Attualità
COME I TRATTATI DELL’UE HANNO TRADITO E SUPERATO LA NOSTRA COSTITUZIONE: Gravi aspetti di criticità in merito all’esercizio della FUNZIONE LEGISLATIVA (di Giuseppe Palma)
La maggior parte delle Costituzioni nazionali degli Stati membri dell’Unione Europea sono nate dopo la Seconda Guerra Mondiale, e sono il frutto del sangue versato da ciascun popolo durante circa sei anni di crimini ed atrocità di cui l’Umanità è ancora oggi scossa e provata. Tra queste Costituzioni c’è anche la nostra (elaborata ed approvata da un’Assemblea Costituente eletta direttamente dal popolo), la quale nasce sia come reazione a circa vent’anni di fascismo, sia come reazione all’occupazione tedesca. E’ tuttavia un’argomentazione approssimativa quella di considerare la nostra Costituzione come mera espressione di reazione a quanto predetto; ritengo, infatti, che le radici della nostra Carta fondamentale dello Stato siano molto più antiche, tant’è che nel mio ultimo libro (“IL MALE ASSOLUTO. Dallo Stato di Diritto alla modernità Restauratrice […]” – Editrice GDS, 2014) ho scritto: “[…] la nostra Costituzione è frutto non solo della lotta al nazi-fascismo (argomentazione fin troppo riduttiva), ma è anche il risultato di ben due secoli di lotte e sofferenze, è il fiore sorto dal profondo di un terreno coltivato di morti e sangue, il riflesso degli ideali e delle lotte che vanno dai primi moti rivoluzionari del 1820-21 alla fine della Seconda Guerra Mondiale, è il prodotto del sangue sgorgato dal petto di Goffredo Mameli e della sofferenza patita da Giuseppe Mazzini, è la proiezione dei versi del Marzo 1821 di Alessandro Manzoni e delle parole de La Leggenda del Piave di Giovanni Ermete Gaeta, è l’eredità del sangue versato durante la Grande Guerra dai Ragazzi del 99’ e delle preghiere di tutte le madri che durante l’occupazione tedesca affidavano le anime dei propri figli a Dio … la nostra Costituzione nasce quindi da un urlo antico, forse ancor più antico di quanto ho premesso, tant’è che sono convinto che bisogna ricercare le nostre radici comuni di resistenza all’oppressione addirittura nel momento in cui Roma cade sotto le spade dei barbari! Un autentico grido di dolore che un intero popolo vede terminare con l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana del 1948. Questa, e non altro, è la nostra Costituzione!”. Non potendo in questa sede, per ovvi “limiti editoriali”, sviluppare a pieno l’intero argomento del rapporto tra i Trattati dell’UE e la nostra Costituzione, mi limiterò a riportare solo un esempio, cioè quello dell’esercizio della FUNZIONE LEGISLATIVA (ossia il potere di fare le leggi) a livello europeo, e quindi – molto in breve – il rapporto tra la produzione legislativa sovranazionale e quella nazionale. Premessa. Un numero elevato di esseri umani deceduti nel periodo che va dalla Rivoluzione francese alla Seconda Guerra Mondiale (passando dai moti rivoluzionari dell’Ottocento), sono morti anche per questo motivo: assegnare ad un Parlamento eletto direttamente dal popolo il potere esclusivo di esercitare la funzione legislativa, cioè il potere esclusivo di fare le leggi! Bene. Se in Francia la Rivoluzione partorì la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino (1789) e la Costituzione del 1791 (ed entrambe andavano in questo senso), in Italia – dopo i moti del 1848 – il regno di Sardegna concesse lo Statuto Albertino (anch’esso assegnava la funzione legislativa al Parlamento), mentre a Roma – nel 1849 – accadde qualcosa di più grande: la Repubblica Romana di Mazzini concepì una Carta fondamentale dello Stato che sarà la Madre morale e giuridica della nostra Costituzione vigente. La Costituzione della Repubblica Romana fu discussa ed approvata (sotto il cannoneggiamento francese) da un’Assemblea Costituente democraticamente eletta a suffragio universale e diretto, e in essa era previsto che l’esercizio della funzione legislativa dovesse spettare unicamente ad un’Assemblea eletta dal popolo a suffragio universale e diretto. Arriviamo quindi alla nostra Costituzione vigente (quella entrata in vigore il 1° gennaio 1948), la quale, riprendendo idealmente la Costituzione della Repubblica Romana, prevede nella sua Parte II che l’esercizio della funzione legislativa spetti esclusivamente ad un Parlamento eletto dal popolo a suffragio universale e diretto (fatta eccezione per i casi del decreto legge e del decreto legislativo – di competenza del Governo – che comunque si collocano in una cornice fiduciaria tra potere legislativo ed esecutivo), in un sistema di bicameralismo perfetto (cioè un progetto o un disegno di legge che vogliano diventare legge, devono essere approvati nel medesimo testo sia dalla Camera dei deputati che dal Senato della Repubblica)… Questa, molto in breve, una delle conquiste democratiche costate centinaia di milioni di morti… Riepilogando quanto sopra premesso, e prendendo ad esempio il nostro ordinamento costituzionale, uno degli elementi più importanti sotto l’aspetto dell’esercizio della funzione legislativa è il seguente: perché un progetto o un disegno di legge diventino legge (e quindi producano effetti giuridici), oltre a dover superare il doppio passaggio parlamentare (il cosiddetto bicameralismo paritario), devono percorrere una procedura democratica dettata a tutela delle minoranze, così come stabilito dagli artt. 70 e segg. della Costituzione… In pratica, perché i cittadini italiani siano destinatari dell’applicazione di norme giuridiche (le leggi), queste devono essere esclusiva espressione della volontà di un Parlamento eletto direttamente dal popolo, in modo tale che quest’ultimo abbia un controllo di natura elettorale e politica sul Parlamento stesso… e per come è scritta la nostra Costituzione, le procedure di adozione delle leggi garantiscono ampiamente anche le minoranze. Infine, una volta terminato l’iter di formazione delle leggi, queste sono sottoposte alla promulgazione del Presidente della Repubblica, il quale può esercitare la facoltà del rinvio al fine di chiedere alle Camere una nuova deliberazione. Non contenta, l’Assemblea Costituente introdusse anche un controllo postumo sulle leggi e sugli atti aventi forza di legge, assegnando alla Corte Costituzionale il potere di giudicare sulla conformità di una legge – o di un atto avente forza di legge – al dettato costituzionale. Non è un caso, infatti, che la nostra Costituzione sia definita la più bella e la più democratica del mondo; ma una meraviglia del genere (al pari di tutte le Costituzioni degli Stati membri dell’UE) dava e da fastidio al nuovo Ancien Régime rappresentato da questa Unione Europea. I Trattati dell’UE (quindi dal Trattato di Maastricht in poi) hanno – di fatto – sospeso l’efficacia delle Costituzioni degli Stati membri dell’Unione, e in primis hanno reso inefficace il sacrosanto principio che la funzione legislativa spetti esclusivamente ad un Parlamento eletto direttamente dal popolo. Infatti, come previsto – da ultimo – dal cosiddetto Trattato di Lisbona (che non è un unico Trattato ma è un’accozzaglia di norme incomprensibili e scoordinate tra di loro con le quali si sono riformati due precedenti Trattati), la funzione legislativa a livello europeo non spetta più al solo Parlamento, bensì congiuntamente a due organi, vale a dire al Consiglio dell’UE (altrimenti detto Consiglio o Consiglio dei Ministri, un organismo non eletto dal popolo e composto – a livello ministeriale – da un membro per ciascuno Stato membro) e al Parlamento europeo (composto da deputati eletti direttamente dai cittadini di ciascuno degli Stati membri dell’UE), ed entrambi la esercitano (cioè fanno le leggi europee) in una procedura congiunta di adozione dell’atto giuridico dell’Unione. Fin qui, almeno apparentemente, non ci sarebbe nulla di eccessivamente preoccupante, e invece adesso capirete come la democrazia è stata tradita e calpestata dai Trattati europei. Attraverso diverse pronunce susseguitesi nei decenni da parte della nostra Corte Costituzionale (che con gli anni è diventata uno strumento di potere al servizio della dittatura oligarchica dell’UE), gli atti giuridici dell’Unione Europea (mi riferisco in questo caso specifico al Regolamento dell’UE) sono direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri, e, in caso di contrasto tra un Regolamento dell’UE e una legge approvata da ciascun Parlamento nazionale, il primo (cioè il Regolamento) prevale sulla norma di diritto interno, cioè sulla legge nazionale. In altre parole, le Fonti del diritto europeo derivato (Regolamenti, Direttive etc…) si collocano – nella scala gerarchica delle Fonti del Diritto – su di un livello superiore rispetto alle leggi e agli atti aventi forza di legge approvati da ciascun Parlamento nazionale, quindi le leggi nazionali (cioè quelle approvate secondo le procedure democratiche previste ad esempio dalla nostra Costituzione), di fronte ad un contrasto con gli atti giuridici dell’UE, devono essere disapplicate direttamente dal giudice nazionale, cioè perdono di efficacia ad esclusivo vantaggio della normativa europea (approvata come vedremo più avanti). Per di più il Regolamento dell’UE, perché produca i suoi effetti giuridici direttamente vincolanti in ciascuno degli Stati membri dell’Unione, non necessita né di una ratifica (come avviene invece per i Trattati internazionali) né di alcuna procedura di recepimento da parte dei Parlamenti nazionali (come avviene ad esempio nel caso delle Direttive). Come ho scritto pocanzi, gli atti giuridici dell’UE (che, ripeto, superano le leggi nazionali) sono adottati dal Consiglio dell’UE e dal Parlamento europeo attraverso una procedura congiunta di adozione dell’atto. Questa procedura congiunta (limitandomi a spiegare brevemente solo quella ordinaria) è composta di quattro fasi (tre più quella dell’eventuale conciliazione che rappresenta la terza fase). In pratica, accade questo: la Commissione europea (un organo potentissimo non eletto e che esercita il potere esecutivo, quindi rappresenta il Governo dell’UE) presenta sia al Consiglio dell’UE che al Parlamento europeo le proposte degli atti giuridici da adottare. A questo punto (facendola molto breve perché le quattro fasi della procedura ordinaria sono difficilissime da spiegare in poche righe) il Parlamento europeo, per poter presentare emendamenti alle proposte della Commissione o eventualmente respingere o emendare le posizioni del Consiglio, necessita (in ogni caso) di un voto della maggioranza dei suoi componenti, cioè il Parlamento europeo ha il potere di emendare una proposta della Commissione o respingere la posizione espressa dal Consiglio solo con un voto a maggioranza assoluta dei suoi membri (50% + 1 dei componenti l’Assemblea)! Pazzesco, ma è così! E non è finita qui. Qualora la seconda fase della procedura ordinaria si concluda con un nulla di fatto, i Trattati prevedono una terza fase (cosiddetta di conciliazione) dove pochissimi membri del Consiglio dell’UE e del Parlamento europeo si siedono attorno ad un tavolo per mettersi d’accordo sul contenuto dell’atto giuridico da adottare; atto che (se trattasi di un Regolamento) sarà direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, senza alcuna ratifica né recepimento da parte dei Parlamenti nazionali! Se questa non è Oligarchia allo stato puro, ditemi che cos’è! Ciò detto, la funzione legislativa dell’UE (che come abbiamo visto incide direttamente sulla vita di tutti i cittadini europei e supera il frutto della funzione legislativa degli Stati membri) è esercitata congiuntamente da un Parlamento eletto direttamente dai cittadini di ciascuno Stato membro (che però, per “dire la sua”, deve necessariamente esprimersi a maggioranza assoluta dei suoi membri, e, semmai avesse l’indipendenza di “ribellarsi”, lo si fa sedere a tavolino nella segrete stanze) e da un organo – il Consiglio dell’UE – non eletto da nessuno e composto dai ministri di ciascuno Stato membro competenti per materia. Per quanto concerne, invece, l’iniziativa legislativa (cioè il potere della proposta degli atti giuridici da adottare), essa è esercitata dalla Commissione europea (il Governo dell’Unione, composto da soggetti non eletti e nominati da ciascuno degli Stati membri): a tal proposito qualcuno potrebbe obiettare che pure la Costituzione italiana assegna l’iniziativa legislativa anche al Governo (il quale può presentare alle Camere propri disegni di legge), ma il Governo italiano è legittimato ad esercitare le sue funzioni solo ed esclusivamente dopo aver ottenuto un voto di fiducia (per appello nominale) da parte di entrambi i rami del Parlamento. In Europa, invece, non è esattamente così: la Commissione europea non è destinataria di un vero e proprio voto di fiducia da parte del Parlamento europeo, infatti quest’ultimo elegge il Presidente della Commissione a maggioranza assoluta dei suoi membri (tenendo ovviamente conto del risultato delle elezioni europee), ma solo dopo mesi esprime un voto di approvazione nei confronti dell’intera Commissione, voto che non equivale – tecnicamente – ad un voto di fiducia come quello che conosciamo noi nel nostro ordinamento costituzionale. Medesimo discorso va fatto anche per un eventuale “voto di sfiducia”, che i Trattati definiscono “mozione di censura”, la quale può essere, sì, votata dal Parlamento europeo nei confronti della Commissione (e produce l’effetto delle dimissioni di quest’ultima), ma nella pratica è del tutto irrealizzabile perché occorre che la mozione stessa sia approvata dalla maggioranza dei 2/3 dei voti espressi dall’aula, sempre che il risultato non sia inferiore alla maggioranza dei membri che compongono il Parlamento! Tutto ciò premesso, appare dunque evidente come i Trattati dell’UE abbiano svuotato non solo le Costituzioni degli Stati membri, ma anche il Parlamento europeo, il quale non solo non esercita a pieno la funzione legislativa che è propria di un’Assemblea eletta direttamente dal popolo (principio costato centinaia di milioni di morti), ma non vota e non revoca – nella sostanza – la fiducia alla Commissione! Ciò detto, il sangue versato dalla Rivoluzione francese in avanti è stato vergognosamente tradito e calpestato da questa UE e dai suoi Trattati. Era la fine del 1997, e avevo da pochi mesi iniziato a frequentare il primo anno di Giurisprudenza all’Università di Lecce. Ricordo – come se fosse ieri – che il mio professore di Diritto Costituzionale diceva sempre che la nostra Costituzione è la Madre delle Fonti del diritto, e che anche i Trattati europei (nello specifico le leggi di autorizzazione alla loro ratifica approvate dal nostro Parlamento) le debbono essere conformi. Lascio al lettore ogni libero commento! E’ dunque giunta l’ora che il popolo si svegli e prenda coscienza!
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