Attualità
DA SOGNO A INCUBO: LA DISTRUZIONE SOCIALE DI ZINGONIA, NELL’INDIFFERENZA DELLA RICCA PROVINCIA BERGAMASCA. (Di Gabriele Airoldi)
Non è un paese, non è nemmeno un comune. Zingonia è un territorio posto nella zona meridionale della provincia Bergamasca, sorto negli anni sessanta per volere del Dottor Zingone, con l’obiettivo di costruire una città modello in grado di ospitare cinquantamila persone, dotata di spazi residenziali e lavorativi. Occorre premettere che Zingonia ospita la sede dell’Atalanta Bergamasca Calcio, centri medici di alto livello nazionale ed Europeo come il Policlinico San Marco e l’Habilita, assieme ad un polo industriale evoluto e degno di nota in tutta la provincia di Bergamo.
Parlando con Roberta, del “Comitato Pro Zingonia”, è stato possibile capire come un luogo dotato di simili opportunità e soprattutto edificato con un processo lungimirante di investimento, sia ora diventato vittima di un vero e proprio abbandono da parte di qualsiasi tipo di istituzione appellabile: Zingonia è attualmente la diretta, quanto inconsapevole discendente della più “blasonata” Scampia, contando una diffusione capillare del traffico di stupefacenti e del racket della prostituzione, tra le sue principali cicatrici.
Originariamente, “il non paese”, era stato diagnosticato come meta principale delle famiglie meridionali che ambivano al Nord Italia per far fare un salto di qualità alla propria vita; le basi lavorative, in effetti c’erano tutte quante. La macchina perfetta però, si inceppò a breve, quando Zingonia fu sezionata con righello e matita dai cinque comuni circondariali (Ciserano, Verdello, Verdellino, Osio Sotto e Boltiere), venendo scavalcata e totalmente zittita nella richiesta di avere una propria indipendenza amministrativa.
Questi cinque comuni chiusero i rubinetti degli investimenti, ma cosa ben più grave, smisero di preoccuparsi del destino di un territorio che fu lasciato completamente in balia degli eventi. L’assenza di regole, soprattutto nello Stivale, è direttamente proporzionale alla crescita di una sorta di autogestione malavitosa: le famiglie meridionali scapparono, sottese all’arrivo di immigrati extracomunitari, privi di permessi e di qualsiasi tipologia di documento, che occuparono gradualmente Zingonia, gettandola effettivamente nel baratro attuale, alimentato dai veleni di bande criminali e dai loro sporchi e comodi affari.
L’emblema del degrado è eclatante: Piazza Affari, ovvero la piazza principale di Zingonia, che negli anni ’80 era il principale centro di aggregazione giovanile del luogo, ora è un semplice centro di ritrovo tra spacciatori e consumatori, argomento leva della fuga di tutte le originarie attività commerciali della zona.
A novembre un omicidio brutale con machete annesso, dovuto ad un regolamento di conti tra bande, provoca l’attenzione dei media, ma purtroppo si sa bene quale sia la funzione dei giornali, che il giorno dopo la propria pubblicazione, sono utili ad avvolgere il pesce (io sarei per la carta igienica nello stesso giorno di divulgazione, ma solo per certi “giornalai”).
Le forze dell’ordine sono presenti a Zingonia, anche se in numero totalmente insufficiente per l’ingente mole di criminalità che la caratterizza, ma sempre forti della giustifica che vede il numero degli arresti compiuti in tal luogo, in perfetta tendenza con la media dell’intera provincia di Bergamo. La verità è che fa comodo confinare tutto il marcio in un territorio che da sé non può difendersi. È facile confinare la feccia in un territorio la cui voce non è manco ascoltata dal Prefetto di Bergamo, abile a impersonare la voce perbenista solo contro il movimento ultrà bergamasco (che piace tanto ai bravi cittadini del centro), ma non altrettanto capace di trovare soluzioni pronte a questo periferico buco nero, non avendo manco la decenza di rispondere alle mail del Comitato Pro Zingonia (si, proprio le mail sembrano essere l’unico metodo per raggiungere Signoria Vostra).
Se poi nella ricetta del piatto perfetto ci si aggiunge anche un ingrediente topico come i sindaci di sinistra, capeggiati dall’uomo da copertina (più presente sui giornali che sul campo), tale Sindaco Gori, allora è facile capire come Zingonia sia vittima pure di un perbenismo ostinato che la obbliga a sottostare ad un unico concetto, quello dell’accoglienza, che spesso esce dalle bocche fatate di chi, questo problema non l’ha manco mai sfiorato.
Questa accoglienza forzata, si esprime nella sua massima potenza nelle cosiddette “Torri”: esse sono palazzi che originariamente dovevano essere il fiore all’occhiello del progetto, ma che attualmente sono il simbolo del degrado del territorio bergamasco. Nelle Torri risiede la maggior parte della criminalità di Zingonia, ma la questione della residenza in sé è solo un mero punto di vista, dato che gli appartamenti, pur essendo quasi tutti occupati, sono abilitati alla fruizione di tutte le forniture, che non pagate hanno creato un ammanco superiore al milione di euro.
Nemmeno le care e vecchie banche hanno avuto la grazia di dare una mano, perché avevano la possibilità di acquistare tali appartamenti coadiuvando l’ALER, ma il basso costo orientato tra i duemila e gli ottomila euro degli stessi, non avrebbe permesso loro di avere un tornaconto di vendita necessario a sfamare il proprio avido appetito.
Tra i cinque comuni responsabili della disfatta, solo uno si sta muovendo in linea con la salvaguardia del territorio: il comune di Ciserano, ha provveduto a far murare gli ingressi di alcuni degli appartamenti per evitare nuovi accessi e nuove occupazioni, oltre a favorire una manovra di esproprio degli stessi in funzione della pubblica utilità, in vista di un progetto regionale di abbattimento che esiste da prima del 2013. Rovesciando la medaglia, la giunta comunale di Verdellino, impersona il Ponzio Pilato della situazione, rispondendo pacchianamente con il sostegno alla fondazione Cariplo, che vanta l’amore verso tutto e tutti, o comunque giù di lì. Degli altri comuni interessati, manco l’ombra.
Tornando al piano sopracitato della Regione Lombardia, approvato nel 2012 per la riqualificazione del sito con uno stanziamento di 5 milioni di euro, si può osservare come per l’ennesima volta nella storia italiana, le parole non seguano repentinamente ai fatti: tal progetto consisteva nell’abbattimento delle Torri nel lontano 2013 per la costruzione di un centro commerciale, ma, essendo giunti nel 2016 e vedendo ancora questi palazzi in completo equilibrio, è lecito chiedersi se la Regione si sia dimenticata accidentalmente del problema, o abbia preferito scavalcarlo e posticiparlo ulteriormente.
È pure legittimo domandarsi, quante realtà in Italia stanno vivendo la situazione di Zingonia, in un contesto di abbandono sociale, che vede la solita cruda realtà: lo stato, incarnato nelle sue mille branchie inefficienti, sta lasciando i propri figli in una situazione di disagio e pericolo, che vede la criminalità vivere liberamente fuori dalla propria porta di casa, con gli immobili della zona residenziale (abitati dalle stesse famiglie bergamasche che nel sessanta, avevano visto nel progetto qualcosa di buono) talmente svalutati che ormai hanno l’olezzo di debito.
Cosa deve succedere per scatenare l’attenzione delle autorità, in teoria competenti? E quello delle testate giornalistiche e dei loro fedeli adepti? Perché il problema deve essere messo a fuoco solo quando ci sono spargimenti di sangue e omicidi, e poi gettato in soffitta perché non fa più audience? Una vita spesa a lottare nel silenzio degli organi di potere, non è già di per sé un sinonimo di abuso? Ma soprattutto, come è possibile pensare di circoscrivere un problema avvelenando il destino di poche persone, per la tranquillità di un maggior numero di altre? La costituzione non prevede forse la tutela dello Stato senza nessuna forma di discriminazione nei confronti dei propri cittadini? Ai posteri l’ardua sentenza, rispettando lo scarica barile a cui ci hanno abituato, o che forse ci hanno imposto.
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