Attualità
Dai negativi ai negazionisti: la breve strada della manipolazione
Uno dei sintomi più affidabili della follia è la negazione della realtà. Il matto non vede ciò che i sani normalmente vedono e vede ciò che i sani non vedono. Da questo punto di vista – quello dei sani, intendo, non quello dei matti – viviamo in una società completamente ammattita. Essa, infatti, in larga maggioranza, vede un pericolo mortale, imminente, assoluto adesso che quel pericolo non c’è. Mentre non vedeva un pericolo emergente, effettivo, concreto, quando quel pericolo c’era.
Di conseguenza, ai tempi della maggiore virulenza del Coronavirus, i leader di questa società invitavano a farsi beffe di un agente patogeno la cui sbandierata “cattiveria” era l’essere portatore insano di razzismo. Oggi, i leader della stessa società impongono misure da campo di rieducazione cambogiano per difenderci da un Covid-19 il quale, a detta della “Scienza” e della “Statistica”, ha la letalità di un raffreddore in estate. E tuttavia, in una società impazzita, secondo voi, quali soggetti saranno additati al pubblico ludibrio come negatori della realtà? I sani o i matti? Ovviamente i sani.
E qual è il modo migliore per “blindare” questo spettacoloso capovolgimento di fronte, da un punto di vista comunicativo? Mettere in circolazione un virus di tipo diverso rispetto a quelli biologici. E cioè un virus “cognitivo-comportamentale”. A dispetto della locuzione difficile, si tratta di un concetto semplicissimo.
Il virus cognitivo-comportamentale è una specie di polpetta avvelenata psicologica. O, se preferite, una pillola “mentale” virale. Potrà trattarsi di un ragionamento erroneo, ma apparentemente valido, oppure di una frase “fatta”, verosimile nella forma quanto falsa nel contenuto. O magari sarà un neologismo, cioè una parola nuova, o un lemma desueto messo improvvisamente in circolo così da diventare, in un battibaleno, la “password” del momento; in grado di spiegare tutto e di falsificare altrettanto.
Per questo motivo, dovete alzare le antenne quando, a livello mediatico, si impone un termine “originale”. Nel nostro caso, quel termine è “negazionismo”. Il suo preciso scopo è quello di bollare alla stregua di matti i sani. E cioè quelli che negano le panzane del regime e si rifiutano di dar credito alla sua propaganda. Ma “matti” non è ancora abbastanza, per il Sistema.
Bisogna far capire al popolo bue che si tratta di matti pericolosi, da TSO. E, quindi, per calcare il concetto, hanno inventato un epiteto non solo offensivo (se sei negazionista, significa che neghi la realtà, e quindi sei matto da legare), ma “evocativo” al sommo grado. Infatti, fino a ieri il “negazionista” era lo spregevole negatore del dramma epocale dell’Olocausto. Capite quanto sottile, e potente, possa essere un vocabolo, il “verbo”, se dolosamente impiegato con il diabolico intento di inquinare i pozzi della coscienza collettiva e di un libero dibattito democratico?
Le parole sono “vive”. Ma possono anche uccidere. Sono giacimenti profondissimi di emozioni, sentimenti, stati d’animo. Per questo dobbiamo stare all’erta, e rifiutare deliberatamente il loro uso distorsivo o criminale. Il vero “negazionista” è chi nega il diritto di espressione, di critica, di dissenso. E per farlo non esita a manipolare la mente dei superficiali, degli ingenui, degli sprovveduti. Memore dell’antico adagio: vulgus vult decipi, ergo decipiatur. Il popolo vuol essere ingannato; dunque lo sia.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
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