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ACCENTRAMENTO DEL POTERE NELL’ESECUTIVO: LE RISPOSTE DELLA “RIFORMA” (OLTRE LA LEGGE ELETTORALE)(di Luciano Barra Caracciolo)

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Dal blog Orizzonte48.blogspot.it vi riportiamo questo ottimo articolo del Prof. Luciano Barra Caracciolo
http://images.treccani.it/enc/media/share/images/orig/system/galleries/SCIENZE_SOCIALI/VOL_1/accentramento1.jpg
(L’immagine non c’entra? C’entra, c’entra: basta fare attenzione alle sue note a piè di pagina e leggersi bene il post…e i links.
E comunque mi pare irresistibile, visto che siamo nell’anno prima del divorzio tesoro-bankitalia e dell’inizio dell’ondata inarrestabile delle leggi “europeissime”).
1. Una delle cose che più dovrebbe lasciare impressionata la nostra memoria, quantomeno “a breve termine” (sperabilmente), è la notevole coerenza e unidirezionalità con cui stanno agendo le forze che sono all’opera per smontare in tutti i suoi elementi fondamentali la democrazia sociale e keynesiana che, a quanto pare improvvidamente, è stata costruita dall’Assemblea Costituente.
Guardate qua come, nonostante le già mostrate e ondivaghe obiezioni alla riforma costituzionale, il Financial Times paia mandare un “pizzino” al nostro governo:
 
In soldoni: lo spread italiano “…è assurto al suo picco da Febbraio dopo che il primo ministro Matteo Renzi ha sfidato i tentativi di Bruxelles di porre un freno alla spesa pubblica del paese. Nell’ultimo bozza di bilancio per il 2017, Renzi, (di centro-sinistra), ha promesso di ridurre il deficit strutturale di bilancio al 2,3% del PIL muovendo da un impegno iniziale di portarlo all’1,8 assunto precedentemente quest’anno“.
2. Vi ho tradotto la parte essenziale del discorso riportata nell’immagine per poterci poi riallacciare al…”semestre italiano” considerato un evento storico di riaffermazione dell’autonomia presunta della posizione italiana in €uropa e, invece, autoaffondatasi fin dal primo giorno.
Sulla (il)logica degli spread, all’interno di un’eurozona in cui il problema sono gli squilibri commerciali e finanziari privati che vanno corretti “distruggendo (per via fiscale) la domanda interna” (come diceva Monti), s’è detto tante volte, fino alla nausea. Ma non c’è verso di farlo capire ai “mercati” e ai giornaloni della finanza internazionale: certamente, perché non sono “interessati” a capire.
Tutt’altro.
3. Ma la coerenza e unidirezionalità dell’azione destrutturante della democrazia in nome dell’€uropa, sono dimostrati proprio dall’inadeguatezza della posizione italiana anche quando possa apparire di “ribellione”, peraltro da punire prontamente.
A seguito del noto discorso di “Telemaco”, e della magnifica “eredità”, in esso reclamata, dell’irenica costruzione €uropea, (discorso tenuto appunto all’apertura del semestre italiano del 2014), all’indomani di un’affermazione elettorale che si era presunto conferisse al governo italiano una posizione di forza, avevamo infatti osservato: 
“La vulgata pop della crisi, recentemente evolutasi in modo “generico” – o meglio atecnico, in quanto riferita a spesa pubblica, sostenibilità del debito pubblico e spread-, non va confusa con la “consapevolezza” effettiva della stessa, nei suoi integrali ed univoci legami con l’Europa della moneta unica.
Quest’ultima, a rigor di logica, costituisce null’altro che una eredità in pesante passivo, che qualsiasi Telemaco cum grano salis accetterebbe “con beneficio d’inventario“; cioè prendendone decisamente le distanze e non facendosi carico di debiti contratti da altri(“padri della Patria”) e con un’imprudenza che ha fatto il gioco di creditori in ampia male fede (se non altro nel prestare, e nel non cooperare rispetto all’assolvimento delle obbligazioni che il trattato poneva, anche e specialmente, a loro stesso carico).
Non pare affatto conoscere “benissimo” i nodi del problema. O almeno non tiene comportamenti che rivelino tale conoscenza.
Altrimenti, tanto per cominciare, non avrebbe fatto cenno alla patrimonializzazione dell’Italia, in replica al tedesco…che nel frattempo aveva abbandonato l’aula con una scortesia che Scultz, Scultz! (l’amico del giaguaro), in altri casi avrebbe stigmatizzato; ma non in questo (“strano” no?).
L’argomento in replica usato da Renzi è quello tipico del debitore “scaduto” (dai termini di pagamento), di fronte al creditore che avanza pretese eccessive ma, che si riconoscono comunque fondate. Cioè è una ricognizione di debito, avanzandosi semplicemente una rivendicazione di solvenza di fronte alla pretesa stessa.
Il tedesco, usando un trito argomento di economia ordoliberista pop, ha fatto riferimento all’aumento del debito a seguito di aumento del deficit e all’influenza di ciò sulla crescita (in soldoni).
Se Renzi avesse “capito i nodi”, avrebbe potuto replicare:
– che la sostenibilità del debito italiano è, secondo la commissione UE (!), la migliore tra i grandi paesi UEM,
– che tuttavia le misure che hanno portato a questo risultato (che il crucco dovrebbe stamparsi bene nel capoccione semivuoto), stanno conducendo alla morte industriale italiana;
– che la crescita stimolata dal deficit è l’unica via possibile di fronte al molto più reale problema della pluriennale caduta della domanda italiana causata dalle politiche imposte dall’UEM;
– che il problema, in caso di  aumento del deficit pubblico, è semmai la domanda estera, cioè gli squilibri commerciali (debito privato) che proprio le violazioni tedesche citate dallo stesso Renzi avevano contribuito ad aggravare in tutta UEM con atteggiamento doppiamente violativo dei trattati;
– che il problema, dunque, era essenzialmente l’assetto della moneta unica e che, se non lo si affrontava, questa era a rischio e, perciò, al tedesco conveniva essere più conciliante e meno ignorante, perchè la sua Germania è quella che rischia di più in caso di euro-break.
Devo continuare?
Anche solo accennare ad una parte di queste argomentazioni avrebbe avuto un effetto NEGOZIALE effettivo ed incisivo, per la stessa ottica di rilancio dell’UE che Renzi invoca, non solo per l’Italia.
Ma per farlo occorreva avere una effettiva conoscenza dei “nodi”…”
4. Invece, come noi dovremmo ormai ben sapere, questi argomenti non sono tutt’ora tirati seriamente in gioco, dato che ci si fa un vanto che il deficit ottenuto, con la manovra “spendacciona”, (e mal vista dai mercatoni parlanti tramite il FT), il più basso valore mai registrato in Italia dai tempi di Maastricht (almeno): e dunque, stiamo parlando della logica per cui riducendo il deficit, e l’intervento pubblico, si promuova la “crescita”; solo che questa logica viene comunque “validata” attenuandola “un pochino“.
Accettata tale premessa (pseudo-scientifica), si finisce inevitabilmente per accettare il contraddittorio sul fatto che “il problema italiano è il debito causato dall’eccesso di spesa pubblica.
Come pure sappiamo che a questa “attenuazione” italica della logica €uropea dell’austerità espansiva, – al netto dell’inserimento nei trattati del fiscal compact, che, abbiamo altrettanto visto, costituisce questione di lana caprina per un paese come l’Italia, con l’attuale art.81 Cost., nonché questa attuale giurisprudenza della Corte costituzionalesi propone un pronto ed efficiente rimedio: l’approvazione della riforma costituzionale per adeguarsi alla nuova governance €uropea e alle politiche €uropee, adeguamento esplicitamente indicato come “ragione” della riforma dal nostro governo proponente.
5. Sul punto, registriamo una voce del “no” che dice cose in buona parte condivisibili, e peraltro assodate, ma dimentica la questione €uropea, indebolendo il suo costrutto critico. Ve ne riporto la parte essenziale:
“…la riforma è mal pensata e mal scritta di per sé, a prescindere dalla legge elettorale: le modalità di composizione del Senato restano segnate da irresolubile contraddittorietà e le sue possibilità di effettivo funzionamento assai incerte; il procedimento legislativo si complica al di là di ogni ragionevolezza;
; gli strumenti di garanzia (presidente della Repubblica, giudici della Corte costituzionale, membri laici del Csm, Statuto delle opposizioni) cadono nella disponibilità della maggioranza; la ripartizione dei giudici della consulta tra Camera e Senato è del tutto irrazionale; i rapporti Stato-regioni restano contraddittori e comunque sempre nella disponibilità del governo qualora decida di attivare la clausola di supremazia; il concreto esercizio della democrazia diretta è reso più difficile, mentre il potenziamento dei relativi strumenti rimane (l’ennesima) promessa”.
…Facile dire che non si verificano pericolose concentrazioni di potere quando non ci sono i presupposti per concentrare il potere; difficile è dire lo stesso quando quei presupposti si verificano. L’Italicum è esattamente questo: uno strumento di concentrazione del potere che la nuova Costituzione non riuscirebbe a contenere.

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