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“Apocalypse Trump. Un presidente americano tra Mao e Andreotti” di Stefano Graziosi.

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Durante la campagna elettorale del 2016, la candidata democratica Hillary Clinton disse che, se avesse vinto Trump, in America si sarebbe scatenata l’Apocalisse. Aveva ragione. Ma non nel senso che intendeva lei.
Il messaggio politico di Trump è sempre stato consapevolmente e volutamente “apocalittico”: abbattimento del sistema, movimentismo, disintermediazione con l’elettorato, difesa della maggioranza silenziosa. Questa linea si è dimostrata vincente E il presidente ha continuato ad applicarla nel suo governo: rompendo gli schemi legati alla Guerra Fredda, quelli nei rapporti con il Congresso e quelli nelle relazioni con il mondo mediatico.

Sfatando alcuni comodi luoghi comuni, il libro di Stefano Graziosi traccia un’interpretazione del fenomeno Trump che, partendo dalle cause strutturali della sua vittoria, si concentra in particolare sulla sua leadership. Una leadership peculiare, che oscilla tra i due modelli contrapposti di Mao Zedong e Giulio Andreotti. Una leadership, cioè, contesa perennemente tra movimentismo e diplomazia, rottura e dialogo, aggressività e trattativa, rivoluzione e tradizione. Senza dimenticare la natura politica trasversale del presidente americano: saltano i facili schemi prefissati e le categorie stesse di “destra” e “sinistra” si mescolano, diventando inscindibili.

Trump, piaccia o meno, incarna un nuovo paradigma storico. E questo libro cerca di comprenderne l’essenza, nel bene e nel male. Senza pregiudizi. E senza sconti.

Stefano Graziosi, Apocalypse Trump. Un presidente americano tra Mao e Andreotti, Ares, Milano 2018, pp. 200, euro 15. 


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