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Crisi in vista? Il colosso dei ricambi auto First Brands crolla sotto una montagna di debiti nascosti
Un gigante dei ricambi auto crolla sotto 10 miliardi di debiti “nascosti”: ecco perché ora Wall Street trema e cosa rischia l’intero settore.

Un gigante americano dei componenti per auto, First Brands, ha gettato la spugna, dichiarando bancarotta. La notizia, più che per la chiusura di un’azienda storica, ha fatto suonare i campanelli d’allarme a Wall Street. Il motivo? Una montagna di debiti che supera i 10 miliardi di dollari, accumulata con tecniche finanziarie a dir poco “creative” e che ora minaccia di innescare un effetto domino sull’intero settore automobilistico.
La società ha presentato istanza di protezione dal fallimento (il cosiddetto Chapter 11) nel Distretto Meridionale del Texas. Non si tratta più di una minaccia, ma di un destino segnato. Il problema, come spesso accade, non è tanto il fallimento in sé, quanto ciò che nasconde. First Brands, controllata da una società di private equity esterna ai circuiti più noti di Wall Street, aveva raccolto miliardi di dollari in prestito, esponendo l’intero sistema a un rischio significativo.
Già la scorsa settimana, analisti attenti come quelli di Goldman Sachs avevano lanciato l’allarme: l’azienda era a rischio massimo. Molti dei suoi prestiti viaggiavano a tassi di interesse da usura, superiori al 30%, sintomo di una disperata ricerca di liquidità. Si era parlato di una possibile ristrutturazione da 6 miliardi di dollari, ma la voragine si è rivelata ben più profonda.
L’ingegneria finanziaria che scricchiola: il “factoring”
Il cuore del problema, secondo Goldman Sachs, risiede in una tattica di indebitamento nota come “factoring“. In parole semplici, questa tecnica consiste nel:
- Vendere i propri futuri ricavi (le fatture non ancora incassate) a società finanziarie.
- In cambio, si ottiene liquidità immediata, essenziale per mandare avanti le operazioni.
- Questa liquidità, però, ha un costo elevato e crea una dipendenza pericolosa.
Questo meccanismo ha funzionato finché il mercato tirava. Ma con le prime difficoltà del settore automobilistico, acuite dalle tensioni commerciali e dai dazi dell’era Trump, il castello di carte ha iniziato a vacillare. L’effetto è stato quello di una valanga: per pagare i debiti pregressi, si ricorreva a nuovo “factoring”, in una spirale che ha finito per strangolare l’azienda. Alla fine il margine è stato completamente distrutto dai continui anticipi finanziari e per la società non è restato altro che il fallimento
Un Buco Nero nei Bilanci
Nonostante a marzo l’azienda dichiarasse “solo” 5,9 miliardi di dollari di debito a lungo termine, la realtà è che la cifra reale è quasi doppia. Il motivo sta proprio nel “factoring”, che spesso non compare nei bilanci tradizionali. A comprare questi futuri ricavi sono stati fondi di investimento e società finanziarie, come la nota Jefferies, che ora si trovano con un pugno di mosche in mano.
Il colpo di grazia, secondo il Financial Times, è arrivato quando uno di questi veicoli di investimento, fiutato il pericolo, ha chiuso i rubinetti della liquidità. Il crollo è stato quasi istantaneo, evidenziando tutta la fragilità di un sistema basato su debito fuori bilancio e sulla fiducia. Ora il timore è che il panico possa diffondersi, portando a perdite significative per gli investitori e replicando situazioni simili in altre aziende del settore.
Come si evince dalla tabella, la sproporzione tra attività e passività rende impossibile la continuità aziendale senza un profondo intervento del tribunale. Una commissione speciale avrà il non facile compito di indagare su questa massa di debiti “invisibili”. Con un buco di 40 miliardi di dollari si attende un vero e proprio massacro per i creditori, non solo i detentori di titoli, ma sorpattutto i fornitori di componentistica auto. L’ennesimo colpo a un settore già non florido.
Un futuro incerto
La fretta con cui First Brands si è rifugiata nella procedura fallimentare è anomala per un’azienda di tali dimensioni. Solitamente, si cerca prima un accordo con i creditori. In questo caso, la liquidità era talmente esaurita che non c’è stato tempo, né la volontà da parte dei finanziatori di rischiare ulteriormente. I dati economici reali devono essere ben peggiori di quanto sinora immaginato.
Nonostante il tracollo, l’azienda spera di poter continuare a operare dopo una pesante ristrutturazione. “Le azioni di oggi segnano un passo importante per stabilizzare le attività di First Brands e garantire un futuro a lungo termine”, ha dichiarato Chuck Moore, nominato Chief Restructuring Officer.
Questo è il secondo grande fallimento nel settore automobilistico statunitense questo mese, dopo quello di Tricolor, una società specializzata in prestiti auto per clienti a basso reddito. Due facce diverse della stessa medaglia, che mostrano le crepe di un sistema economico sempre più dipendente dal debito. La prossima crisi finanziaria deriverà dal settore auto?
Domande & Risposte
1) Cos’è esattamente il “factoring” e perché è considerato una pratica rischiosa?
Il “factoring” è una tecnica finanziaria con cui un’azienda vende le sue fatture (crediti verso i clienti) a un soggetto terzo, chiamato “factor”, in cambio di liquidità immediata. Sebbene legale e utile per la gestione del flusso di cassa, diventa rischioso quando usato in modo aggressivo. I costi sono alti e, soprattutto, può nascondere la reale situazione debitoria di un’azienda, facendola apparire più sana di quanto non sia. Se i clienti finali non pagano o se il mercato rallenta, il sistema collassa rapidamente, come nel caso di First Brands.
2) Questo fallimento potrebbe davvero innescare una crisi finanziaria più ampia?
Al momento, è improbabile che il solo fallimento di First Brands possa causare una crisi sistemica come quella del 2008. Tuttavia, rappresenta un importante campanello d’allarme. Rivela l’esistenza di una grande quantità di “debito ombra” nel settore del private equity e del credito privato, fuori dalla vigilanza tradizionale. Se molte altre aziende avessero utilizzato pratiche simili, la sfiducia potrebbe diffondersi rapidamente, causando una stretta del credito (“credit crunch”) e contagiando altri settori dell’economia, con conseguenze imprevedibili per Wall Street.
3) Chi sono i principali soggetti che perderanno denaro in questa bancarotta?
I primi a perdere saranno i creditori non garantiti e gli azionisti della società. Tuttavia, la vera particolarità di questo caso è il coinvolgimento di una vasta rete di fondi di investimento, banche d’affari (come Jefferies) e altri veicoli finanziari che hanno acquistato i “ricavi futuri” tramite il factoring. Questi soggetti, che pensavano di aver fatto un investimento sicuro, ora rischiano di subire perdite significative. Le indagini della commissione fallimentare cercheranno di stabilire una gerarchia tra i creditori per determinare chi verrà rimborsato e in quale misura, ma per molti le perdite saranno totali.

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