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Economia

Deutsche Bank e la “bolla” IA: corsa a coprire i prestiti a lungo termine ai data center. Troppo rischio

Deutsche Bank ha investito miliardi nei data center per l’IA, ma ora teme la bolla. Ecco i piani (costosi) per coprirsi dal rischio, ma che fare. shortare o usare i derivati?

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L’intelligenza artificiale non vive di solo software. Per funzionare, l’IA ha bisogno di una potenza di calcolo mostruosa, che a sua volta richiede infrastrutture fisiche: i data center. E come ogni grande opera infrastrutturale, qualcuno deve finanziarla.

Deutsche Bank (DB) non si è tirata indietro e, secondo un suo alto dirigente, ha “scommesso forte” sul settore, prestando miliardi di dollari per la costruzione di questi nuovi “cervelli” digitali.

Tuttavia, dopo aver aperto i cordoni della borsa, sembra che a Francoforte sia sorto qualche dubbio. I dirigenti della banca tedesca stanno attivamente esplorando modi per “coprire” (in gergo finanziario, hedging) la loro massiccia esposizione al settore. Il timore? Che l’entusiasmo per l’IA stia gonfiando una bolla speculativa, non troppo diversa da quella dot-com che segnò l’inizio del millennio.

Il boom dei prestiti e il timore della bolla

L’esborso di capitale nel settore è senza precedenti. I cosiddetti hyperscalers (i giganti come Alphabet/Google, Microsoft e Amazon che offrono servizi di elaborazione dati su ampia scala) stanno investendo centinaia di miliardi per le loro esigenze di IA, e la stima dei costi infrastrutturali da qui al 2030 raggiunge i 3.000 miliardi di dollari.

Deutsche Bank ha finanziato prevalentemente le aziende che forniscono servizi a questi colossi (come la svedese EcoDataCenter e la canadese 5C). Secondo quanto riportato, questi prestiti sono strutturati in modo solido, essendo garantiti da contratti a lungo termine con i giganti tech.

E allora, perché preoccuparsi? Gli scettici indicano due problemi:

  1. Si stanno investendo miliardi in un’industria in gran parte “non testata”, che non si sa dove porterà.
  2. Gli asset fisici (l’hardware dei data center) si deprezzano a una velocità impressionante, resi obsoleti dal rapido progresso tecnologico.

Se la domanda di IA dovesse “normalizzarsi” o se la tecnologia cambiasse più velocemente del previsto, il valore di quegli asset e la sostenibilità di quei prestiti potrebbero crollare. Sarebbe un disastro, miliardi in investimenti sarebbero bruciati. Chi ha affidato i soldi a DB non sarebbe contento.

Data Center, saranno una bolla? Unsplash

Le (costose) vie d’uscita: short e derivati

Per proteggersi da questo scenario, DB sta valutando due strade principali, entrambe complesse e costose:

  • Opzione 1: Shortare il settore. La banca potrebbe “scommettere contro” un paniere di azioni legate all’IA. Se il settore crollasse, DB perderebbe sui prestiti ma guadagnerebbe da queste posizioni corte (short), mitigando il danno. Il problema è che vendere allo scoperto un mercato in piena euforia è costosissimo.
  • Opzione 2: Derivati (SRT). La banca sta considerando di acquistare protezione tramite una transazione nota come Synthetic Risk Transfer (SRT). In termini semplici, DB pagherebbe un premio (come un’assicurazione) a degli investitori terzi (es. hedge fund) affinché questi si facciano carico delle eventuali perdite sui prestiti ai data center. Anche in questo caso, gli “assicuratori” chiederanno premi molto alti per coprire un rischio così concentrato e nuovo. Un po’ quello che fece Michael Burry con la bolla immobiliare, dove fece creare questo tipo di prodotti, che poi diventò diffuso.

L’ironia finale

Mentre i banchieri d’investimento studiano come proteggere il bilancio, c’è chi, all’interno della stessa banca, la vede diversamente. Come riportato, gli analisti di Deutsche Bank hanno pubblicato una nota a fine settembre in cui minimizzavano i timori.

Con una certa ironia, gli analisti hanno (testualmente) usato l’IA per analizzare quante volte le pubblicazioni in lingua inglese menzionassero una “bolla dell’IA”. La conclusione? “Una bolla dell’IA è già scoppiata: la bolla di chi dice che c’è una bolla”. Insomma da una mania si è passati a quella opposto. Chi avrà ragione?

Resta da vedere se avranno ragione gli analisti o i gestori del rischio che, nel dubbio, iniziano a cercare l’ombrello.

Data Center: sarà una bolla? Unsplash

Domande e risposte

Perché Deutsche Bank è preoccupata se i suoi prestiti sono garantiti da contratti a lungo termine? I contratti a lungo termine con colossi come Google o Microsoft riducono il rischio di mancato pagamento da parte del cliente diretto (es. EcoDataCenter). Tuttavia, il timore di DB è sistemico. Se l’IA si rivelasse una bolla, il valore degli asset sottostanti (i data center) crollerebbe e l’intero settore subirebbe una contrazione. I contratti proteggono dal default del singolo cliente, ma non da una svalutazione colossale dell’intero settore industriale che hanno finanziato.

Cosa significa “shortare un paniere di azioni” e perché è costoso? “Shortare” (o vendere allo scoperto) significa scommettere sul ribasso di un titolo. Tecnicamente, la banca prende in prestito azioni (es. Nvidia, o altre società IA), le vende al prezzo attuale, sperando di riacquistarle in futuro a un prezzo più basso prima di restituirle, intascando la differenza. È costoso perché, in un mercato in forte rialzo come quello dell’IA, la banca deve pagare interessi per il prestito dei titoli e rischia perdite (teoricamente illimitate) se il mercato, anziché scendere, continua a salire.

Cos’è un “Synthetic Risk Transfer” (SRT) in parole semplici? È un’operazione finanziaria complessa, assimilabile a un’assicurazione. La banca (DB) non vende i prestiti che ha in pancia, ma compra una “protezione” su di essi. Paga un premio a degli investitori terzi (come fondi speculativi) e questi si impegnano a coprire le eventuali perdite se quei prestiti non venissero ripagati (default). In questo modo, la banca “trasferisce sinteticamente” (cioè senza vendere l’asset) il rischio di credito a qualcun altro, liberando capitale e riducendo la propria esposizione.

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