Attualità
Bangladesh in fiamme per le proteste dei giovani contro il sistema delle quote e il tradimento elettorale
I giovani protestano contro una politica che tradisce il voto democratico e lascia il ppotere in mano ai soliti
Gli studenti, che da giorni protestano in Bangladesh per chiedere l’abolizione delle quote nelle assunzioni pubbliche, hanno incendiato la sede della TV di Stato e altri uffici governativi in risposta alla dura repressione della polizia.
Solo ieri sono state uccise 32 persone. La protesta sta agendo da catalizzatore contro il primo ministro Sheikh Hasina, rieletta a gennaio ma in un voto boicottato dall’opposizione che la accusa di autoritarismo.
Ieri Dacca si è svegliata con internet e gran parte delle telecomunicazioni interrotte, dopo aver vissuto ieri le ore più drammatiche delle proteste in corso da giorni per le manifestazioni studentesche sulla questione delle quote per gli impieghi governativi. L’agenzia di stampa AFP riferisce di 32 morti solo nelle ultime 24 ore, portando a 39 il bilancio totale delle vittime dei disordini iniziati il 7 luglio. Gli scontri sono segnalati in almeno 26 distretti, quasi la metà di quelli del Paese.
Gli studenti hanno risposto alla dura repressione della polizia dando fuoco a diversi uffici governativi in una catena di violenze. Tra gli edifici dati alle fiamme a Dhaka c’era la sede dell’emittente statale Bangladesh Television, dalle cui frequenze il Primo Ministro Sheikh Hasina aveva lanciato un appello alla nazione. Le stesse forze di sicurezza lamentano assalti ai loro veicoli e affermano che useranno ogni mezzo per ristabilire l’ordine. C’è molta preoccupazione per l’interruzione delle telecomunicazioni, che rende impossibile avere un quadro chiaro della situazione: anche i siti di notizie locali sono inaccessibili.
La protesta è partita dalla questione delle assunzioni pubbliche – decine di migliaia di posti di lavoro in un Paese di 170 milioni di abitanti – in cui una quota del 30% è ancora riservata ai discendenti dei combattenti nella guerra di liberazione dal Pakistan del 1971, oltre che alla tutela delle minoranze e dei disabili. Una questione che rimane scottante in un Paese dove il premier è ancora la figlia di Mujibur Rahman, padre fondatore e primo presidente del Bangladesh.
La protesta degli studenti si intreccia con il malcontento che da tempo ribolle nel Paese per il carattere sempre più autoritario assunto dal governo di Hasina, che si è allontanata dalla tradizionale amicizia con l’India per avvicinarsi a Pechino.. Già alla fine dello scorso anno si erano registrate forti tensioni con la richiesta inascoltata dell’opposizione di un governo “super partes” per gestire le elezioni del 7 gennaio.
Un voto che ha visto per la quarta volta consecutiva la riconferma della Awami League di Sheikh Hasina, ma con un massiccio boicottaggio delle urne da parte dei movimenti legati al Partito Nazionalista del Bangladesh, la principale forza antagonista, la cui leader Khaleda Zia è agli arresti dal 2018 con l’accusa di corruzione.
Gli osservatori internazionali e alcuni governi occidentali hanno inoltre accusato il governo di Dhaka di utilizzare le leggi sulla sicurezza per imbavagliare qualsiasi forma di dissenso.
La questione delle quote, quindi, è diventata nelle ultime ore il catalizzatore dell’opposizione a Sheikh Hasina. E l’accusa del premier agli studenti di essere “fantasmi dei Razakar”, i collaboratori dell’esercito pakistano nella guerra del 1971, ha ulteriormente infiammato gli animi. L’accusa è, ovviamente, pretestuosa, un po’ come dare del fascista in Italia ai nostri giorni.
Ma l’equilibrio interno del Bangladesh – soprattutto la questione della tutela delle minoranze indù, buddiste e cristiane in un Paese a stragrande maggioranza musulmana – resta una questione estremamente delicata. La minaccia dell’estremismo musulmano nel paese è sempre presente e può portare ad una situazione di massima insicurezza.
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