024 l’indice complessivo annuale diminuisce in termini tendenziali del 7,1% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 20 contro i 18 di dicembre 2023).

Anche qui si registra una crescita esclusivamente per l’energia (+5,5%); al contrario, marcate diminuzioni contraddistinguono i beni strumentali (-10,7%), i beni intermedi (-9,5%) e i beni di consumo (-7,3%). Non si consuma, non si produce, non si investe.

Anche qui, ecco il relativo grafico:

Gli unici settori di attività economica che registrano a dicembre incrementi tendenziali sono l’attività estrattiva (+17,4%) e la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+5,0%). Peccato che non si possa pensare di far crescere l’Italia con le miniere, a meno che non si pensi di tornare l’epoca pre-romana.

Flessioni particolarmente marcate si rilevano, invece, nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-23,6%), nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-18,3%) e nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-14,6%).  Si tratta dei settori in cui l’Italia era tradizionalmente forte e che sono fortemente in crisi: il lusso in questo momento sta pagando la forte crisi della Cina e non riesce a reinventarsi, sulla base della storia e del buon gusto, per attrarre le nuove classi medie. L’auto italiana, dopo l’entrata in Stellantis, non esiste più, e francamente lo stato non lo capisce.

Ci sarebbe bisogno di un forte intervento di investimento e di forte deregolamentazione, Salvare qualche produzione strategica, e permettere alla struttura di medie – piccole aziende di crescere fuori dalle follie dei vincoli imposti dalla UE, come il “Bilancio di Sostenibilità“. Anche in questo calo il problma non è chiaramente compreso. Però, prima o poi, la crisi busserà anche a Roma.


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