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Caccia all’Oro 2.0: come l’Elio svela i tesori nascosti nelle viscere della Terra
Una rivoluzionaria tecnica basata sugli isotopi dimostra l’origine mantellica dell’oro e permette di stimare la dimensione dei depositi prima di scavare.

Dimenticate il vecchio cercatore con il setaccio nel fiume o il geologo che picchietta le rocce in superficie. La nuova frontiera dell’esplorazione aurifera passa per la chimica fine e guarda molto, molto più in profondità. Una recente scoperta scientifica suggerisce che l’oro, quello vero, arriva direttamente dal mantello terrestre e che l’elio è la “bussola” per trovarlo.
La ricerca dell’oro ha sempre avuto un fascino particolare, un misto di avidità, avventura e scommessa economica. Tuttavia, in un mondo dove le risorse superficiali sono state ampiamente sfruttate, la geologia economica deve diventare chirurgica. Un nuovo studio condotto dall’Università di Glasgow e dal SUERC (Scottish Universities Environmental Research Centre) ha gettato una luce inaspettata – e potenzialmente molto redditizia – su come si formano e dove si nascondono i grandi depositi auriferi. La chiave di volta? Un gas nobile, inerte e apparentemente banale: l’elio.
Il mito sfatato: Crosta o Mantello?
Per decenni, il mondo accademico e l’industria mineraria si sono divisi su un punto cruciale. I grandi giacimenti d’oro nelle catene montuose, i cosiddetti depositi orogenici, nascono dalla fusione delle rocce calde sotto la crosta terrestre, oppure i metalli vengono mobilitati da fluidi caldi rilasciati durante il riscaldamento e la deformazione delle rocce crostali durante gli sconvolgimenti tettonici?
La risposta, secondo lo studio pubblicato sulla rivista Geology, propende decisamente verso la prima ipotesi: l’oro ha origine nel mantello profondo.
I ricercatori hanno analizzato campioni provenienti dalla cintura montuosa caledoniana, una struttura geologica che si estende dagli Appalachi in Nord America fino alla Norvegia settentrionale, passando per Scozia e Irlanda. Questa catena si è formata tra 490 e 390 milioni di anni fa, quando gli antichi continenti di Laurentia, Baltica e Avalonia entrarono in collisione. È qui, tra le pieghe di questa antica cicatrice terrestre, che la scienza ha trovato la sua “pistola fumante”.
La tecnica: Spettrometria di massa e isotopi
Il metodo utilizzato è tanto sofisticato quanto affascinante. Il team ha impiegato la spettrometria di massa ad alta precisione per analizzare i gas intrappolati all’interno di minerali solfuri ricchi d’oro (come la pirite), che agiscono come minuscole capsule del tempo geologiche.
Il focus è stato sugli isotopi dell’elio:
- Elio-3 (3He): Un isotopo primordiale, presente fin dalla formazione della Terra, tipico del mantello profondo.
- Elio-4 (4He): Prodotto principalmente dal decadimento radioattivo nella crosta terrestre.
Il rapporto tra questi due isotopi ($^3He/^4He$) funge da “firma genetica”. Se i fluidi intrappolati nei minerali auriferi mostrano un’alta concentrazione di Elio-3, significa che quei fluidi provengono direttamente dal mantello terrestre e non sono semplicemente acqua crostale riciclata.
Nota tecnica: I valori riscontrati nei solfuri auriferi (0.09−3.3 Ra) richiedono un contributo significativo di volatili magmatici “esalati”, implicando che il calore del mantello è intrinseco alla formazione del minerale.
Come l’Elio predice la grandezza del deposito
L’aspetto economicamente più rilevante dello studio non è solo l’origine dell’oro, ma la capacità di prevederne la quantità. I ricercatori hanno scoperto una correlazione diretta e sorprendente:
- Origine profonda: Tutti i depositi analizzati contenevano elio di origine mantellica.
- La regola della dimensione: La proporzione di elio di origine profonda e la temperatura dei fluidi mineralizzanti corrispondono alla dimensione del deposito d’oro.
In termini semplici: più forte è la “firma” del mantello (più alto è il rapporto isotopico dell’elio) e più caldi erano i fluidi, più grande è probabile che sia il giacimento. Il deposito di Curraghinalt, il più grande tra quelli studiati, si è formato dai fluidi più caldi e con la più alta percentuale di elio magmatico durante l‘evento Grampiano. Al contrario, i depositi più piccoli e tardivi si sono formati da fluidi più freddi.
Ecco una sintesi delle implicazioni per l’esplorazione:
| Caratteristica Analizzata | Indicazione Geologica | Implicazione Economica |
| Presenza di 3He | Connessione diretta con il mantello terrestre | Conferma il potenziale per depositi di tipo orogenico. |
| Alta temperatura dei fluidi | Forte attività magmatica sottostante | Possibilità di trovare vene aurifere di grandi dimensioni. |
| Basso rapporto 3He/4He | Fluidi crostali predominanti o raffreddati | Probabilità di giacimenti minori o marginali. |
Dove è stato applicato il metodo
Lo studio si è concentrato sulla Cintura Orogenica Caledoniana in Gran Bretagna e Irlanda, un laboratorio naturale perfetto per questa analisi. Nello specifico, sono state esaminate le miniere attive e i depositi noti:
- Cononish (Scozia): L’unica miniera d’oro commerciale della Scozia.
- Curraghinalt (Irlanda del Nord): Uno dei più grandi depositi d’oro non sviluppati al mondo per grado e tonnellaggio.
- Cavanacaw (Irlanda del Nord): Altra miniera attiva significativa.
Il professor Fin Stuart dell’Università di Glasgow ha sottolineato come la presenza di elio profondo in tutti i depositi della cintura caledoniana sia un segno inequivocabile che la fusione del mantello è essenziale. Questo cambia il paradigma esplorativo: non si cerca più solo la struttura geologica giusta nella crosta, ma si cercano i segni di antiche “ferite” che hanno permesso al magma del mantello di spurgare i suoi tesori verso la superficie.
Perché è importante (anche per l’economia)
Per gli investitori e le compagnie minerarie, questa scoperta è potenzialmente rivoluzionaria. L’esplorazione mineraria è costosa e ad alto rischio; trivellare alla cieca è un lusso che pochi possono permettersi.
L’utilizzo degli isotopi dell’elio offre un metodo geochimico relativamente semplice per discriminare tra un’anomalia mineraria insignificante e un potenziale giacimento di classe mondiale (“World Class Deposit”). Come ha affermato il Dr. Calum Lyell, questo potrebbe servire come indicatore chiave per l’identificazione di sistemi minerali in tutto il mondo, riducendo i costi di esplorazione e aumentando il tasso di successo nella scoperta di risorse strategiche.
In un’epoca in cui le banche centrali stampano valuta fiat a ritmi vertiginosi, sapere che la Terra ha un suo metodo preciso e rintracciabile per “stampare” oro reale, grazie al calore del mantello, è una notizia che ha del rassicurante, oltre che del scientificamente affascinante. Resta da vedere se questa tecnica potrà essere applicata anche ad altri metalli critici per la tecnologia, una domanda che, per ora, rimane aperta.
Domande e Risposte
L’oro proviene davvero dal centro della Terra?
Non esattamente dal centro (il nucleo), ma dal mantello, che è lo strato subito sotto la crosta terrestre. Lo studio dimostra che l’oro nei grandi depositi orogenici non è semplicemente “riciclato” dalle rocce superficiali, ma risale dalle profondità trasportato da magmi e fluidi caldi. L’elio-3 funge da tracciante per confermare questa origine profonda.
Questo metodo può essere usato per trovare l’oro ovunque?
Teoricamente sì, ma è specificamente efficace per i depositi “orogenici”, ovvero quelli formati durante la creazione delle catene montuose (come nelle collisioni continentali). La tecnica richiede l’analisi di minerali solfuri specifici (come la pirite) che hanno intrappolato i fluidi originali, quindi serve già aver individuato delle rocce target da analizzare in laboratorio.
Questa scoperta renderà l’oro meno prezioso aumentandone l’offerta?
Improbabile. Sebbene la tecnica possa rendere l’esplorazione più efficiente (“pinpointing”), l’estrazione mineraria rimane un processo lento, costoso e vincolato da normative ambientali. Questo metodo aiuta a capire dove scavare per avere maggiori probabilità di successo e per stimare la grandezza del giacimento, ma non crea oro dal nulla né rende l’estrazione immediata.









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