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Economia

Brandy Amaro: la Cina colpisce l’UE con dazi pesanti, svelando la debolezza di Bruxelles

La Cina impone dazi shock sul brandy UE. Analisi cruda sulla debolezza della Commissione Europea e l’enorme influenza di Pechino dietro le quinte della guerra commerciale.

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Un nuovo, amaro capitolo si apre nella sempre più tesa saga commerciale tra Cina e Unione Europea. Pechino ha annunciato l’imposizione di dazi antidumping fino al 34,9% sul brandy importato dall’UE, un colpo durissimo che arriva proprio mentre i rapporti diplomatici sono ai minimi storici. .

La notizia, rilasciata venerdì dal Ministero del Commercio cinese, è chiara: a partire da domani, 5 luglio 2025, il brandy europeo in contenitori inferiori ai 200 litri sarà soggetto a nuove, pesantissime tasse. Colossi francesi come Jas Hennessy vedranno i loro prodotti colpiti da un salasso del 34,9%, mentre Remy Martin e Martell affronteranno aliquote rispettivamente del 34,3% e del 27,7%. Un macigno per un settore che già lamenta perdite di 50 milioni di euro al mese e che vede nella Cina un mercato da 1,4 miliardi di euro l’anno.

Il Dazio del Brandy: Vendetta o Segnale di una Cessione?

La versione ufficiale di Pechino parla di “dumping” e di “minaccia di danni sostanziali” all’industria domestica del brandy. Questa indagine era partita lo scorso anno, pochi mesi dopo che l’UE aveva avviato un’indagine sui sussidi cinesi ai veicoli elettrici (EV). Una tempistica che, a molti, è sembrata subito una chiara ritorsione. E infatti, a ottobre scorso, l’UE ha imposto dazi aggiuntivi fino al 35% sulle importazioni di EV cinesi. La Cina, dal canto suo, ha subito presentato ricorso al WTO.

L’Europa, trovandosi in un persistente deficit commerciale con la Cina, detiene potenzialmente una posizione di forza significativa. In teoria, i paesi dell’UE potrebbero infatti applicare ritorsioni molto più incisive, poiché la Cina dipende maggiormente dalle esportazioni verso l’Europa di quanto l’Europa dipenda dalle importazioni cinesi. Per dare un’dea della dimensione di questo deficit, la differenza fra import ed export della UE nel 2024 è stato pari a 333 miliardi di dollari, superiore perfino all’export della UE verso Pechino.  Un deficit commerciale, in questo senso, può essere una leva potente, se c’è la volontà politica e la coesione per sfruttarla.

Se la Commissione fosse diretta da Trump avremmo subito contro dazi del 100% che, dopo un paio di settimane, riporterebbero Pechino sulla Terra. Invece il governo cinese sa benissimo di avere a che fare con una Commissione debole, che non ha coraggio, divisa, e probabilmente perfino influenzata dal governo cinese. Quindi, nonostante la possibilità di reagire, e in modo efficace e massiccio, la Commissione non farà nulla.  La Cina non ha bisogno di un “avanzo” commerciale per imporre dazi; la sua influenza politica ed economica le consente di agire con una libertà e una determinazione che a Bruxelles spesso mancano, impedendo all’UE di trasformare la sua potenziale forza commerciale in una reale leva negoziale.

Un Hennessy, uno dei cognac fra i più pregiati, colpiti dai nuovi dazi

L’Ombra Lunga di Pechino su Bruxelles

La questione non è solo economica, ma profondamente politica. Mentre il diplomatico cinese Wang Yi ha incontrato i suoi omologhi europei in un tour ad alta tensione questa settimana – con il ministro degli Esteri francese Jean-Noel Barrot che ha affrontato il dossier brandy proprio venerdì a Parigi – le celebrazioni per il 50° anniversario dei rapporti diplomatici tra Cina e UE, previste per questo mese, si svolgono in un clima di gelo.

Le tensioni commerciali sono solo una parte del quadro. La posizione ambigua di Pechino sull’invasione russa dell’Ucraina, che Bruxelles interpreta come un tacito sostegno a Mosca, aggiunge ulteriore benzina sul fuoco. Questa complessa rete di interconnessioni, dove gli interessi economici si mescolano a quelli geopolitici, fa emergere una verità scomoda: la Commissione Europea, spesso, sembra costretta a danzare al ritmo dettato da Pechino.

L’imposizione dei dazi sul brandy non è un atto isolato di ritorsione economica; è un chiaro segnale del potere di leva della Cina, un monito che la sua influenza va ben oltre il mero interscambio commerciale. E mentre il brandy europeo si prepara a un futuro più amaro, la domanda che molti si pongono è: fino a che punto l’Europa sarà disposta a cedere terreno sotto la pressione di Pechino?


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