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Crisi nucleare Iran: negoziati cruciali a Roma tra USA e Teheran

Il quinto round di colloqui nucleari tra Iran e Stati Uniti a Roma è decisivo. Teheran arricchisce uranio al 60%, Washington intransigente, e l’Iran non molla, mentre molti si aspettano un’azione d’Israele. Prospettive e rischi di un possibile fallimento.

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Venerdì 23 maggio 2025, Roma ospita il quinto round di colloqui nucleari tra Iran e Stati Uniti, i più alti contatti diplomatici tra i due Paesi dalla rottura dell’accordo nucleare del 2015 (JCPOA) sotto la presidenza Trump. Le discussioni seguono un pubblico scontro sull’arricchimento dell’uranio da parte di Teheran, con gli Stati Uniti che mantengono una linea dura.

Contesto e posizioni

Da quando è tornato alla Casa Bianca, Trump ha rilanciato la campagna di “massima pressione” sull’Iran, sostenendo i negoziati ma minacciando azioni militari in caso di fallimento diplomatico. L’Iran, strangolato dalle sanzioni che hanno devastato la sua economia, cerca un nuovo accordo che allevi queste restrizioni.

Tuttavia, le divergenze restano profonde. Durante l’ultimo round a Muscat, il rappresentante USA Steve Witkoff ha dichiarato che Washington non accetterà “nemmeno l’1%” di arricchimento dell’uranio, una posizione che Teheran considera una linea rossa, invocando i suoi diritti sotto il Trattato di Non Proliferazione.

Le dichiarazioni di Teheran

Alla vigilia dei colloqui, il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha sottolineato “differenze fondamentali” con gli USA, pur aprendo a maggiori ispezioni dell’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) sui siti nucleari iraniani. “Non ci sarà alcun accordo se gli Stati Uniti vogliono impedirci di arricchire uranio,” ha ribadito Araghchi.

L’Iran, che attualmente arricchisce uranio al 60% (ben oltre il limite del 3,67% previsto dal JCPOA, ma sotto il 90% necessario per scopi militari), difende il suo programma nucleare come civile, paragonandolo a quello di Paesi come Olanda, Belgio, Corea del Sud, Brasile e Giappone.

Tensioni geopolitiche

Sullo sfondo, l’ostilità tra Iran e Israele, principale alleato degli USA, complica i negoziati. Araghchi ha avvertito che un eventuale attacco israeliano alle strutture nucleari iraniane vedrebbe gli Stati Uniti ritenuti legalmente responsabili. La tensione è salita dopo un rapporto di CNN che cita fonti USA su possibili preparativi israeliani per un attacco.

Il grande vettore nord coreano Unha-1, dai cui progetti sarebbe derivato il missile iraniano

. Giovedì, Trump ha discusso della questione con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, affrontando anche il recente attacco mortale a due membri dello staff dell’ambasciata israeliana a Washington. L’Iran ha ben chiarito che, in caso di attacco israeliano ai siti iraniani, gli USA saranno considerati resposnabili.

Prospettive e rischi

I colloqui di Roma precedono la riunione di giugno dell’AIEA a Vienna, dove saranno valutate le attività nucleari iraniane, e l’imminente scadenza dell’accordo del 2015 a ottobre. Il JCPOA prevedeva la sospensione delle sanzioni in cambio di limiti al programma nucleare iraniano, ma il ritiro unilaterale degli USA nel 2018 ha spinto Teheran ad accelerare le sue attività nucleari.

Le potenze europee (Regno Unito, Francia e Germania) minacciano di attivare il meccanismo di “snapback” per reimporre sanzioni ONU se l’Iran non rispetterà gli impegni, un’azione che Araghchi ha definito potenzialmente “irreversibile” per i rapporti con l’Europa. Nello stesso tempo il conitnuo arricchimento dell’uranio rende sempre oscure e dubbie le vere intenzioni dell’Iran.


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