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Economia

Auto, una tempesta perfetta sull’Europa: tra dazi, calo della domanda e concorrenza cinese

Il settore auto europeo affronta una crisi profonda. Da Volkswagen a Stellantis, i costruttori tagliano le stime per il 2025 a causa di dazi, debole domanda e costi della transizione. Le prospettive restano negative.

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Il settore automobilistico europeo sta attraversando una fase di profonda crisi, esacerbata da una combinazione di fattori critici: il calo della domanda interna, un quadro normativo incerto e le politiche tariffarie, in particolare quelle promosse da Donald Trump negli Stati Uniti.

Le ultime settimane hanno visto i principali costruttori del continente lanciare allarmi sui profitti, delineando un quadro complesso per il presente e il futuro prossimo.

I giganti europei sotto pressione

Il Gruppo Volkswagen ha recentemente messo in luce la gravità della situazione, annunciando una revisione al ribasso delle sue previsioni di crescita per l’anno in corso. Il colosso tedesco, che controlla marchi come Audi, Seat e Skoda, non prevede più un aumento del fatturato del 5% rispetto al 2024, ma stima che rimarrà stabile. Di conseguenza, anche il ritorno operativo sulle vendite è stato ridotto, passando da una forchetta del 5,5%-6,5% a una più contenuta del 4%-5%. A pesare sui conti, un utile netto in calo del 36% e un impatto negativo di 1,3 miliardi di euro attribuito direttamente ai dazi.

La scia dei risultati deludenti prosegue con Stellantis. Il gruppo, che riunisce 14 marchi storici tra cui Fiat, Peugeot e Opel, ha previsto perdite per 2,3 miliardi di euro nel primo semestre del 2025, un’inversione di rotta drastica rispetto all’utile di 5,647 miliardi dell’anno precedente. La causa principale viene individuata nella politica tariffaria statunitense, che colpisce duramente un gruppo la cui produzione per il mercato nordamericano dipende da stabilimenti in Canada, Messico e dalle esportazioni dall’Europa. L’impatto di questa politica è stimato in 300 milioni di euro, con le vendite in Nord America crollate del 25% nel secondo trimestre.

Anche Renault, pur essendo meno esposta ai mercati statunitense e cinese, ha lanciato il suo profit warning. In un momento segnato anche dall’uscita dell’amministratore delegato Luca De Meo, l’azienda ha tagliato le stime sul margine operativo al 6,5% (dal 7% precedente) e sul flusso di cassa libero, ridotto a un intervallo tra 1 e 1,5 miliardi di euro dai 2 miliardi previsti.

Dazi e incertezza, le cause della crisi

La ristrutturazione tecnologica verso l’elettrico e la concorrenza sempre più agguerrita dei produttori cinesi stanno mettendo a dura prova i bilanci delle case automobilistiche europee. Tuttavia, sono i dazi a rappresentare, come sottolineato da diversi analisti, “la goccia che fa traboccare il vaso”.

“Il settore non riesce ancora a incrementare le vendite, i margini sono in sofferenza e c’è una forte concorrenza sui volumi da parte della Cina. Questo, unito ai dazi, sembra che quest’anno sarà un grosso problema”, ha commentato Pablo García, CEO di Divacons a  El Economista.

L’incertezza legata alla politica commerciale statunitense sta creando un “ambiente operativo volatile” e “sfide strutturali”, come afferma Lucas Pozza, analista di Scope Ratings. Sebbene molte aziende beneficino di una gestione finanziaria prudente e di ampia liquidità, le prospettive di credito per il settore rimangono negative. I produttori di alta gamma con una significativa presenza produttiva negli Stati Uniti, come BMW e Mercedes-Benz, sono in una posizione relativamente migliore per assorbire l’impatto dei dazi rispetto a gruppi focalizzati sull’esportazione come Stellantis e Volkswagen.

Un futuro complesso e prospettive negative

A causa di questo scenario, sia Stellantis, ora guidata da Antonio Filosa, sia Mercedes-Benz hanno deciso di sospendere le loro proiezioni per il 2025. Anche Porsche AG, parte del Gruppo Volkswagen, ha rivisto al ribasso le sue stime di crescita per l’anno in corso e ha ammesso di dover procedere con ulteriori tagli per sostenere la redditività.

Mentre l’Europa attende un piano strategico per il settore e impone a sua volta dazi sui veicoli elettrici cinesi, i costruttori tradizionali affrontano un altro anno dominato dall’incertezza. “Dopo un primo trimestre difficile, è improbabile che i risultati del secondo trimestre siano molto migliori a causa dell’incertezza tariffaria, dei costi della transizione elettrica e della debole domanda cinese”, conclude Pozza. Questi fattori continueranno a pesare su profitti e flussi di cassa per tutta la prima metà del 2025, e potenzialmente per l’intero anno. Però senza una ripresa decisa della vendita delle auto in Europa difficilmente potremo assistere a un effettivo miglioramento dei conti per l’auto europea, e le vendite non miglioreranno senza un deciso miglioramento dei conti.

 


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