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Australia: il Queensland fa marcia indietro e torna al carbone. Prevale il pragmatismo sull’ideologia
Lo stato australiano, gigante del carbone, abbandona la scadenza del 2035 per chiudere le centrali. Una mossa dettata da “economia e ingegneria” che mette a rischio gli obiettivi climatici nazionali ma protegge la sua potente industria.

A volte la realtà, con le sue necessità economiche e ingegneristiche, presenta un conto salato ai sogni ideologici. È quanto sta accadendo in Australia, nello specifico nello stato del Queensland, uno dei più grandi detentori di riserve di carbone al mondo. Il governo locale ha ufficialmente deciso di abolire la precedente delibera che prevedeva la chiusura di tutte le centrali a carbone entro il 2035.
Una decisione che sa di rottura con una certa narrazione “green” a tutti i costi, ma che viene motivata con parole ben precise. Il Tesoriere e Ministro dell’Energia del Queensland, David Janetzki, ha presentato una nuova “Energy Roadmap” (una tabella di marcia energetica) basata, a suo dire, “sull’economia e sull’ingegneria, non sull’ideologia”.
“La decisione ideologica del precedente governo laburista di chiudere le unità a carbone entro il 2035, indipendentemente dalle loro condizioni, è ufficialmente abolita”, ha dichiarato Janetzki. Ha poi aggiunto un dettaglio non trascurabile: “La flotta a carbone del Queensland è la più giovane del paese e i generatori statali continueranno a funzionare finché saranno necessari per il sistema e supportati dal mercato”.
Un cambio di rotta netto, che poggia su basi economiche estremamente solide.
I numeri del carbone nel Queensland
Per comprendere la portata di questa decisione, basta guardare ai dati. Il Queensland non è un attore secondario nel mercato energetico globale; è una vera e propria superpotenza del carbone.
- Dipendenza energetica: Oltre la metà dell’elettricità dello stato è generata dal carbone.
- Produzione: È il primo stato australiano per produzione, con 224 milioni di tonnellate estratte da 59 miniere attive nei 12 mesi fino a maggio 2025.
- Pilastro economico: Il carbone è un motore economico fondamentale. Il Queensland da solo esporta un ottavo di tutto il carbone mondiale.
- Valore dell’export: Nei 12 mesi fino a maggio 2025, le esportazioni di carbone termico e metallurgico hanno generato un valore di miliardi di dollari USA (circa miliardi di dollari australiani).
Di fronte a questi numeri, la scelta di non dismettere frettolosamente un asset strategico appare, dal punto di vista locale, più che pragmatica.
Una nuova strategia, non un ritorno al passato
Il nuovo piano del governo non significa, però, un abbandono totale delle nuove tecnologie. La strategia è quella di mantenere in funzione le centrali a carbone e a gas “per tutto il tempo necessario” a garantire elettricità affidabile e a prezzi accessibili, ma contemporaneamente supportare gli investimenti del settore privato nelle energie rinnovabili e nei progetti di “firming” (sistemi per garantire la stabilità della rete, come le batterie).
A riprova di ciò, la nuova Roadmap include un investimento da milioni di dollari australiani ( milioni di dollari USA) per batterie a livello di comunità, mirate a un migliore stoccaggio dell’energia solare e alla gestione del carico minimo del sistema.
La mossa del Queensland, tuttavia, crea un evidente cortocircuito con gli obiettivi climatici del governo federale australiano, che proprio il mese scorso ha fissato un target di riduzione delle emissioni del 62-70% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2035, come tappa intermedia verso il “net zero” al 2050. Si profila quindi un interessante scontro tra il pragmatismo economico di uno stato e le ambizioni climatiche della nazione. Un classico dilemma tra il dire e il fare, dove l’economia, per ora, sembra aver messo un punto fermo.
Domande e Risposte
1) Perché il Queensland ha cambiato idea sulla chiusura delle centrali a carbone?
La decisione è stata motivata principalmente da ragioni di pragmatismo economico e tecnico. Il nuovo governo ritiene che la scadenza del 2035 fosse una scelta “ideologica” che non teneva conto della realtà. Le centrali a carbone del Queensland sono le più moderne d’Australia e garantiscono oltre la metà dell’elettricità a costi contenuti. Inoltre, l’industria del carbone rappresenta un pilastro dell’economia locale, con un export miliardario. La nuova politica prevede di mantenere attivi questi impianti finché saranno economicamente sostenibili e necessari per la stabilità della rete elettrica.
2) Questo significa che il Queensland abbandona le energie rinnovabili?
No, la nuova “Energy Roadmap” non esclude le rinnovabili. Al contrario, il piano prevede di continuare a sostenere gli investimenti privati nel solare e nell’eolico, affiancandoli però con la produzione tradizionale per garantire affidabilità. Un esempio concreto è l’investimento di milioni di dollari australiani in sistemi di accumulo a batteria a livello di comunità. L’approccio sembra essere quello di un mix energetico diversificato, dove le fonti tradizionali fungono da garanzia per la stabilità della rete mentre si sviluppano le alternative, piuttosto che una transizione forzata e potenzialmente costosa.
3) Che impatto avrà questa decisione sugli obiettivi climatici dell’Australia?
Questa mossa rischia di complicare seriamente il raggiungimento degli obiettivi climatici federali. L’Australia si è impegnata a ridurre le emissioni del 62-70% entro il 2035 (rispetto al 2005) e a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Mantenere in funzione una flotta di centrali a carbone così importante nello stato leader per produzione ed export di questa materia prima rende la strada verso tali obiettivi molto più ardua. Si crea un conflitto tra le priorità economiche di uno stato chiave e la politica climatica nazionale.

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