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AMERICA, ITALIA E CRISI DI GOVERNO. LE GRANE DOBBIAMO RISOVERLE DA SOLI

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Ho letto un’interessante intervista al Sussidiario del sempre lucido e caustico Claudio Sapelli (che grande ministro dell’economia che abbiamo perso!).  Ve ne presento alcuni estratti:

Professore, che cos’ha cambiato il corso della crisi in modo sfavorevole al voto?

Conte e il cardinale Parolin si confrontano su molti dossier, Cina compresa; Oltretevere si stanno muovendo con forti ingerenze nella politica italiana. In questo momento poi gli americani sono profondamente divisi anche sull’Italia.

 

In quali termini?

I trumpiani, sulla carta a favore di Salvini, potrebbero essere insoddisfatti di come ha disatteso le loro richieste di una maggiore distanza dalla Cina. Ma c’è anche l’altra parte, quella che ha ancora in mano l’America che conta: la finanza.

Cosa vuole la grande finanza americana?

Che Salvini sparisca il prima possibile.

La firma del memorandum con la Cina ha spiazzato gli Usa. Ora però  è come se Washington avesse improvvisamente riscoperto l’importanza dell’Italia.

Sono d’accordo. Proprio per questo gli Usa dovrebbero fare di tutto perché si andasse al voto, in modo che la Lega, vincendo, metta a tacere i 5 Stelle. In altri tempi sarebbe andata così. L’ambasciata americana avrebbe svolto un ruolo di primo piano, anche se non sotto i riflettori, per ovvie ragioni.

Io, personalmente, ho dei forti dubbi. Non sulla visione generale di un Trump più filosalviniano, ma sul fatto che, comunque, questi abbiano un interesse, o stiano intervenendo direttamente, sulla situazione italiana. Il motivo è semplice: perchè, se lo avessero fatto, avrebbero già mandato a casa il governo ed avrebbero intimato a Conte di fare su il fagotto.

Questo non dico non per sentito dire, ma per fatti oggettivi e compiuti. Vediamo alcuni punti in cui il governo Trump si è trovato in rotta di collisione con l’attuale amministrazione italiana:

  • la situazione libica, con il presidente USA che si è , diciamo, fortemente avvicinato alla posizione del Generale Haftar, mentre noi appoggiamo ancora il governo di Tripoli;
  • l’accordo italo cinese, con la partecipazione l’iniziativa BRI, primo paese industrializzato. Questa scelta non ha ancora avuto ricadute sulle infrastrutture italiane, ma ha sicuramente influenzato la scelta di Huawei di trasferirsi dagli USA a Milano, cancella 3 mila posti di lavoro oltreoceano per crearne oltre mille in Italia;
  • le tariffe punitive alla UE per gli aiuti di stato al consorzio Airbus, che, non casualmente, puniscono maggiormente l’Italia, che non ne fa parte, rispetto ai paesi che sono membri del consorzio;
  • il fatto che Moavero e Trenta, cioè la filiale euroguidata nel governo,  da quasi un mese fanno i pesci nel barile sulla partecipazione alle forze di scorta navali ne golfo. Aspettano ordini da Parigi?

Se il governo Trump decidesse di intervenire sulla questione italiana non permetterebbe il proseguimento dell’attuale coalizione di governo, per lo meno non nella situazione attuale. Anche durante la visita di Salvini negli USA dubito che qualcuno abbia cercato nè di convincere a proseguire, sia ad interrompere, l’esperienza gialloverde, per gli stessi problemi attuali: se prosegue è un mezzo disastro, se si interrompe senza elezioni è un disastro completo, e le elezioni dipendono da troppi fattori incontrollabili ed imprevedibili. Salvini nella visita ha poi avuto il coraggio o l’opportunità di parlare chiaramente con Pompeo e Bolton della situazione italiana e delle sue opportunità, o tutto è rimasto nascosto nei giri di parole?

Delle contraddizioni di un intervento americano si rende ben conto Sapelli

Torniamo al governo M5s-Pd.

Sarebbe in un modo o nell’altro la vittoria di Attali. Se questo governo prende forma, l’Italia tra vent’anni non esisterà più come paese industriale.

Che Salvini lo abbia capito?

Può darsi. Se non l’ha compreso, l’unico fattore che potrebbe deviare questo corso degli eventi sarebbe un intervento del presidente della Repubblica.

In che direzione?

Mandando il paese alle urne. Sappiamo tutti che prima di sciogliere le Camere durante la legislatura il capo dello Stato è tenuto a verificare l’esistenza di un’altra maggioranza in Parlamento. Che probabilmente ci sarebbe.

Il problema è che aspettarsi che, in questo verminaio, la situazione venga a dipendere da quello che dice, o avrebbe detto, Trump, alle sue pressioni sul Quirinale o su questa è quell’altra parte è un po’ come affidarsi alla Madonna, che agisce solo se c’è la  Fede. I problemi li creano gli umani, e se li devono risolvere da soli. Se Salvini ha tentato questa mossa confidando su incontri con il Quirinale e con Zingaretti, ha imparato che del primo non ci si può fidare, anche perchè legato a vincoli istituzionali (non potrebbe ignorare una maggioranza alternativa) e che il secondo aveva un partito “A Noleggio”, preso in prestito da Renzi che, alla prima occasione, lo ha richiamato con un fischio. Si è mosso lungo un piano A che era basato su presupposti sbagliati, ed ora si improvvisa un piano B, che magari è punitivo nel breve termine. Funzionerà? Non è certo, anzi il suo prezzo politico potrebbe anche essere troppo elevato.  Se fossi in lui nel frattempo lavorerei per migliorare la struttura del partito, troppo leaderistica, che necessita non solo di un capo, ma di una squadra visibile, anche per alleggerire il carico su una persona sola. Una singola testa può anche sbagliare.


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