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Cultura

106 anni dall’eroico viaggio degli aerei italiani con D’Annunzio su Vienna

Il vate guidò un’azione per l’epoca eroica e che non comportò vittime fra i civili, lasciando cadere decine di migliaia di volantini su Vienna, invitando alla resa, , con un viaggio eccezionale di 1200 km nel 1918.

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106 anni fa, undici biplani decollarono dal Nord Est italiano in un viaggio di andata e ritorno di 1200 km per raggiungere la capitale dell’Impero Austro-Ungarico, Vienna, e lanciare volantini di propaganda scritti dal poeta Gabriele D’Annunzio e dallo scrittore Ugo Ojetti.

Alle 5.30 del mattino del 9 agosto 1918, undici biplani Ansaldo S.V.A. decollarono da un campo a Due Carrare, vicino a Padova, nel Nord Est italiano, per un viaggio di andata e ritorno di 1200 km che li portò oltre le Alpi e alla capitale dell’impero austro-ungarico, Vienna, per sganciare oltre 400.000 volantini di propaganda, in una delle missioni di propaganda più famose della storia.

Una replica dell’S.V.A.5 pilotato dal maggiore Giordano Bruno Granzarolo, anche durante il Volo su Vienna, conservato presso il Museo del Volo Volandia vicino all’aeroporto di Malpensa, in Italia. Si notino le numerose “marcature di missione” sul coperchio del motore e l’emblema “Leone di San Marco” sulla fusoliera. (Credito immagine: collezione dell’autore)

I biplani Ansaldo S.V.A. sono stati tra i primi velivoli completamente progettati e prodotti in Italia, e sono stati successivamente adottati dall’allora Regio Esercito Italiano. All’epoca, infatti, l’Italia non aveva ancora una forza aerea come servizio separato, ma piuttosto come componente aerea (Servizio Aeronautico) dell’Esercito. Pochi anni dopo, nel 1923, fu fondata la Regia Aeronautica, che assunse i compiti della Componente Aerea dell’Esercito e nel 1946 divenne l’attuale Aeronautica Militare.

Insieme ai dieci aerei monoposto S.V.A.5 (così chiamati in onore dei due progettisti, Savoia e Verduzio, e del costruttore, Ansaldo), c’era un unico biplano biposto S.V.A.10 che trasportava il famoso poeta e soldato Gabriele D’Annunzio.

D’Annunzio, ardente interventista, si era arruolato volontario all’inizio della Prima Guerra Mondiale, nonostante avesse già 52 anni, e nel 1918 aveva partecipato a numerose battaglie terrestri, marittime (tra cui il raid Bakar, noto anche come la beffa di Buccari) e aeree guadagnando molteplici medaglie italiane e alleate e subendo ferite, tra cui la perdita dell’occhio destro in un atterraggio di fortuna. al contrario di tanti giornalisti di oggi il Vate partecipava direttamente alle imprese che celebrava con rischio personale, tanto che fu ferito in un atterraggio, rischiando di perdere la vista.

La moderna guerra psicologica e l’uso di volantini aerei erano agli albori durante la Prima Guerra Mondiale, e D’Annunzio giocò un ruolo importante nello sviluppo di entrambi. Si unì alla schiera di altri famosi talenti letterari al servizio della propaganda bellica, come gli inglesi Arthur Conan Doyle, G. K. Chesterton, Rudyard Kipling, H. G. Wells e Robert William Seton-Watson, ma il poeta italiano si unì anche alle unità di prima linea e combatté in prima persona contro l’Impero austro-ungarico.

Appena un anno prima del Volo su Vienna, nell’agosto del 1917 partecipò a tre audaci raid notturni su Pola (l’odierna città croata di Pola) e più tardi, nell’ottobre del 1917, si unì a un attacco al porto di Cattaro, condotto con bombardieri biplani Ca.33. Ma D’Annunzio fu anche il pioniere dell’idea di lanciare volantini sulle città nemiche (a differenza di altre missioni di volantinaggio alleate, solitamente rivolte alle truppe di prima linea e alle trincee), con un raid meno conosciuto nell’agosto 1915 su Trieste, all’epoca un importante porto e base navale austro-ungarica sull’Adriatico.

L’idea di una missione di lancio di volantini sulla capitale nemica di Vienna era stata a lungo perseguita da D’Annunzio, e il raid fu quasi approvato nell’estate del 1917. Continuamente rimandata per problemi tecnici, l’operazione ebbe finalmente il via libera nell’estate del 1918, ma il 9 agosto era già al terzo tentativo, dopo che una fitta nebbia e forti venti avevano indotto a cancellare le missioni già partite, rispettivamente il 2 e l’8 agosto.

Il 9 agosto le condizioni meteorologiche si sono finalmente schiarite e gli undici aerei dei quattordici originari (tre erano stati danneggiati nei tentativi precedenti) dell’87esima Squadriglia “Serenissima” (nome usato per la Repubblica di Venezia), con il famoso “Leone di San Marco” di Venezia, hanno potuto finalmente decollare.

Il gruppo si ridusse subito a soli 8 aerei, poiché problemi meccanici costrinsero due S.V.A. ad abortire e un terzo aereo, quello del tenente Giuseppe Sarti, ad atterrare in territorio nemico. Gli aerei sopravvissuti, tra cui un biplano biposto appositamente modificato che trasportava il poeta Gabriele D’Annunzio (seduto su quella che lui definì la “sedia incendiaria”, un serbatoio di carburante modificato sul campo per trasformare il biplano monoposto in biposto), continuarono a volare.

Biplano Ansaldo S.V.A. utilizzato da D’Annunzio per il Volo su Vienna, conservato dal 1935 nel ‘Vittoriale degli Italiani’, la residenza sul lago del poeta. (Crediti immagine: Vittoriale degli Italiani)

Sopra Vienna

Sorvolando le Alpi e proseguendo verso l’Austria senza incontrare opposizione. gli otto biplani superstiti hanno finalmente raggiunto Vienna intorno alle 9.20 e sono scesi a circa 800 metri per lanciare i volantini. Gli unici due caccia austriaci che li hanno avvistati sono atterrati per avvertire le autorità, ma non sono stati creduti.

Gli otto aerei rilasciarono circa 50.000 volantini scritti da D’Annunzio in italiano nel suo stile poetico, e oltre 350.000 con un testo più diretto scritto dall’autore e giornalista Ugo Ojetti, con la relativa traduzione in tedesco.

I volantini di Ojetti terminavano con le parole:

“POPOLO DI VIENNA, pensa al tuo destino. Svegliatevi!
VIVA LA LIBERTÀ!
VIVA L’ITALIA!
VIVA L’INTESA!”.

 

Volantino di D’Annunzio (a sinistra) e Ojetti (a destra, stampato su una bandiera italiana). (Credito immagine: Archivio Storico Luce)

Completata la missione, gli otto aerei partirono per il ritorno, attraversando nuovamente le Alpi e sorvolando Venezia, dove D’Annunzio lanciò un messaggio per informare le autorità cittadine del successo della missione, per poi atterrare di nuovo alla base di partenza alle 12.40 circa. Il raid ebbe grandi effetti morali, psicologici e propagandistici sia in Italia che all’estero, e fu un importante risultato storico nella guerra aerea e nelle operazioni psicologiche.

Foto del pilota Antonio Locatelli che mostra i volantini italiani sganciati sul centro di Vienna. (Credito immagine: Wikimedia Commons)

 

Molti dei biplani della S.V.A. che parteciparono al Volo su Vienna sono oggi conservati nei musei dell’aviazione in Italia.

Oltre alla replica dell’S.V.A.5 a Volandia (un museo che ospita anche molti velivoli Caproni e dispone di un simulatore che permette ai visitatori di volare come pilota del bombardiere Ca.3), l’S.V.A.10 biposto utilizzato da Gabriele D’Annunzio è conservato nel museo della sua villa sulle rive del lago di Garda, il Vittoriale degli Italiani, mentre l’S.V.A.5 del sottotenente Gino Allegri si trova al Museo Gianni Caproni di Trento e l’S.V.A.5 pilotato dal maggiore Giordano Bruno Granzarolo si trova al Museo dell’Aeronautica Militare Italiana di Vigna di Valle sul Lago di Bracciano.

Anche a Due Carrare, dove si trovava il campo che ospitava gli aerei, c’è un S.V.A.5, conservato nel locale Museo dell’Aria e dello Spazio.

 


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