EconomiaEnergia
Aramco a caccia di liquidità: il colosso saudita valuta la vendita di terminal e immobili per miliardi
Il calo del petrolio spinge il colosso saudita a cedere infrastrutture strategiche. Servono soldi freschi per finanziare i dividendi di Stato e i mega-progetti della Vision 2030.

Anche i giganti hanno bisogno di contanti. Saudi Aramco, la più grande compagnia petrolifera al mondo e vero e proprio “bancomat” del Regno Saudita, sta valutando mosse finanziarie significative per rimpinguare le proprie casse. Secondo indiscrezioni raccolte da Bloomberg, il colosso energetico starebbe pianificando la cessione di una serie di asset per raccogliere svariati miliardi di dollari, facenti parte di varie categorie.
Si tratterebbe di una delle operazioni di dismissione più grandi mai realizzate dalla compagnia, un segnale chiaro che, con il petrolio in calo e le spese del Regno in ascesa, serve monetizzare ciò che non è strettamente “estrazione”, proprio per sostenere l’alta redditività del gruppo.
Cosa è sul piatto?
Le indiscrezioni, provenienti da fonti vicine al dossier che hanno richiesto l’anonimato, indicano che Aramco ha già interpellato diverse banche d’affari per valutare la fattibilità delle operazioni. L’obiettivo? Raccogliere oltre 10 miliardi di dollari. Una cifra relativamente piccola per un gruppo che ha fatturato 480 miliardi di dollari nel 2024.
Gli asset nel mirino delle dismissioni (o meglio, della valorizzazione finanziaria) sono principalmente due:
Terminal di esportazione e stoccaggio: Si parla della vendita di quote nelle infrastrutture nevralgiche per l’export del greggio. Aramco possiede strutture immense a Ras Tanura (Golfo Persico) e sul Mar Rosso, oltre a partecipazioni in terminal in Olanda, Egitto e Giappone.
Portafoglio immobiliare: Il gigante petrolifero sta valutando di cedere parte delle sue proprietà immobiliari. Una mossa che cade a fagiolo, considerando che il Regno ha recentemente aperto alla possibilità per gli stranieri di possedere immobili in Arabia Saudita, rendendo questi asset molto più appetibili per gli investitori internazionali.
Il modello “BlackRock”
Non si tratta necessariamente di una vendita secca. Aramco sta vagliando opzioni che includono l’emissione di nuove azioni legate a questi asset o strutture simili a quelle già collaudate di recente. Solo poco tempo fa, infatti, la compagnia ha concluso un’operazione di leasing inverso da 11 miliardi di dollari con un consorzio guidato da BlackRock Inc. e Global Infrastructure Partners per le infrastrutture legate al progetto gas di Jafurah. Cioè Aramco vende l’infrastruttura energetica e quindi la riaffitta per lo sfruttamento, pagando un canone.
L’interesse degli investitori globali per questo tipo di “rendita da infrastruttura” è alto, e Aramco sembra intenzionata a battere il ferro finché è caldo, con un processo di vendita che potrebbe aprirsi formalmente all’inizio del prossimo anno.
Perché vendere ora? L’analisi economica
Dietro queste manovre finanziarie c’è una logica stringente, tipica di chi deve far quadrare conti faraonici.
Il prezzo del petrolio: Le quotazioni del greggio sono scese di circa un quinto quest’anno. Sebbene l’aumento della produzione abbia in parte compensato il calo, i margini si sono compressi. Aramco, come le major americane, deve investire per migliorare la propria efficienza e quindi ridurre il costo break even di estrazione.
La “sete” del Regno: Aramco non è un’azienda normale; è il pilastro su cui si regge l’intera economia saudita. I suoi dividendi finanziano la Vision 2030, l’ambizioso e costosissimo piano di trasformazione economica voluto dal Principe Bin Salman. Se Aramco non paga, i cantieri del Regno rischiano di fermarsi.
Investimenti necessari: Per continuare a generare utili, Aramco deve investire. Progetti come il giacimento di gas di Jafurah (che dovrebbe entrare in produzione quest’anno e raggiungere la piena capacità nel 2030) richiedono capitali enormi.
In sintesi, Aramco vende i “mobili” (o li affitta) per avere la liquidità necessaria a mantenere la struttura produttiva e, soprattutto, per continuare a staccare le cedole vitali per il bilancio statale. Una crisi di liquidità di Aramco sarebbe, inevitabilmente, una crisi finanziaria per l’Arabia Saudita. Nello stesso tempo, almeno per adesso, questa vendita non è ancora incisiva, ma appare una sorta di arrtondamento delle risorse disponibili, magari per finanziare gli investimenti del Regno più audaci.
Domande e risposte
Perché Aramco sta vendendo i suoi asset? La compagnia deve fronteggiare un calo del prezzo del petrolio (sceso di circa il 20% quest’anno) e contemporaneamente sostenere ingenti spese. Da un lato ci sono gli investimenti interni necessari per mantenere la produzione e sviluppare nuovi progetti come il gas di Jafurah; dall’altro, Aramco deve garantire dividendi elevati al governo saudita, che li utilizza per finanziare l’ambiziosa e costosa diversificazione economica del Regno (Vision 2030).
Quali beni verranno messi sul mercato? Non si tratta di vendere i giacimenti di petrolio, ma le infrastrutture di supporto. Nel mirino ci sono i terminal per l’esportazione e lo stoccaggio del greggio (come quelli a Ras Tanura) e parte del vasto portafoglio immobiliare della società. Quest’ultimo è diventato particolarmente interessante dopo che l’Arabia Saudita ha approvato leggi che permettono la proprietà immobiliare agli stranieri.
Come avverrà la vendita? È probabile che non sia una vendita totale, ma una cessione di quote o operazioni di “lease-back” (affitto di ritorno). Un modello simile è stato già usato con un accordo da 11 miliardi di dollari guidato da BlackRock per i gasdotti: gli investitori mettono il capitale in cambio di rendimenti stabili generati dalle infrastrutture, mentre Aramco incassa subito liquidità mantenendo l’operatività.








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