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Banca pubblica per gli investimenti: habemus?

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Avevamo una banca pubblica per gli investimenti ma non ce n’eravamo accorti?

Banca del Mezzogiorno Medio Credito Centrale Spa, il cui amministratore delegato è il nipote del Presidente della Repubblica, Bernardo Mattarella, è controllata direttamente da Invitalia Spa (dal 17 agosto 2017), società presieduta fino a novembre scorso da Giuseppe Tesauro, il figlio dell’ex Garante Antitrust nazionale. Invitalia Spa ha un azionista unico, il Ministero delle Finanze.

E, guarda caso, poco tempo dopo l’annuncio del governo di dotarla di 900 milioni di euro da investire in Banca Popolare di Bari, il 2 gennaio 2020 Moody’s annunciava che la declasserà ulteriormente. Proprio per accertarsi di troncare qualsiasi possibilità di ripresa pubblica e di salvataggio di una Popolare, non sia mai!, il piano è di eliminarle dal paese e dalla Costituzione!

In quanto a CDP, i media ce l’hanno sempre presentata come una sorta di “banca pubblica”, ma la realtà è ben diversa. E’ vero che essa figura nel sito del Ministero dell’Economia tra le società partecipate “con strumenti finanziari quotati” (82% Mef) ma sono le fondazioni bancarie, enti bancari privati, a detenerne il 15% e, soprattutto, le azioni privilegiate. In pratica sono le fondazioni bancarie ad avere l’ultima parola.

La CDP francese (Caisse Dépots et Consignations, CDC), in cambio, è un’azienda pubblica a statuto speciale EPIC (établissement public à caractère spécial), che gode dell’immunità rispetto alle leggi sulle liquidazioni e i fallimenti (legge 25 gennaio 1985) ed è per legge sempre solvibile.

Si legge all’articolo L518-2 del Codice monetario e finanziario  francese (modificato dalla legge dell’economia del 2008) che “La Cassa depositi e prestiti francesi è un grande gruppo pubblico a servizio dell’interesse generale e dello sviluppo economico del paese. L’interesse pubblico lo espleta in appoggio delle politiche pubbliche condotte dallo Stato e dagli enti pubblici, e può esercitare anche attività concorrenziali (…) è un investitore di lunga durata che contribuisce allo sviluppo delle sue aziende.”

Sul suo sito si legge anche che è l’unica istituzione finanziaria in Europa a potersi avvalere della protezione nazionale, posta sotto la sorveglianza e la garanzia del Parlamento, tant’è che il suo consiglio di sorveglianza è composto da 5 parlamentari della commissione Finanze della Camera e del Senato, 1 membro del Consiglio di Stato, 2 membri della Corte dei Conti, il governatore o chi per esso della Banque de France, il DG Tesoro e 3 personalità nominate dal presidente della Camera e del Senato !

CDC è un gruppo molto esteso, che condivide la proprietà del gruppo postale francese Groupe La Poste, al 26% con lo Stato francese (che ha il 73%).

Il Groupe La Poste, è diventato società per azioni non quotata dal capitale al 100% pubblico per statuto, nel 2010, dopo la violenta opposizione del personale, dei cittadini e di tutti i sindacati. Queste privatizzazioni/cambiamenti di statuti societari cominciate in Francia 10/15 anni fa, sono tra le maggiori ragioni di malcontento delle proteste dei Gilets Jaunes (che continuano a tutt’oggi contro la riforma delle pensioni).

Tra le filiali del Groupe La Poste abbiamo ad esempio la Banque Postale, che però, contrariamente a BancoPosta ha una vera licenza bancaria che BancoPosta non ha: BancoPosta dipende per i mutui che eroga principalmente dalla Deutsche Bank, cioè sorregge un colosso dai piedi d’argilla che ha 7000 miliardi di esposizione ai derivati !

Sempre tra le tante filiali della CDC troviamo GeoPost, filiale al 100% che detiene ad esempio DPDGroup, una multinazionale completamente pubblica francese presente in 230 paesi che ha acquistato da noi recentemente niente meno che la Bartolini SpA! Cioè, quando paghiamo per un pacco alla BRT, lo paghiamo allo Stato francese!

Tra le filiali della CDC figura anche una vera banca di investimento pubblica: la Bpifrance detenuta al 50% dallo Stato attraverso una EPIC (Etablissement Public d’Intéret Commercial): la solita azienda pubblica a statuto speciale, protetta e garantita dallo Stato e dalle normali leggi sulla liquidazione e il fallimento.

Mentre noi chiudevamo l’IRI, nel 2004, dopo 20 anni di privatizzazioni massicce di tutte le partecipazioni statali, in Francia creavano l’agenzia pubblica delle partecipazioni statali, l’Agence Participations de l’Etat (APE), praticamente un dipartimento del Ministero dell’Economia che senza curarsi di Bruxelles erogava aiuti di stato a destra e a manca. Ad esempio le sue aziende pubbliche come Areva (nucleare), EDF (elettricità) e SNCF (Ferrovie dello Stato)  nel 2015 beneficiavano di 10 miliardi di aiuti statali perché versavano in difficoltà.

Recentemente la FIAT-FGA è passata al gruppo francese PSA (12% Stato francese), salvato dal fallimento nel 2013 con l’operazione Picasso, con cui l’APE cedeva il gruppo (200 milioni di Euro di perdite al mese) a Bpifrance per garantirla contro il fallimento e ricapitalizzarla assieme alla società cinese Dongfeng: due miliardi di aumento di capitale – misto pubblico-privato – in una società fallita, di cui quasi 1,5 miliardi dello Stato (APE nel 2014, BPI nel 2017), ma l’Europa non ha fiatato! E adesso l’ex società fallita, che nel frattempo ha potuto acquistare altre due case automobilistiche, Vauxall e Opel, si prende per fusione incorporazione la FCA!

Alitalia – esborso quotidiano di un milione di Euro – con tali metodi sarebbe già stata salvata e rifinanziata per diventare un campione europeo… se avesse avuto dietro lo Stato francese ad imporre una politica di rotte (slots) predatoria con la totale complicità di Bruxelles e la connivenza dell’Antitrust!

E come non ricordare anche il caso Chantiers de l’Atlantique che dopo l’accordo stipulato con Fincantieri, sono stati nazionalizzati dalla Francia che deteneva il 33% e aveva il diritto di prelazione che ha esercitato, ma che non avrebbe potuto perché l’accordo era già concluso con Fincantieri? Il caso Fincantieri/Chantiers de l’Atlantique  è stato deferito alla Commissione europea, sebbene non avesse le dimensioni necessario per essere valutato da essa, e se non sbaglio è li da quasi due anni. Il tutto per impedire a un’azienda italiana di acquistare un’azienda francese.

E arriviamo al dunque. Avevamo una banca completamente pubblica per gli investimenti nel Mezzogiorno, ma ce l’eravamo scordata? Ma come è possibile? Scopriamo che è controllata da Invitalia SpA, pubblica: ma a cosa serve Invitalia? Perché non dotiamo MCC e CDP di uno statuto da azienda pubblica come in Francia, che ha Bpifrance, CDC, l’Agenzia francese di sviluppo (AFP), le Partecipazioni statali (APE) controllate direttamente dai Ministeri?

E ancora: Ilva. Industria definita di interesse strategico nazionale, qualsiasi paese europeo l’avrebbe già nazionalizzata. O finanziata. Perché una cosa è salvare un’azienda in fallimento a spese nostre, altra cosa è investire in un’azienda strategica compartecipando agli utili futuri. Ma questo apparentemente più nessuno è capace di farlo, neanche di pensarlo, talmente teme gli ‘argomenti di Bruxelles’. Ma cosa aspettiamo a usare MCC, invece? Potremmo iniziare con Ilva, Alitalia, BPB e Autostrade. Cosa frena gli italiani?

Dovremmo cominciare a dircelo, e a organizzarci per riprenderci in mano il paese. Ma per farlo dobbiamo capire che cosa ci è successo, perché ci è successo, e quali mezzi ci rimangono per uscire dal guado.

Cosa frena gli italiani?

Nforcheri

Gennaio/febbraio 2020

Riferimenti
Caso Fincantieri: CVD

Lo Stato azionista incarnato in APE 

 


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