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Crisi Houthi-Isreale: la vittima rischia di essere l’Egitto

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Il Canale di Suez è un passaggio strategico tra il Mar Rosso e il Mediterraneo ed è oggi utilizzato da una media di cinquanta navi al giorno, ovvero 20.000 navi all’anno. È tanto più cruciale in quanto permette di trasportare risorse ai paesi (gas, petrolio, cibo, ecc.) e quindi influenza la risoluzione dei conflitti, ma, svolgendo queste funzioni, viene anche a essere una fonte finanziaria insostituibile per l’Egitto.

Se da un lato accorcia la distanza Bombay-Genova del 58%, dall’altro il Canale di Suez è diventato soprattutto la terza fonte di valuta estera dell’Egitto, dopo il turismo e i trasferimenti di denaro degli emigranti. Nazionalizzato dal colonnello Nasser nel 1956, il passaggio immaginato da Napoleone trasporta oggi circa il 10% del commercio marittimo mondiale.

Da allora, i ribelli Houthi, che sostengono Hamas nel suo scontro con Israele, vogliono attaccare questo passaggio lungo 195 km per destabilizzare gli alleati di Israele. In risposta a questa minaccia, il 19 dicembre gli Stati Uniti hanno annunciato di voler creare una nuova forza multinazionale di protezione marittima a cui partecipano diversi paesi euroropei compresa l’Italia.

Con la sua economia in crisi, l’Egitto è il primo paese a risentirne se il commercio marittimo si ferma. Nell’anno fiscale 2022-2023, il Canale di Suez ha fruttato al governo egiziano circa 8,6 miliardi di euro, un nuovo record.

Si tratta di un “aumento del 35%” rispetto ai 6,4 miliardi di euro registrati nell’anno fiscale precedente (luglio-giugno), secondo il presidente dell’Autorità del Canale di Suez (SCA), Oussama Rabie. Questo aumento si spiega con la crescita del traffico grazie alla nuova sezione scavata nel 2014 e nel 2015, che ora facilita l’attraversamento dei convogli e riduce il tempo di transito delle navi.

Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sissi, rieletto il 18 dicembre per il suo terzo mandato, ha intenzione di allargare ulteriormente il canale per evitare incidenti che potrebbero portare alla sua chiusura. Attualmente, il limite per le navi è fissato a 240.000 tonnellate e 66 piedi di pescaggio (20,1 metri).

Quando il Canale di Suez chiude, per l’Egitto è un disastro economico. Nel 2021, quando la Evergreen finì nel canale bloccandone il passaggio, l’Egitto perse tra i 12 e i 15 milioni di dollari per ogni giorno di chiusura. All’epoca, gli assicuratori stimarono che ogni giorno si sarebbero persi miliardi di dollari nel commercio marittimo mondiale.

A livello locale, le conseguenze sono immediate: il canale e le sue sette filiali danno lavoro a circa 15.000 persone e costituiscono un mondo a parte, con le sue scuole e i suoi centri ricreativi. È una tale manna per il paese che ogni anno l’Egitto annuncia un aumento delle tasse di transito (dal 10% al 15% a partire da gennaio 2023).

L’economia egiziana in crisi

Queste entrate per l’Egitto sono tanto più importanti in quanto il paese sta annegando nel debito. Da mesi l’inflazione è in costante aumento, aggravata dalla svalutazione della moneta di quasi il 50% in cambio di questi aiuti finanziari.

Ad agosto, l’inflazione ha raggiunto il +39,7%, il livello più alto di sempre in un paese la cui crisi economica si sta aggravando a causa della lentezza delle riforme richieste dai creditori.

D’altro canto, il governo sta finanziando mega-progetti. Tra i mega-progetti del presidente Abdel Fattah al-Sissi, i sussidi a numerosi prodotti e una politica monetaria a sostegno della sterlina egiziana, il debito estero è esploso. Ora è pari al 90% del PIL. L’Egitto non ha esitato ad attingere ulteriori risorse finanziarie dal canale in un momento in cui il governo deve negoziare con il Fondo Monetario Internazionale (FMI).

A dicembre, il Cairo ha ottenuto dal FMI il suo quarto prestito dal 2017, ma i tre miliardi di dollari che verranno erogati in quattro anni sono di scarsa importanza, dato che il servizio del debito per il solo periodo 2022-2023 ammonterà a 42 miliardi di dollari. Secondo Moody’s, il Paese è uno dei cinque più a rischio di insolvenza sul debito estero.

Peggio ancora, 71,5 milioni di egiziani dipendono ancora dal programma pubblico di sussidi alimentari, che comprende pane, riso, zucchero e pasta. In un anno, i prezzi dei generi alimentari sono aumentati del 71,9%, quelli dei trasporti del 15,2% e quelli dell’abbigliamento del 23,6%.

Di conseguenza, il 60% della popolazione vive al di sotto o appena al di sopra della soglia di povertà. Il paese di 105 milioni di abitanti, il più grande importatore di grano al mondo, è stato duramente colpito dalla guerra tra Ucraina e Russia, i suoi due principali fornitori.

L’impennata del valore del dollaro rispetto alla valuta nazionale sta avendo un impatto diretto sulle famiglie, dato che la maggior parte dei beni viene importata in Egitto in dollari.

Quindi il calo del traffico nel Mar Rosso e nel Canale di Suez, dovuto allo scontro militare fra gli Houthi e Israele, rischiano di vedere come sconfitto l’Egitto, troppo dipendente da un fragile commerciom internazionale. 

 


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