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Boom di Dimissioni Volontarie, oltre 1 milione in sei mesi: quali sono le cause?

L’INPS registra oltre il 30% di dimissioni in più ad inizio 2022: cosa sta succedendo in Italia

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Sono passati più di due anni dall’inizio della pandemia di Coronavirus e sono ancora evidenti le ripercussioni che questa ha avuto non solo dal punto di vista sanitario, ma anche socio-economico.

Fenomeno delle “grandi dimissioni”

Se si guarda alla situazione lavorativa in Italia, emerge subito come questa si sia modificata notevolmente dal 2020 ad oggi. Uno degli aspetti più degni di nota è che, a partire dal 2021, c’è stato un aumento consistente del numero di dimissioni. Una crescita talmente evidente che oggi si parla addirittura di fenomeno delle <<grandi dimissioni>>. Fenomeno evidente non solo nel nostro Paese, ma anche in altre parti d’Europa e negli Stati Uniti.

I dati italiani raccontano una realtà inequivocabile: dalle tabelle dell’Osservatorio sul precariato dell’INPS emerge come nei soli primi sei mesi del 2022 ci siano state più di 1 milione di dimissioni, relative a tutte le tipologie di contratto, con un’impennata del 31.73% rispetto allo stesso periodo l’anno scorso.

Guardando anche ai soli contratti a tempo indeterminato, l’aumento di dimissioni è stato del 22,18% nel primo semestre 2022 rispetto a gennaio-giugno 2021, con un totale di 624.047 dimissionari contro i 510.762 dell’anno scorso.

In molti casi le lavoratrici o lavoratori scelgono addirittura di lasciare il proprio posto senza aver un altro impiego come alternativa, compiendo così un vero salto nel vuoto.

Boom di dimissioni, le possibili cause

Quali possono essere le motivazioni principali che si nascondono dietro l’esplosione del numero di dimissionari?

Va fatta intanto una doverosa premessa: nei primi sei mesi del 2021 era ancora attivo il blocco dei licenziamenti, messo in campo dal Governo Conte bis per fronteggiare la crisi economica dovuta alla pandemia. Questo sicuramente ha influito sul cambio di tendenza per l’anno in corso, ma non giustifica comunque un aumento così massiccio di abbandoni del posto di lavoro.

Le cause principali difatti vanno rintracciate prima di tutto nella ricerca di condizioni economiche migliori e poi nella volontà di giungere ad un giusto bilanciamento tra lavoro e vita privata. Già il passaggio alla modalità in smart working per molte persone ha rappresentato un punto di svolta, perché ha fatto sì che il tempo impiegato in passato per raggiungere la sede di lavoro potesse essere invece dedicato al proprio tempo libero.

Non a caso, i risultati di una ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano (pubblicata a maggio 2022) mostrano come per un lavoratore/lavoratrice su quattro una delle ragioni principali che conduce alle dimissioni è il desiderio di avere modalità di lavoro più flessibili. Sempre lo stesso report rende evidente come uno degli aspetti più critici sia quello psicologico, infatti quattro persone intervistate su dieci si sono assentate almeno una volta nell’ultimo anno a causa di un malessere emotivo, dovuto all’assenza di riconoscimenti di merito e al non sentirsi allineati ai valori dell’azienda.

Il periodo di stop seguito al primo lockdown, quindi, ha portato alla luce un’insoddisfazione generale dei cittadini, che probabilmente già esisteva ma che era latente ed è esplosa in questo lungo periodo di pandemia.

A tutto questo si aggiunge un dislivello generazionale tra i cosiddetti baby boomer (nati tra il 1946 e il 1964) – che si trovano ai vertici delle aziende – e i millenial (nati tra il 1981 e il 1996) e la Generazione Z (nati tra il 1997 e il 2012). Infatti, secondo l’Associazione italiana direzione del personale (Aidp), i due gruppi formati dai lavoratori più giovani mostrano maggiore attenzione verso il benessere personale e cercano un equilibrio tra lavoro e tempo libero, motivo per cui sono stati ribattezzati Generazione Yolo, da <<you live only once>> (<<si vive una volta sola>>).

Dimissioni telematiche volontarie: cosa è cambiato

Ma quali sono oggi i passaggi richiesti per rassegnare le dimissioni? È cambiato qualcosa rispetto al pre-pandemia?

Le novità più significative relativamente alle modalità di presentazione delle dimissioni non risalgono in realtà al 2020, bensì al 2016: in seguito al «Jobs Act», a partire dal 12 marzo 2016, le dimissioni volontarie e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro possono essere effettuate esclusivamente in modalità telematica (articolo 26 del Dlgs 151/2015).

Con questa modalità viene garantita la certezza delle dimissioni e, contemporaneamente, il lavoratore è tutelato dalle cosiddette dimissioni «in bianco».

Inoltre, va detto che l’obbligo di presentazione delle dimissioni online offre un grande vantaggio ai cittadini: la possibilità di gestire la pratica comodamente da casa. Negli ultimi anni sono emerse diverse piattaforme che supportano virtualmente gli utenti nell’invio delle pratiche, senza che sia necessario recarsi fisicamente presso un Patronato o CAF. Una di queste piattaforme è Patronato.com, che offre consulenza specializzata su numerosi servizi e consente di inviare dimissioni telematiche online, in pochi minuti, tramite smartphone, computer o tablet.

Si fa presente infine che – entro i sette giorni successivi alla data di trasmissione del modulo di recesso – il lavoratore ha ancora la possibilità di revocare le dimissioni e la risoluzione consensuale, e può farlo sempre attraverso Patronato.com. Di conseguenza, il datore di lavoro può considerare cessato il rapporto di lavoro solo dopo i primi 7 giorni.


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