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Bologna: flash mob a favore del pianista Romanowsky, censurato dal sindaco Lepore

A Bologna, la cancellazione del concerto del pianista Alexander Romanovsky, accusato di essere pro-Putin, ha scatenato una protesta in Piazza Santo Stefano. I cittadini hanno ascoltato Chopin in streaming, difendendo il principio che l’arte non deve essere messa a tacere dalla politica.

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A Bologna, la musica non si arrende alla censura. In una Piazza Santo Stefano gremita da un centinaio di persone, la sera del 5 agosto è andata in scena una vibrante protesta contro l’annullamento del concerto del pianista Alexander Romanovsky. Striscioni con scritte come “Solidarietà a Romanovsky” e “l’arte non si censura” hanno fatto da cornice a un evento che ha trasformato un atto di boicottaggio in un’affermazione di libertà.

Il concerto, dal titolo “Favorite Chopin“, previsto all’interno della rassegna Bologna Estate, è stato cancellato a seguito di pesanti accuse rivolte al musicista, tacciato di essere un sostenitore di Putin. Ma i cittadini radunati in piazza, introdotti dall’attivista Davide Celli, non hanno accettato la decisione. Grazie a un collegamento streaming su Vimeo, le note di Chopin, suonate da Romanovsky dalla propria abitazione, hanno comunque riempito la piazza, in un atto di resistenza artistica e civile.

La vicenda solleva un interrogativo profondo. È giusto che la politica metta a tacere la musica? In una democrazia, vietare la parola è sempre un atto grave, ma qui la questione è ancora più sottile. Non si è censurato un comizio politico, ma l’esecuzione di capolavori universali. Romanovsky non era a Bologna per parlare di politica, ma per suonare Chopin.

Impedendogli di esibirsi, non si è colpito l’uomo e le sue presunte idee, ma si è privato il pubblico della bellezza della musica. La vera vittima di questa censura non è tanto il pianista, quanto Chopin stesso e l’idea che l’arte debba essere un ponte di dialogo, non un nuovo fronte di battaglia. La musica, per sua natura, dovrebbe unire e superare le divisioni, non diventarne pretesto. La serata di ieri a Bologna ha dimostrato che una parte della città crede ancora in questo principio.

Salviamo la musica, fino a mche è possibile, e non lasciamola sporcare dalla politica.


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