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Zitta zitta, la Cina si compra i gioielli francesi: addio vigneti di Borgogna
Un sistema silenzioso e legale sta trasferendo i più preziosi vigneti francesi in mani cinesi. Prezzi folli, società offshore e un patrimonio che svanisce: ecco come funziona.

Nel lontano 2012 ci fu un gran polverone per l’acquisto della tenuta di Gevrey-Chambertin da parte di un miliardario cinese. Due ettari di vigne, strappati ai viticoltori locali per la cifra, allora ritenuta esorbitante, di 8 milioni di euro. Molto rumore, qualche timore espresso a voce alta e poi, apparentemente, il nulla. Il chateau, oggi magnificamente ristrutturato, è l’orgoglio del villaggio.
Quella che sembrava un’operazione isolata era solo la punta dell’iceberg. Oggi sta accadendo qualcosa di molto più sistematico e, soprattutto, silenzioso. Un’operazione finanziaria che sta spostando la proprietà di alcuni dei più pregiati “grand cru” del mondo da mani francesi a holding con sede a Singapore e Hong Kong.
Molti, nel settore, sanno ma pochi osano parlarne. Non si tratta più di due ettari, ma di almeno dieci, e parliamo di vini del calibro di Echezeaux, Bâtard-Montrachet e Bonnes Mares. Gioielli del patrimonio enologico francese che stanno prendendo il largo.
Il meccanismo: finanza creativa dal sapore orientale
Le cessioni di terreni in Borgogna non sono una novità, spesso legate a complesse questioni ereditarie. Ciò che è nuovo è l’attore che, quasi sempre, vince al gioco del rialzo. Il nome che ricorre è quello di Deepak Rao, un cittadino francese basato a Singapore, vicepresidente di FICOFI, una società specializzata in vini di lusso che funge anche da club per super-ricchi.
L’attività principale di Rao, però, è un’altra. In qualità di gestore di “Héritage Vignobles”, filiale di una holding passata da Hong Kong a Singapore, Rao agisce come intermediario per facoltosi investitori cinesi, tra cui spicca il nome di Joe Tsai, co-fondatore di Alibaba. Lo schema è tanto legale quanto spietato:
- Creazione di una società veicolo: Per ogni acquisizione, Rao costituisce una nuova società in Francia (come Côte d’Or Vineyards, Financière Galva, etc.), di cui risulta socio unico. Dal 2013, gli investimenti totali hanno ampiamente superato i 120 milioni di euro.
- L’offerta che non si può rifiutare: Forte di una liquidità quasi illimitata, la società di Rao offre cifre fuori mercato, creando di fatto un doppio standard. Come confessa un noto produttore locale: “Oggi c’è un prezzo per i professionisti del vino e un prezzo per i cinesi. Di fronte a certe offerte, noi non possiamo neanche sederci al tavolo”.
- Trasferimento di proprietà: Pochi mesi dopo l’acquisto, nella società francese entrano nuovi soci. Si tratta di entità come “Cloud Vineyards” (legata ad Alibaba) o “Fine Wine Asia”, tutte con sede a Singapore o Hong Kong. I veri proprietari sono loro.
- La gestione in mani locali: La beffa finale? Le vigne vengono poi affidate in metayage (il raccolto diviso a metà tra proprietario e coltivatore, praticamente a mezzadria) a viticoltori “vedette” della zona, felici di aggiungere un grand cru al loro portafoglio. In pratica, il know-how francese viene usato per valorizzare un asset ormai straniero.
Le conseguenze: più che una vigna, un asset finanziario
Questa strategia, perfettamente legale, ha conseguenze economiche e culturali devastanti, che snaturano l’agricoltura francese e la trasformano in un equivalente di una “Miniera” di Bitcoin o di di un immobile di lusso, riducendola a un prodotto speculativo. Le conseguenze sono gravi:
- Distorsione del mercato fondiario: I prezzi dei terreni raggiungono livelli insostenibili per qualunque imprenditore agricolo locale, rendendo impossibile l’espansione per le aziende familiari o l’ingresso di nuove generazioni. La vigna famigliare è finita, letteralmente.
- Opacità della proprietà: Chi sono i veri proprietari finali? Grazie alla legislazione di Singapore, una società può cambiare mano più volte in una settimana, rendendo quasi impossibile tracciare il vero detentore del patrimonio.
- Vini per pochi, profitti per altri: Per rientrare da investimenti così massicci, le bottiglie prodotte vengono immesse sul mercato asiatico a prezzi proibitivi, raggiungendo i 10.000 o persino i 25.000 euro. Vini che nessun europeo potrà mai assaggiare, e, alla fine, è forse un bene. Un’assurda bolla, perché il vino è vino.
- Drenaggio fiscale: Le società francesi, avendo sostenuto costi d’acquisto enormi, pagano poche o nessuna imposta. I profitti reali vengono realizzati a Singapore, dove il regime fiscale è ben più mite.
Sotto una patina di legalità, un pezzo del patrimonio culturale ed economico francese non viene semplicemente venduto: viene trasformato in un puro asset finanziario, sradicato dal suo territorio e destinato a un mercato speculativo globale. Tra l’altro il valore del vino viene a distaccarsi dalla realtà e diventare, anch’esso, una pura speculazione. Un’operazione silenziosa che, ettaro dopo ettaro, sta trasferendo valore e controllo lontano, molto lontano dalla Borgogna.
Domande e Risposte dall’articolo
1) Perché gli investitori cinesi sono così interessati proprio ai vigneti della Borgogna?
Gli investitori cinesi sono attratti dalla Borgogna per una combinazione di prestigio, stabilità e rendimento. I “grand cru” sono considerati un bene rifugio, un asset tangibile il cui valore tende a crescere costantemente, al riparo dalle volatilità dei mercati finanziari. Possedere una parcella di Romanée-Conti o di Montrachet è uno status symbol potentissimo nel mondo dei super-ricchi asiatici. Inoltre, il mercato del vino di lusso in Cina è in piena espansione, garantendo una domanda interna per queste bottiglie, viste più come oggetti da collezione e investimento che come bevande.
2) Ma se tutto è legale, qual è il vero problema?
Il problema non è la legalità formale dell’operazione, ma le sue conseguenze sistemiche. Sebbene ogni passaggio rispetti la legge, la strategia nel suo complesso crea enormi distorsioni. Alza artificialmente il valore dei terreni, escludendo i produttori locali e alterando la struttura sociale ed economica della regione. Inoltre, sfrutta le differenze normative tra Paesi per spostare i profitti in giurisdizioni a bassa fiscalità e per rendere opaca la proprietà finale. È un esempio di come la finanza globale possa usare strumenti legali per svuotare di significato economico e culturale un patrimonio nazionale.
3) Quali potrebbero essere i rischi a lungo termine per la Francia e la Borgogna?
A lungo termine, il rischio è la perdita di controllo su un settore strategico del proprio patrimonio culturale ed economico. La Borgogna potrebbe trasformarsi da un ecosistema di produttori, tradizioni e territorio a un semplice “parco a tema” del lusso, controllato da interessi finanziari esteri. La filiera decisionale si sposterebbe da Digione a Singapore, con strategie orientate unicamente alla massimizzazione del profitto per investitori anonimi. Questo potrebbe portare a una progressiva perdita di identità del prodotto e alla dipendenza totale da capitali e mercati extra-europei.

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