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Cina: il colosso dell’alluminio Zhongwang va in bancarotta con 64 miliardi di Dollari di debiti

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 Zhongwang Holdings, del discusso imprenditore cinese Liu, ha dichiarato bancarotta, e non si tratta di una società minore, ma del primo produttore cinese di estrusi di alluminio e il secondo a livello mondiale. Alla base c’è la combinazione di una serie di fattori, dall’aumento dei costi energetici ai dazi USA, alle conseguenze delle pratiche fraudolente negli USA, e questo fallimento, anche se non inatteso, avrà delle conseguenze a livello mondiale. La società capitalizzava 3,8 miliardi di dollari, ha 252 filiali, ma ha anche sommato 64 miliardi di Dollari in debiti, per una crescita incontrollata da Far West orientale.

In effetti, Liu ha fatto crescere Zhongwang attraverso acquisizioni alimentate dal debito. Poi ha diversificato in ogni sorta di impresa, inizialmente nazionale e poi estera, utilizzando solo la logica più lasca. Per esempio, l’acquisto di un produttore di yacht di lusso australiano non ha probabilmente fruttato nulla al gruppo.

Nel frattempo, l’acquisizione di un estrusore di tubi di alluminio tedesco di alta qualità, Aluminumwerk Unna, aveva più senso. Per lo meno, offriva il vantaggio di un’integrazione verticale nominale. Tuttavia, l’imposta cinese sulle esportazioni di billette significava che Zhongwang non avrebbe mai potuto rifornire in modo redditizio la sua acquisizione di materie prime. Di conseguenza, Una sarebbe sempre stata una filiale indipendente.

Poi l’accusa, tre anni fa, di truffa ai danni del fisco USA attraverso sei controllate situate nel sud della California. I pubblici ministeri hanno affermato che tra il 2011 e il 2014 le società hanno venduto 2,2 milioni di pallet di alluminio a un’entità statunitense controllata da Liu. Hanno poi utilizzato impianti di fusione per trasformare i pallet in prodotti commerciali. Infine, hanno effettuato “vendite” a società di comodo per gonfiare la posizione finanziaria dell’azienda. Questo complesso giro societario è stato condannato proprio quest’anno, con una sanzione a carico delle sei società per 1,85 miliardi di Dollari.

Lo stato difficilmente entrerà direttamente in un salvataggio di questo gruppo, anche se il suo fallimento potrebbe avere delle ricadute economiche importanti su tutto il sistema produttivo cinese. Molto più probabilmente ci saranno sia interventi di autorità locali sia, con maggiore intensità, quello di società statali del settore che si compreranno pezzi del gruppo di loro interesse, il tutto indirettamente finanziato dallo stato.

Comunque Zhongwang rimane, almeno in termini di capacità, il più grande produttore asiatico di estrusi di alluminio. Sebbene il mercato nazionale si ora ben rifornito, la chiusura della fabbrica del gruppo lascerebbe un buco considerevole nell’offerta di alluminio nazionale.

Restano comunque alcune domande interessanti. Ad esempio, chi emergerà tra le imprese statali per rilevare gli impianti ritenuti redditizi? Inoltre, il crollo di Zhongwang indurrà un cambiamento normativo nella supervisione di Pechino sul settore privato?

Dopo il fallimento di tante società immobiliari e di costruzione, di cui Evergrande è solo la punta dell’iceberg, il fallimento dei produttori del settore privato non è una tendenza che le autorità vogliono vedere perpetuarsi. Avremo in ritorno ai pesanti controlli statali?

 


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