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Autovelox, pasticcio Cassazione: multe valide se non si presenta querela di falso contro l’omologazione
Colpo di scena dalla Cassazione sulle multe per autovelox. Dopo la speranza per l’obbligo di omologazione, una nuova sentenza ribalta tutto: per contestare una multa servirà la querela di falso. Un ostacolo che rende quasi impossibile difendersi: ecco cosa cambia e perché ora è tutto più difficile.

Una recentissima ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 13997 del 26 maggio 2025, ha introdotto un nuovo, capitolo nella complessa vicenda giudiziaria degli autovelox in Italia. Se da un lato viene confermato il principio secondo cui gli apparecchi di rilevamento della velocità devono essere obbligatoriamente “omologati“, dall’altro si è stabilito un onere procedurale più gravoso per gli automobilisti che intendono contestare una multa.
Qualora il verbale attesti la regolare omologazione del dispositivo, non sarà più sufficiente un semplice ricorso, ma diventerà necessaria la presentazione di una querela di falso.
Questa decisione, che sta già creando notevole incertezza, segue la scia di una serie di sentenze che sembravano aver dato un chiaro vantaggio ai cittadini. Su tutte, l’ordinanza n. 10505/2024 aveva sancito in modo inequivocabile la distinzione tra “approvazione” e “omologazione“, specificando che solo quest’ultima, una procedura più rigorosa che attesta la conformità del dispositivo a determinate caratteristiche tecniche e di precisione, rende legittime le sanzioni per eccesso di velocità. Tutte le multe elevate con apparecchiature meramente “approvate” sono state quindi considerate nulle, e questo ha acceso le speranze nei cittadini multati.
Il colpo di scena della querela di falso
L’ordinanza di fine maggio 2025, tuttavia, ha rimescolato le carte in tavola. La Suprema Corte ha stabilito che il verbale di accertamento, in quanto atto pubblico, gode di “fede privilegiata“. Ciò significa che le attestazioni in esso contenute, come la dicitura “apparecchio debitamente omologato”, si presumono veritiere fino a prova contraria.
Per superare tale presunzione di veridicità, l’automobilista non potrà più limitarsi a sollevare dubbi sulla effettiva omologazione in sede di ricorso al Giudice di Pace o al Prefetto, ma dovrà intraprendere un procedimento civile separato e più complesso: la querela di falso.
Questa procedura richiede un avvocato e comporta costi e tempi maggiori, rappresentando un ostacolo significativo per il cittadino che si ritiene ingiustamente sanzionato. Di fatto, la Cassazione ha posto a carico dell’automobilista l’onere di dimostrare, con un vero e proprio processo nel processo, che quanto dichiarato dal pubblico ufficiale nel verbale non corrisponde al vero.
Conseguenze e caos normativo
La notizia di queste sentenze apparentemente contraddittorie ha generato un clima di caos e incertezza. Le associazioni dei consumatori e i comitati contro le “multe selvagge” hanno espresso forte preoccupazione, sottolineando come questo nuovo orientamento vanifichi, di fatto, le precedenti vittorie e renda estremamente difficile per i cittadini far valere i propri diritti. Si teme una valanga di ricorsi respinti per motivi procedurali, anche a fronte di una possibile e fondata assenza di omologazione dei dispositivi. Sarà necessario effettuare accessi agli atti per conoscere la reale omologazione. Nello stesso tempo la querela per falso rischia di essere un colpo molto duro per i funzionari pubblici che emettano verali superficialmente, senza adeguati controlli.
La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che, ad oggi, il decreto interministeriale che dovrebbe definire le modalità tecniche per l’omologazione degli autovelox non è stato ancora emanato, lasciando un vuoto normativo che alimenta il contenzioso. La sua emanazione dovrebbe essere però prossima.
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