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Celle solari organiche: una soluzione per grandi superfici e costi contenuti

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Quello che sta mancando ora è una fonte energetica che abbia la prospettiva di poter essere a costi accettabile e potenzialmente compatibile con la copertura di grandi superfici, destinabili ad altri usi come le serre agricole. Una soluzione potrebbe provenire dai film sottili con polimeri organici.

Lo studio su questo tipo di struttura, che si basa sull’utilizzo di polimeri con molecole a base di carbonio, non di silicio, coem avviene nelle celle a cristalli utilizzate ampliamene ora.  La ricerca sul fotovoltaico organico (OPV) ha avuto un boom tra il 2005 e il 2015, poi l’interesse è andato scemando anche per l’introduzione degli studi sulle celle e piroskivite, che però spesso utilizzano il piombo, tossico. Ora la crisi energetica ha riportato l’interesse su questo tipo di ricerca.  In Giappone il laboratorio del professor Itaru Osaka presso l’Università di Hiroshima lavora con i cosiddetti polimeri π-coniugati (pi-coniugati), che possono essere utilizzati per realizzare celle solari che convertono la luce in energia, in modo simile alle celle solari tradizionali, ma sono costruite in plastica.   Il polimero π-coniugato originale è il poliacetilene, scoperto dal team di Shirakawa. Le materie plastiche sono polimeri, cioè sono formate da lunghe catene di molecole che si ripetono.  A livello molto elementare, quando un elettrone in un orbitale π viene rimosso per effetto della luce solare , un elettrone nell’orbitale π adiacente può spostarsi e liberare spazio nel suo orbitale originale. Questo movimento di elettroni crea una corrente elettrica e trasforma essenzialmente la plastica in un materiale semiconduttore.

Il team di Itaru Osaka ha raggiunto un’efficienza del 16-17% con il suo fotovoltaico organico basato su polimeri coniugati π, ma ritiene che tranquillamente si potrebbe raggiungere il 18%, da confrontarsi con il 25% delle celle monocristalline al silicio il cui studio è però iniziato negli anni cinquanta del secolo scorso. Di per se poi questo tipo di cella potrebbe essere utilizzato a wafer con altre fonti fotovoltaiche, aumentandone la resa, oppure potrebbe essere utilizzato per coprire grandi superfici, dalle finestre di un grattacelo ai tetti alle serre agricole, alle barriere antivento, il tutto con, potenzialmente, su larga scala , costi molto più ridotti rispetto alle celle monocristalline perché non legati all’alto uso energetico necessario per la costruzione dei cristalli.

Sarebbe utile, in questo momento di crisi energetica, seguire con attenzione queste tecnologie e pensare  ad una filiera completa per la produzione e l’utilizzo di questi film su larga scala. Anche perché non c’è cosa meno intelligente che acquistare il fotovoltaico in Cina, dove i pannelli sono costruiti utilizzando l’energia del carbone, e per arricchire solo qualche già ricco miliardario.

 

 


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