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Cina: la manifattura torna a contrarsi a sorpresa. La domanda interna langue, nonostante la tregua commerciale

I dati PMI di novembre deludono: domanda interna assente e immobiliare nel baratro. L’economia cinese frena bruscamente nonostante la ripresa dell’export.

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La locomotiva asiatica rallenta ancora. I dati PMI di novembre deludono le aspettative e segnalano una contrazione, smentendo l’ottimismo degli analisti. Mentre l’export tiene grazie alla tregua con gli USA, il mercato immobiliare e i consumi interni restano una palla al piede che Pechino non riesce a sganciare.

Se c’è una costante nelle analisi economiche sulla Cina degli ultimi anni, è la capacità di sorprendere in negativo proprio quando gli analisti si aspettano una ripresa. Anche questo novembre (2025, ndr) non ha fatto eccezione. L’attività manifatturiera cinese si è inaspettatamente contratta, gettando un’ombra lunga sulle prospettive della seconda economia mondiale.

Secondo il sondaggio privato condotto da S&P Global – noto come RatingDog China General Manufacturing PMI – l’indice è scivolato a 49,9, appena sotto la soglia psicologica e tecnica di 50 che separa l’espansione dalla contrazione. Un dato che fa male, soprattutto perché il consensus degli analisti Reuters puntava a un più rassicurante 50,5.

Due indagini, un unico verdetto: rallentamento

Come spesso accade in Cina, abbiamo due set di dati da analizzare: quello “privato” (RatingDog/S&P) e quello “ufficiale” governativo. Solitamente divergono, con il privato che tende a essere più ottimista poiché si concentra sulle PMI orientate all’export, mentre l’ufficiale guarda ai colossi di stato. Questa volta, però, la musica è triste su entrambi i fronti.

Ecco un quadro sintetico della situazione a novembre:

Indice PMIValore NovembreValore PrecedenteTrendNote
RatingDog (Privato)49.950.6ContrazioneSotto le attese (50.5). Minimo da luglio.
Ufficiale (NBS)49.249.0ContrazioneOttavo mese consecutivo di calo.
Non-Manifatturiero49.5ContrazionePrima volta sotto quota 50 da dic. 2022.

Mentre il dato ufficiale mostra un’attività industriale che si restringe per l’ottavo mese consecutivo, il sondaggio privato evidenzia come la crescita della produzione si sia fermata e i nuovi ordini siano stagnanti.

Il paradosso produttivo: si produce per l’estero, ma in casa non si compra

L’aspetto più interessante – e classicamente keynesiano – di questa crisi è la discrepanza tra domanda estera e interna.

Il sondaggio RatingDog/S&P Global nota che i nuovi ordini all’esportazione sono cresciuti al ritmo più rapido degli ultimi otto mesi. Le aziende cinesi stanno spingendo sui mercati internazionali, complici gli sforzi di sviluppo commerciale.1

Tuttavia, come sottolinea Yao Yu, fondatore di RatingDog: “I produttori hanno ridotto la forza lavoro e i volumi di acquisto, diventando più cauti nella gestione delle scorte”.2

In parole povere: le fabbriche non si fidano della tenuta della domanda. Se i cinesi non comprano, l’export da solo non basta a tenere accesi tutti i motori.

Il buco nero dell’immobiliare e degli investimenti

Non si può parlare di economia cinese senza guardare il “grande malato”: il settore immobiliare. I dati sono impietosi e mostrano una vera e propria recessione degli investimenti fissi:

  • Investimenti in attività fisse: -1,7% nei primi dieci mesi dell’anno (livelli che non si vedevano dallo scoppio della pandemia nel 2020).

  • Investimenti immobiliari: -14,7% nello stesso periodo, in peggioramento rispetto ai tre trimestri precedenti.

  • Vendite al dettaglio: Crescita rallentata al 2,9%, il livello più debole dall’agosto 2024.

L’indice PMI non manifatturiero (servizi e costruzioni) è sceso a 49,5, trascinato verso il basso proprio dal settore residenziale. È evidente che la crisi di fiducia delle famiglie cinesi, che vedono la loro ricchezza immobiliare erodersi, si traduce in una chiusura dei portafogli.

La geopolitica: una tregua fragile con Trump

In questo scenario cupo, l’unica luce sembrava arrivare dalla geopolitica. L’incontro di fine ottobre in Corea del Sud tra il Presidente Donald Trump e Xi Jinping ha portato a una tregua commerciale.

Gli accordi raggiunti sono significativi sulla carta:

  • USA: Sospensione dei dazi punitivi sull’export cinese, stop per un anno alle tasse portuali sulle navi cinesi e sospensione dei divieti tecnologici per alcune aziende.3

  • Cina: Giro di vite sul commercio illecito di Fentanyl, stop ai controlli sull’export di terre rare e ripresa degli acquisti di soia americana.

Tuttavia, gli economisti di Bank of America avvertono: “Una ripresa significativa della domanda è improbabile che arrivi facilmente”. La tregua riduce l’incertezza, ma non inietta denaro nelle tasche dei consumatori cinesi. Senza un “bazooka fiscale” (che tarda ad arrivare o non ha ancora sortito effetti), i rischi di deflazione persisteranno anche nel prossimo anno.

Una “Fabbrica buia” cinese, cioè una fabbrica completamente automatizzata, senza operai

Stagnazione in vista?

Tommy Xie di OCBC Bank prevede che la crescita cinese decelererà sotto il 4,5% nel quarto trimestre. Tutti gli occhi sono ora puntati sulla riunione del Politburo e sulla Central Economic Work Conference di fine mese.

La reazione dei mercati è stata tiepida: il CSI 300 ha guadagnato un misero 0,36% e lo Yuan offshore scambia a 7,07 contro il dollaro. L’inflazione è ai minimi e i prezzi alla produzione scendono per la concorrenza spietata e l’intrudizione spinta della robotica.

In sintesi, la Cina continua a soffrire di un eccesso di offerta e una carenza cronica di domanda. Fino a quando Pechino non deciderà di stimolare seriamente i consumi interni, anziché limitarsi a costruire fabbriche, il Dragone continuerà a volare basso.

Domande e Risposte

Perché c’è differenza tra i dati PMI “ufficiali” e quelli “privati” (RatingDog/Caixin)?

La differenza risiede principalmente nel campione di aziende analizzate. Il PMI ufficiale (NBS) si concentra su grandi imprese statali e industria pesante, offrendo una visione dell’economia “pianificata”. Il sondaggio privato (come quello di RatingDog/S&P Global, spesso associato a Caixin) copre un numero inferiore di aziende (circa 650 contro 3000) ma si focalizza su piccole e medie imprese private e orientate all’export.4 Spesso, il dato privato anticipa le tendenze di mercato meglio di quello governativo, essendo più sensibile alle dinamiche della domanda globale.

La tregua commerciale con Trump salverà l’economia cinese?

Non da sola. Sebbene l’accordo riduca l’incertezza e aiuti l’export (come dimostra l’aumento degli ordini esteri), non risolve i problemi strutturali interni della Cina. Il rallentamento è causato principalmente dal crollo del mercato immobiliare e dalla debolezza della domanda interna (consumi). Gli economisti, inclusi quelli di Bank of America, ritengono che senza massicci stimoli fiscali interni per sostenere i consumi delle famiglie, l’economia rimarrà stagnante e a rischio deflazione, indipendentemente dalle tariffe USA.

Cosa indica il calo degli investimenti fissi?

Il calo degli investimenti fissi (-1,7%) e in particolare il crollo degli investimenti immobiliari (-14,7%) indicano una grave crisi di fiducia e prospettive di crescita basse. Le aziende non investono in nuovi macchinari o infrastrutture perché non vedono un aumento della domanda futura. Questo è un segnale recessivo preoccupante: storicamente, la Cina ha sempre usato gli investimenti fissi (ponti, case, ferrovie) per drogare la crescita del PIL. Se questo motore si ferma, e i consumi non partono, il modello economico cinese rischia di incepparsi.

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