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CONCORRENZA FISCALE INTERNAZIONALE. GENTILONI RISPONDE: ASPETTA E SPERA

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Il tema della concorrenza fiscale, sia all’esterno, sia all’interno della UE, è un tema di discussione ormai scottante e che potrebbe potrebbe perfino portare a misure di politica internazionale molto dure. Ad esempio da più parti si  suggerisce di denunciare il trattato contro la doppia imposizione fra Italia e Paesi Bassi a causa della concorrenza scorretta di Amsterdam nei confronti del nostro paese. Inoltre il comportamento opportunistico di alcuni paesi, Irlanda, Paesi Bassi, Lussemburgo ed Olanda in testa, porta a tensioni interne che potrebbero anche condurre, nel tempo, alla rottura dell’Unione. Tutto questo è rso ancora più grave dalle tensioni finanziarie causate dalla crisi del Coronavirus.

Antonio Maria Rinaldi, insieme a Vincenzo Sofo , Marco Zanni, Marco Campomenosi, Valentino Grant e Francesca Donato ha presentato un’interrogazione al commissario al Bilancio per conoscere se questi ritenesse opportuno prendere delle misure a proposito. Ecco il testo completo:

L’Unione europea ha il dovere di tutelare gli Stati membri stimolando la cooperazione e non la contrapposizione interna, soprattutto di fronte all’emergenza coronavirus per la quale i paesi colpiti, Italia in primis, necessitano di risorse straordinarie che l’UE ha affermato di voler contribuire a recuperare.

L’Autorità italiana Garante della Concorrenza e del Mercato stima che l’Italia perda ogni anno tra 5 e 8 miliardi di euro a causa della concorrenza dei paradisi fiscali interni all’UE, dove paesi come Irlanda, Lussemburgo e Olanda, attraverso offerte a società estere di tassazioni su dividendi e profitti di capitale estremamente convenienti, attirano investimenti in molti casi fittizi, atti esclusivamente a ridurre il peso fiscale in capo alle multinazionali, generando situazioni di concorrenza sleale e perdite fiscali per gli Stati in cui la ricchezza viene effettivamente prodotta.

Ciò premesso, può la Commissione far sapere come intende operare per tutelare Paesi come l’Italia dal dumping fiscale messo in atto da altri partner europei, come l’Olanda, cosicché gli Stati membri danneggiati da queste pratiche predatorie possano riappropriarsi delle risorse perse per utilizzarle, ad esempio, per affrontare la crisi coronavirus, garantendo che le imprese multinazionali paghino i tributi nei Paesi dove realmente operano e generano profitti?

La risposta del Commissario Gentiloni è la seguente:
Il codice di condotta in materia di tassazione delle imprese svolge un ruolo importante nella regolamentazione della concorrenza dannosa all’interno dell’UE. È importante garantire che il codice di condotta resti aggiornato in un contesto in rapido mutamento. A tal fine la Commissione pubblicherà a breve una comunicazione sulla buona governance fiscale, che comprenderà, tra l’altro, alcune idee preliminari per la riforma del codice di condotta in materia di tassazione delle imprese.

Più in generale, l’attuale sistema internazionale di tassazione delle imprese necessita di un’importante riforma e la crisi del coronavirus rende sempre più urgente una soluzione globale basata sul consenso. Tra i paesi vi sono nuove e crescenti forme di concorrenza fiscale e tale concorrenza dannosa è sfruttata da alcune imprese per evitare di pagare una giusta quota. La Commissione sostiene l’operato in corso dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE) nell’ambito di un approccio basato su due pilastri per modernizzare i sistemi fiscali globali.

Il secondo pilastro di tale progetto mira a introdurre un livello minimo effettivo mondiale di tassazione, al fine di stabilire una soglia minima alla concorrenza fiscale e colmare le lacune ancora esistenti dopo le riforme precedenti (2015) dell’OCSE sull’erosione della base imponibile e sul trasferimento degli utili (BEPS). Nonostante le sfide della Covid-19, l’obiettivo rimane quello di raggiungere un accordo entro la fine del 2020, che la Commissione recepirà nel diritto dell’Unione.

Qualora non si raggiunga alcun accordo in sede di OCSE, la Commissione si impegna a intervenire a livello dell’UE e la progettazione di tali misure terrà conto delle attuali discussioni mondiali.

Traduciamo per i non eurofanatici: la Commissione si rende conto del  problema e le risorse extra farebbero comodo adesso. Infatti una delle varie idee è di usarle per finanziare il Recovery Fund. Però non ha nè la voglia nè i poteri di impostare ora una vera discussione con gli stati nazionali, allora lascia che sia l’OCSE, nell’ambito di una discussione mondiale, a definire l’imposizione fiscale minima per le società. Solo se questa fallirà interverrà la Commissione, ma ci vedete l’Irlanda o il Lussemburgo giocare correttamente nel campo fiscale, con una aliquota simile a quella, ad esempio, di Francia, Germania o Italia? Neanche nei sogni più spinti, e per fare di una norma simile una legge europea i vuole l’unanimità in Consiglio, dove sono presenti tutti i Paesi. Quindi questo accadrà solo quando vedremo i tacchini andare da soli in pentola a Natale…


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