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ATAC ROMA, MISE ED IIA. UNA GRANDE OCCASIONE PERSA

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Finalmente i primi bus nuovi, non riciclati da qualche paese mediorientale, non una prima scelta del Nagorno-Karabakh, sono stati consegnati al parco macchine della disastrata ATAC romana. Sono due nuovi e piuttosto moderni Citymood, di cui è previsto l’arrivo di 200 mezzi, ancora a motore termico diesel o metano, frutto di una commessa Consip. I mezzi sono prodotti dalla turca Karsan e personalizzati in Italia dalla IIA, Industria Italiana Autobus.

Una buona notizia per i romani ed i turisti, ma un’occasione persa per l’industria italiana. Karsan partecipa in IIA per il 20%, mentre il 49% è di proprietà Leonardo ed I vitalità, cioè MISE. Questa società, nata dalla fusione fra Irisbus (ex Fiat) e Bredamenarini (ex Finmeccanica) poteva essere un’occasione per il rilancio dello sviluppo della mobilità pubblica, invece è diventata solo l’ennesima speculazione privata fallimentare, con i privati italiani di Tevere e turchi di Karsan che, senza visione di uno sviluppo del settore, sono tornati sull’orlo del fallimento. Eppure il marcescente parco del trasporto pubblico italiano avrebbe potuto garantire sbocchi di mercato sicuri. Giunta al limite del fallimento IIA è stata salvata dall’intervento del MISE e di Leonardo (ex Finmeccanica….), ma Karsan è rimasta come socio. In questo modo si è permesso il trasferimento del know how costruttivo ed industriale ai turchi, compreso il prototipo di bus elettrico che pare sia stato realizzato a Bologna, i quali poi utilizzano lo stesso know how per vincere le commesse lasciando a IIA un ruolo meramente secondario.

Un caso di svuotamento industriale geniale, in cui quello che resta è al servizio di un operatore estero, per cui gli italiani viaggeranno su bus essenzialmente turchi, ma realizzati con tecnologia italiana.

Poteva esserci un’altra strada? Si, prendere il controllo completo di IIA ed assegnare i bus in realizzazione e diretta “In house”, permessa dalle norme europee, creando un polo industriale e di ricerca unico e personalizzando le realizzazioni per il nostro specifico mercato urbano e cogliendo l’occasione per sviluppare tecnologie anche per il mercato automotive.  Un’occasione persa a causa di una scarsa visione strategica, del solito pregiudizio ordoliberista e di un po’ di inesperienza. Forse il MISE dovrebbe scegliere meglio i propri consiglieri.


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