Attualità
“Casa green”: una direttiva che sarà un costoso disastro, di cui pagheremo tutti il conto
Il Consiglio fa passare, con il voto contrario dell’Italia, la direttiva Casa Green. Costerà centinaia di miliardi per avere riduzioni minime delle emissioni, ma questo vuole il credo assoluto del cambiamento climatico
L’Ue ha detto sì alla direttiva sulle “case green”, nonostante no e astensioni. Il provvedimento, che impone agli edifici non residenziali standard minimi di prestazioni, è stato adottato nell’ambito dell’Ecofin nonostante i voti contrari di Italia e Ungheria. Si sono astenuti, invece, Repubblica Ceca, Croazia, Polonia, Slovenia e Svezia.
La direttiva sulle “case green” rientra nell’ambizioso piano del Green Deal che porta la firma del commissario Frans Timmermans, fino allo scorso 22 agosto Commissario europeo per il clima e Vicepresidente esecutivo della Commissione europea per il Green Deal europeo. Come tutti i piani ambiziosi europei sarà un gran disastro che porterà sollevamenti sociali e caos.
Una norma addolcita
La norma, nei tre anni di gestazione, ha subito numerose variazioni, ma comunque ci sono molti onerosi interventi che stati e famiglie saranno tenuti ad applicare, e sarà un bel disastroo.
Entro il 2030 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero, il resto del patrimonio edilizio avrà 20 anni di tempo per raggiungere le emissioni zero entro il 2050. Inoltre, i Paesi membri dovranno adottare misure per garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata dagli edifici residenziali di almeno il 16% entro il 2030, e di almeno il 20-22% entro il 2035. Come questo potrà accadere senza pesantissimi interventi edilizi resta un mistero.
Almeno il 55% della riduzione energetica sarà ottenuta attraverso la ristrutturazione degli edifici piu’ deteriorati, che rappresentano il 43% degli edifici residenziali con le prestazioni peggiori.
Infine, in base alla nuova direttiva, gli Stati membri dovranno ristrutturare il 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26% entro il 2033, adeguandosi requisiti minimi di prestazione energetica.
Poche esenzioni
I paesi membri possono decidere di esentare edifici specifici dall’applicazione delle nuove norme. Beneficiari delle esenzioni possono essere edifici storici, agricoli, luoghi di culto o edifici di proprietà delle forze armate. Almeno non avremo dei castelli cn il cappotto termico.
Chi paga?
La decarbonizzazione del settore edilizio non sarà a costo zero. Per questo gli stati sono chiamati a fare la loro parte attraverso sostegno finanziario, con particolare attenzione alle famiglie vulnerabili. “Bellissima direttiva, ambiziosa, ma alla fine chi paga, le famiglie, gli stati, l’Europa – da commentato il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti spiegando il voto contrario del nostro paese -. In Italia abbiamo esperienza su questo caso, ci sono stati pochi fortunelli che hanno rifatto le case con i soldi dello stato, che sono di tutti gli italiani, ed è una esperienza che dovrebbe insegnare qualcosa”.
Se il superbonus italiano è stato un disastro ricordiamo che ha riguardato neanche il 4% del patrimonio edilizio italiano. Pensate a quello che economicamente significa riformare una grossa fetta di patrimonio immobiliare euroopeo. qui si parla di cifre di migliaia di miliardi, di porzioni di PIL europeo importantissime. Chi paga?
Addio alle caldaie tradizionali
L’efficientamento energetico passa anche dall’eliminazione graduale delle caldaie tradizionali, che scompariranno completamente entro il 2040. La direttiva chiede che siano preferiti impianti a energia solare nei nuovi edifici, negli edifici pubblici e in quelli esistenti non residenziali in fase di ristrutturazione.
Allo stesso tempo dovranno essere predisposte infrastrutture per la mobilità sostenibile, compresi punti di ricarica per auto elettriche all’interno o accanto agli edifici, precablaggi o condutture per ospitare future infrastrutture e parcheggi per biciclette. Se poi le auto prenderanno fuoco nei garage sotterranei pazienza.
I passi nazionali da seguire con attenzione
La direttiva dovrà essere firmata e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale. Nei prossimi due anni gli stati dovranno recepire le disposizioni del provvedimento e scegliere le modalità per dare loro attuazione all’interno dei singoli ordinamenti. La normativa di applicazione nei singoli paesi sarà particolarmente impoortante. La Commissione riesaminerà la direttiva entro il 2028, alla luce dell’esperienza acquisita e dei progressi compiuti durante la sua attuazione.
Una norma demagogica. I cittadini voteranno altrove
le famiglie europee dovranno indebitarsi per decine di migliaia di euro per ristrutturare le case secondo queste nrme, e lo stesso dovranno fare gli stati. Il tutto per riduzioni del CO2 minime a livello globale, praticamente ininfluenti, ma la demagogia climatica vuole il suo sacrificio. Toccherà agli elettori europei rimettere in linea le priorità con el prossime elezioni che possono cambiare le maggioranze.
“È la scelta giusta. Pur attenuato, si tratta di un provvedimento ideologico, sbagliato e pericoloso”. Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, plaude al voto contrario del nostro paese alla direttiva sulle “case green”. L’associazione, sin dal 2021, ha sempre dichiarato la sua perplessità sulla norma.
Un atto che, secondo Confedilizia, tradisce un’impostazione “dirigista e coercitiva” nonostante le modifiche ottenute grazie all’impegno della “Confederazione a Roma e a Bruxelles” e “del Governo Meloni”. Il comunicato di Giorgio Spaziani Testa sottolinea come si sia passati “dal divieto di vendere e locare gli immobili privi di determinate caratteristiche energetiche (prima bozza), all’obbligo di raggiungere specifiche classi energetiche entro ravvicinate date prestabilite (testo in discussione fino a pochi mesi fa), per arrivare alla stesura oggi definitiva, che impone agli Stati di raggiungere determinate riduzioni percentuali del consumo medio di energia degli immobili”.
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