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Crisi

CAVALLI DI TROIA E CONTROPARTITE NEGLI AIUTI DELLA BCE (di Nino Galloni)

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La Svizzera ha abbandonato il cambio fisso con l’euro. Forse è l’inizio dell’augurata fine per i prevedibili scombussolamenti dovuti alla nuova regolazione nelle posizioni debitorie. Infatti, alla Svizzera serve una moneta forte e, se si aspetta che l’euro continui a svalutarsi, deve abbandonare l’agganciamento; ma agli svizzeri serve di avere una moneta forte per comperare in euro e, così, danneggiarsi a livello della propria economia produttiva. Se i prezzi in dollari delle materie prime flettono, il dollaro deve flettere, invece si rivaluta in termini di euro. Allora, il prezzo del brent crolla non perché c’è la crisi (Cina, India, ecc. non sono in recessione come noi), ma perché le scommesse che si fanno a Londra coi futures sono pilotate a portare detti prezzi sotto il costo di produzione del nemico (la Russia), costi quel che costi.

 

A noi fa comodo l’euro debole: quello che non possiamo più esportare verso est lo invieremo oltre atlantico.

 

Ma il problema rimane uno solo: con un debito pari a 54 volte il PIL mondiale solo nella sua componente tossica, perché ancora non siamo in bancarotta o in guerra vera e propria?

 

Draghi si appresta a comperare i titoli del debito pubblico dei paesi euro (che, in fondo, sono, nella media dell’area, sostenibilissimi); il motivo, forse è semplice: abbandonato il fiscal compact nella sua delirante versione originaria, proprio grazie alle contropartite (maggiore dipendenza e minore democrazia) si ottiene l’obiettivo. Esso consiste nelle contropartite e il quantitative easing (strumento di recupero della sovranità monetaria senza contropartite) al pari delle ipotetiche ristrutturazioni dei debiti – vedi il Syriza programma – altro non è che il cavallo di troia delle potenze finanziarie per avvicinare detto obiettivo: la sottomissione di popoli, famiglie, Stati, imprese non finanziarie e adesso anche banche.

 

Questa Unione Europea è la formula per realizzare ciò in Europa. Occorre, quindi, pensare, discutere e rilanciare un’alternativa praticabile.

 

Quindi, alle prossime elezioni in Grecia o prevarrà la paura e Syriza non ce la farà o prevarrà la disperazione – come credo – e, allora, la ristrutturazione del debito greco o non si farà (per difendere i creditori soprattutto Tedeschi) o si farà a costi sociali e politici insostenibili.

 

Senza netta separazione del credito dalla finanza e senza ripristino della sovranità monetaria non ci sarà futuro.

 

Nino Galloni


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