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Corso avanzato di uso delle marionette: Greta Thunberg

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Vi riporto un un estratto dell’articolo di Antonio Grizzuti, comparso prima su La Verità e poi ripreso da Dagospia, nel quale si mette in luce come in fenomeno Greta Thunberg non sia stato frutto del caso, ma qualcosa di voluto, creato ad hoc, per scopi politici ed economici. Una grande ffurbata di comunicazione che ha solo un difetto: quello di essere troppo scoperto.

Non è cinismo, ma consapevolezza e stanchezza. Consapevolezza di quello che sta accadendo, e stanchezza di essere trattati, dai media, come una massa di deficienti. Tra l’altro è bellissimo vedere i giovani protestare contro i viaggi ((gli aerei inquinano, niente settimana a Londra e scordatevi gli USA) , gli smartphone (perchè i metalli rari usati nella loro realizzazione sono incredibilmente inquinanti), i libri (volete abbattere le foreste) gli abiti nuovi (volete sprecare?): sarebbe molto bello, ed economicamente vantaggioso, per i genitori far assaggiare loro un po’ di austero ecologismo.

Il famoso sciopero ambientale non ha avuto grosso successo in Grecia: a rendere tutti austeri ed ecologisti è bastata la Troika.

Buona lettura!

Greta incarna i desiderata ideali per la comunicazione mainstream, tanto affezionata ai temi dell’ ecologia e del cambiamento climatico: giovanissima, sveglia, caparbia, un po’ sfrontata e soprattutto affetta dalla sindrome di Asperger. Un dettaglio, quest’ ultimo, che contribuisce a renderla tecnicamente immune da ogni critica. Dopo il clamore iniziale, tuttavia, soprattutto in patria qualcuno ha iniziato a interrogarsi sulla genesi di questo fenomeno. Tra i più attivi Andreas Henriksson, giornalista investigativo svedese che si è occupato di ricostruire la rete di relazioni che ruota intorno alla giovane.”

“Dopo qualche mese di silenzio, l’ adolescente svedese torna improvvisamente alla ribalta. È il 20 agosto 2018 quando decide di dare il via alla sua protesta, piazzandosi solitaria e a gambe incrociate di fronte al Riksdag, il Parlamento svedese, con a fianco un cartello con su scritto: «Sciopero scolastico per il clima». Per caso o per fortuna, proprio in quel momento si trova nei paraggi Ingmar Rentzhog, fondatore a settembre 2017 della startup We don’ t have time (letteralmente «non abbiamo tempo», ndr), creata con l’ intento di promuovere il lancio di un nuovo social network (previsto per il 22 aprile prossimo) finalizzato a sensibilizzare l’ opinione pubblica sul clima, e che punta a raccogliere in breve tempo 100 milioni di iscritti. Pochi mesi prima, a maggio 2018, Rentzhog era stato nominato presidente del think tank Global utmaning (che significa «sfida globale», ndr), fondato e finanziato dall’ ex ministro milionario Kristina Persson. Dopo aver visto Greta, l’ uomo pubblica un post su Facebook accompagnato da alcune foto che ritraggono la ragazza seduta davanti alla sede del Parlamento, utilizzando non a caso l’ hashtag #Wedonthavetime..”

È il 24 novembre dell’ anno scorso, quando Rentzhog assegna a Greta Thunberg un posto nel board della sua startup. Solo tre giorni dopo, We don’ t have time presenta una campagna di fundraising per 30 milioni di corone svedesi (circa 2,8 milioni di euro), allo scopo di finanziare le proprie attività.

“Poco conta se l’ iniziativa di raccolta fondi raccoglierà poco più della metà dell’ obiettivo. L’ aspetto più inquietante è che nelle 120 pagine del prospetto informativo il nome di Greta ricorre ben 11 volte. Nel testo si legge, per esempio, che «gli esponenti di We don’ t have time sono stati i primi a notare Greta», veicolando la protesta sui social network e giocando perciò «un ruolo centrale nella crescita della sua popolarità». Svenska Dagbladet, il quotidiano che premiando Greta di fatto ha contribuito a lanciare la sua figura, la prende male e il 9 febbraio scorso titola: «Startup svedese ha usato Greta Thunberg per raccogliere milioni». Nell’ intervista, Ingmar Rentzhog, dopo essersi vantato di aver scoperto l’ adolescente, afferma che «non ci trova nulla di male», dal momento che «non si può campare di sole donazioni».”

“Certo, la favola dell’ adolescente coraggiosa e dei «giovani che vogliono cambiare il mondo» è molto più rassicurante. Ma è altrettanto singolare che nell’ epoca del fact checking, quasi nessuno si chieda cosa muova un fenomeno mediatico così prorompente. «Dietro Greta c’ è solo Greta», continua a ripetere il padre. Dopo questa storia, però, risulta davvero difficile credergli.”

Bisogna creare un nuovo motto: PUPAZZI DI TUTTO IL MONDO, UNITEVI!

 


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