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Di tasse, i governi muoiono ovunque nel mondo, dall’Africa all’Europa

Per fortuna non sempre va come sta accadendo in Kenya, ma la distruzione dell’approvazione politica per una politica fiscale sbagliata è un attimo

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Il governo italiano, di fronte a promesse elettorali come la riforma delle pensioni, l’aumento degli stipendi, la flat tax, il taglio delle accise, l’eliminazione del canone Rai e il sostegno alle famiglie in difficoltà, si trova ora a dover affrontare una realtà meno rosea. Una comunicazione da Bruxelles informa che l’Italia, insieme ad altri sei paesi dell’UE – Francia, Belgio, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia – è sotto procedura di infrazione per debito eccessivo.

Questa è la conseguenza di una seire di decisioni a cui il governo ha preso parte attivamente, cioè il ritorno dell’approvazione del patto di stabilità europeo, del vincolo di bilancio, in una formula apparentemente edulcorata, ma che, in realtà, comunque risporta da un lato il limite al deficit del 3%, ma dall’altro impone forti imepgni per la riduzione del debito. Tutte politiche che non hanno funzionato negli ultimi trent’anni, ma che comunque vengono sempre riproposte, con una malata ostinazione.

La situazione richiede misure immediate e severe: un taglio di spesa di almeno 20 miliardi di euro è necessario subito, seguito da tagli annuali di circa 10 miliardi fino al 2032. In questo contesto, parlare di miglioramenti nel welfare o di riforme fiscali sembra inopportuno, poiché la priorità per i prossimi sette anni sarà ridurre le spese.

Durante l’estate, Giancarlo Giorgetti presenterà il Documento di Economia e Finanza (Def) programmatico, che dovrà delineare i numeri che erano stati rimossi in aprile per mantenere la calma prima delle elezioni europee. Il ministro dell’Economia, che si dice incline a trasferirsi a Bruxelles per evitare di essere il capro espiatorio, dovrà presto dettagliare i 20 miliardi di tagli alla spesa previsti per la prossima legge finanziaria.

Di fronte a questo scenario, sorge spontanea la domanda: dove opererà i tagli il governo? Al momento, le speculazioni si concentrano su pensioni, stipendi e welfare.

Recentemente, in Europa è stata avviata una petizione per imporre una tassa ai miliardari, un’iniziativa volta a generare entrate dove abbondano. Tuttavia, il governo sembra non voler percorrere questa strada, preferendo piuttosto ridurre la spesa pubblica in settori come l’istruzione, la sanità e gli enti locali, e rinunciando alle riforme promesse.

La scelta più logica potrebbe essere quella di non estendere i tagli al cuneo fiscale e all’Irpef anche nel 2025. Queste due misure costano complessivamente 15 miliardi, ma il governo ha bisogno di segnare qualche punto per mitigare l’amaro boccone per gli italiani.

Mantenere gli aumenti degli stipendi e la prima bozza di riforma fiscale significherebbe dover trovare risorse altrove, probabilmente dalle pensioni, dicendo addio a Quota 103, Opzione Donna e altre misure considerate.

Per le famiglie, la situazione non sarebbe migliore. Sono a rischio tutte le misure introdotte dall’ultimo governo, che dovranno essere rifinanziate nel 2025, dalle agevolazioni per i giovani coppie ai benefici per le madri lavoratrici con due figli.

Non si discutono tagli al canone Rai o alle accise sui carburanti, ma potrebbero emergere 600 milioni per rifinanziare la card “Dedicata a te”.

In tutto il mondo si cade per le tasse. L’Italia non è diversa

Abbiamo visto in questi giorni le rivolte in Kenya,  dove il governo ha voluto aumentare le tasse, soprattutto l’IVA, per fare cassa e cercare di ridurre l’indebitamento. Una posizione del governo è quasi più giustificabile rispetto a quella dei governi europei, perché è lo stesso governo lazionale a voler stringere la cinghia, lo stesso che era stato democraticamente eletto. Il risultto è quello che avete visto anche ieri

 

La situazione dei governi europei, italiano in testa, non è diversa da quello keniota, anzi, è perfino peggiore: infatti questi vincoli non provengono da un desiderio del governo eletto democraticamente, ma da ordini esterni legati a autorità non elette o da accordi internaazionali vecchi di decenni e, francamente superati. 

Ovviamente l’Italia non è il Kenya e difficilmente vedremo una reazione come quelle viste nel paese africano, per fortuna. però la distruzione dell’affidabilità politica di un governo può avvenire molto rapidamente e l’applicazione di queste politiche fiscali restrittive sarà devastante per tutti i governi europei, in primis quello di Giorgia Meloni. Il governo tedesco è già in grave difficoltà per i tagli al bilancio. Siamo sicuri che quello italiano possa reggere bene, senza, che vi sia o un ribaltamento o la nascita di qualche altra entità politica?

 


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