Conti pubblici
ACHTUNG! ARRIVA L’ERF (di Giuseppe PALMA)
Gli euro-burocrati si sono resi conto, loro malgrado, che per la maggior parte degli Stati membri è praticamente impossibile rispettare i limiti capestro fissati dal Fiscal Compact, quindi stanno ponendo le basi per l’attuazione di un ulteriore meccanismo forcaiolo denominato ERF (European Redemption Fund, ossia Fondo Europeo di Redenzione). Tale nuovo sistema di “strozzinaggio” legalizzato, ben peggiore del Fiscal Compact, prevede che ciascuno Stato dell’Eurozona faccia confluire la parte eccedente il 60% del proprio rapporto debito pubblico/PIL in un apposito fondo, l’ERF per l’appunto. In pratica, leggendola così, sembrerebbe una mano dal cielo (infatti l’Italia si vedrebbe liberata di un peso enorme), ma l’inganno è dietro l’angolo. Come farebbe l’ERF a garantire cifre così alte? Sappiate che sarà sempre il popolo a pagare, e cercherò di spiegare in che modo: ciascuno Stato dovrebbe garantire la propria parte di debito versata nel Fondo sia attraverso i propri asset pubblici (patrimonio immobiliare, beni del demanio pubblico, oro, opere d’arte etc…), sia tramite una percentuale di tasse riscosse a livello nazionale. Tale Fondo, successivamente, emetterebbe bonds europei a scadenza ventennale, massimo 25 anni. In questo lasso di tempo tutti gli Stati aderenti avrebbero comunque l’obbligo di ridurre il proprio rapporto debito pubblico/PIL fino al 60%, quindi – usando una terminologia più semplice – ciascuno Stato, nell’arco di 20-25 anni, dovrebbe restituire al Fondo quanto in precedenza dal Fondo stesso garantito (si fa per dire, visto che le garanzie sarebbero comunque fornite dagli Stati stessi sia attraverso i propri “gioielli di famiglia” che tramite una parte delle tasse prelevate ai cittadini). Se ciò non avvenisse, cioè se lo Stato risultasse inadempiente, l’ERF tratterrà i beni e il denaro in esso confluiti.
Tutto ciò premesso, l’Italia (ma anche altri Paesi soprattutto del sud Europa) si troverebbe costretta non solo a dare in pegno il proprio tesoro pubblico, ma addirittura a far confluire in questo Fondo comune una parte degli introiti derivanti dalla tassazione, con la conseguenza che – nell’ipotesi in cui non riuscissimo a ridurre il nostro rapporto debito pubblico/PIL in 20-25 anni dall’attuale 135% al 60%, ecco che l’ERF (ma in realtà chi ha deciso di acquistarci a prezzi stracciati) potrà prendersi gratuitamente i nostri pezzi migliori, dopo che magari si è già preso anche una parte consistente delle tasse che i cittadini hanno faticosamente pagato non per ricevere in cambio un servizio ma per compiacere, e garantire, gli interessi della nuova dittatura europea.
Ma v’è di più: l’emissione di bonds europei produrrebbe un effetto devastante soprattutto per Paesi come il nostro, infatti sottrarrebbe alla giurisdizione nazionale la regolamentazione di una fetta elevatissima di debito pubblico. Nel caso dell’Italia è bene ricordare che circa il 97% del debito pubblico è regolato dalla giurisdizione nazionale, quindi, sia nel caso di una deflagrazione dell’Eurozona che di un’uscita unilaterale dall’Euro da parte nostra, avendo al momento giurisdizione sulla quasi totalità del debito pubblico non incontreremmo eccessivi problemi sempre chi vi fosse un’applicazione nell’interesse nazionale del principio della Lex Monetae (artt. 1277, 1278 e 1281 co. I del codice civile). A tal proposito, rileggete attentamente il mio articolo sulla Lex Monetae: https://scenarieconomici.it/la-lex-monetae-come-uscire-dalleuro-senza-farsi-alcun-male-di-giuseppe-palma/
L’ERF non è affatto fantascienza, infatti il “caso greco” dimostra che il progetto ha già avuto inizio. Una delle principali condizioni imposte dalla Germania al Governo di Atene nel corso del Consiglio europeo conclusosi nella mattinata di lunedì prevede infatti, tra le innumerevoli misure capestro come quella ad esempio di dare piena attuazione al Fiscal Compact, la costituzione di un Fondo da 50 miliardi di euro nel quale far confluire alcuni beni del patrimonio pubblico greco (che saranno oggetto di privatizzazioni) a garanzia del prestito di 82-86 miliardi che le Istituzioni si apprestano (forse!) a concedere alla Grecia nell’arco di tre anni.
Questa è l’Unione Europea. Prosit!
Giuseppe PALMA
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