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Disney inizia a licenziare 7000 dipendenti. Essere woke porta al fallimento

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Dopo una lunga serie di fallimenti nelle sale cinematografiche e nei servizi di streaming, la Disney ha finalmente toccato il fondo finanziario: il mese scorso la società si è impegnata a tagliare almeno 7000 posti di lavoro per contribuire a coprire un obiettivo di risparmio totale di 5,5 miliardi di dollari. La mossa ha fatto seguito alla brusca sostituzione dell’ex amministratore delegato Bob Chapek e al ritorno di Bob Iger, ed è stata imputata a “venti contrari macroeconomici”.

Le prime lettere sono state consegnate a marzo, ma il grosso verrà consegnato ad aprile, quando emergeranno nuovi dettagli sui licenziamenti di massa. La direttrice dei VFX dei Marvel Studios e nota promotrice dell’ideologia woke Victoria Alonzo ha già lasciato bruscamente l’azienda, indicando che i licenziamenti potrebbero estendersi alla dirigenza.

La Disney non ha menzionato il ruolo che la sua metodologia di “diversità e inclusione” potrebbe aver avuto nel crollo del numero di spettatori sia per le uscite nelle sale che per gli abbonamenti allo streaming. Disney+ ha perso oltre 2,4 milioni di abbonati a febbraio, mentre film come Lightyear, Strange Worlds, Pinocchio e Ant Man 3 hanno tutti fatto fiasco al botteghino nell’ultimo anno. I film in uscita, tra cui gli adattamenti in live action della Sirenetta e di Peter Pan, sono pesantemente infarciti di politiche identitarie e le reazioni del pubblico ai trailer sono finora estremamente negative, lasciando intendere che anche questi film avranno un risultato negativo.

Al di là del disinteresse per i film e i media di Woke, la compagnia sembra essere reduce dal catastrofico tentativo di usare la leva economica per intimidire lo Stato della Florida, che ha approvato il “Parental Rights In Education Act”, progettato per bloccare le lezioni sessualizzate nelle scuole pubbliche per i bambini di età compresa tra i tre anni. La legge è stata motivata specificamente dalla proliferazione dell’ideologia dell’identità di genere nelle aule scolastiche della Florida ed è stata attaccata dagli oppositori democratici che l’hanno definita “legge sul non dire gay”.

È ormai chiaro che la Disney ha appoggiato il cavallo sbagliato in questa battaglia. Ora hanno perso la loro speciale autonomia nell’ambito del Reedy Creek Improvement District e il governo della Florida ha assunto la gestione dell’area dove sorgono i parchi Disney della Florida, un tempo governata direttamente dal colosso del divertimento. La maggior parte delle principali società di media negli Stati Uniti sta lottando per sopravvivere alla diminuzione dei profitti e al crollo del pubblico, ma nel caso di Disney molti affermano che siano state proprio le scelte gestionali e di programmazione del colosso a causarne la profonda decadenza.

Le azioni Disney hanno registrato un leggero rialzo alla notizia dell’inizio dei licenziamenti, con gli investitori felici di vedere una riduzione dei costi. Però se non si cambierà rotta e non si attrarrà nuovamente il pubblico questa misura non sarà sufficiente.


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