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ZF in Crisi Nera: Perdite, Debiti e 14.000 Posti di Lavoro a Rischio – Il Prezzo della Transizione Elettrica
Crisi ZF: Perdita di 195 Milioni e 14.000 Lavori a Rischio in Germania. Il Debito e la Transizione Elettrica Mettono in Ginocchio il Colosso Fornitore di Auto

La tedesca ZF, secondo fornitore mondiale di componentistica auto, sta vivendo uno dei momenti più difficili della sua storia. Non si tratta della solita “inflessione congiunturale”, ma di una vera e propria crisi strutturale che vede l’azienda di proprietà di una fondazione affrontare una perdita di 195 milioni di euro nel primo semestre. Si profila la seconda perdita annuale consecutiva, un campanello d’allarme che non può essere ignorato.
Le radici del problema: crollo della domanda e costi della transizione
Le motivazioni di questo stato precario sono un mix esplosivo di fattori esterni e costi interni:
- Crollo della Produzione: Dal 2018, la produzione globale di auto e veicoli commerciali leggeri è scesa del 30%.
- Frenata dei clienti: Colossi come Volkswagen, BMW e Stellantis (casa madre di Opel) hanno drasticamente ridotto gli ordini.
- Costi dell’Elettromobilità: L’impegno per la transizione verso l’elettrico pesa in modo significativo sul bilancio, con margini ancora bassi in questa fase iniziale. L’azienda ha pesantemente investito nel settore, ma non ci sono ritorni.
A rendere la situazione ancora più complicata c’è il fardello finanziario accumulato con le costose acquisizioni di TRW e dello specialista dei freni Wabco, fatte evidentemente al momento sbagliato, che hanno portato le passività nette a circa 10,5 miliardi di euro. Con un tasso di interesse medio del 4,5%, centinaia di milioni di euro vanno dritti al servizio del debito, sottraendo risorse preziose agli investimenti futuri.
Il nodo della “Divisione E” e i piani di vendita
Il vero punto dolente è la divisione Driveline (nota come “Divisione E”), che include propulsori elettrici, ibridi e motori a combustione. Questa divisione, che impiega circa un dipendente ZF su cinque a livello globale e ha generato quasi un quarto del fatturato 2024, è considerata poco competitiva. Soffre sia per il ritardo nell’adozione su larga scala della mobilità elettrica sia per gli alti costi e i margini risicati delle trasmissioni tradizionali.
Il management sta valutando opzioni drastiche: la vendita della divisione o la ricerca di un partner strategico. Un portavoce aziendale ha chiarito che la ristrutturazione è il primo passo verso una potenziale partnership.
IG Metall, il potente sindacato tedesco, non ci sta e ha lanciato un chiaro avvertimento: “Il cuore di ZF non deve essere strappato via.” A luglio, oltre 10.000 persone hanno protestato contro questi piani, segno di una tensione altissima.
La vertenza lavoro: 14.000 posti in bilico
La crisi ha conseguenze drammatiche per i circa 50.700 dipendenti in Germania. L’azienda prevede di tagliare fino a 14.000 posti di lavoro in Germania entro la fine del 2028. Già dall’inizio del 2024, sono stati eliminati 5.700 posti e per molti dipendenti l’orario di lavoro è stato ridotto.
Il malcontento è palpabile: il presidente generale del comitato aziendale, Achim Dietrich, ha criticato il fallimento dei precedenti tentativi di ristrutturazione. La gente ha paura di perdere il lavoro, al punto che “Molti dipendenti attualmente non fanno straordinari a causa dei massicci tagli salariali, anche per i dirigenti”. Un chiaro segnale di sfiducia e timore di essere i prossimi nella lista di quelli che rimarranno a casa.
La direzione e il comitato aziendale sono in una fase cruciale di negoziazione per la riorganizzazione della divisione Drivetrain, i cui risultati sono attesi in questi giorni. L’obiettivo dichiarato è “preservare il maggior numero possibile di posti di lavoro in Germania”, investendo nei settori vincenti e ristrutturando quelli in difficoltà. Ma per i 14.000 dipendenti che vedono il loro posto a rischio, la parola d’ordine è solo una: incertezza. Un sentimento sempre più diffuso in Germania.
Mercoledì prossimo, Mathias Miedreich assumerà la carica di successore di Holger Klein, a lui passa la grana su come salvare questa grande azienda.
Domande & Risposte
Domanda | Risposta |
Quali sono le cause principali della crisi ZF, oltre alla transizione elettrica? | La crisi ZF è un cocktail micidiale. Oltre agli alti costi per sviluppare l’elettrico, che non è ancora partito a pieno regime, l’azienda paga il forte calo della produzione automobilistica globale (-30% dal 2018) e la riduzione degli ordini da parte di clienti storici come VW e BMW. A questo si aggiunge un debito elevato di 10,5 miliardi di euro (dovuto ad acquisizioni passate), che assorbe centinaia di milioni di euro in interessi, sottraendo fondi agli investimenti necessari per il futuro. |
Cosa significa concretamente per i dipendenti il piano di tagli e la vendita della “Divisione E”? | Il piano prevede il taglio di fino a 14.000 posti di lavoro in Germania entro il 2028, con 5.700 già eliminati nel 2024. La Divisione E (motori e trasmissioni), che è il cuore di ZF, è a rischio vendita o partnership a causa delle sue performance negative. Per i dipendenti si traduce in grande incertezza, proteste e anche nel rifiuto di fare straordinari, temendo che il loro impegno non venga ripagato in un contesto di tagli salariali e licenziamenti imminenti. |
In che modo questa crisi è legata al panorama economico tedesco più ampio? | La crisi ZF è un sintomo della profonda trasformazione dell’industria automobilistica tedesca. Essendo il secondo fornitore del Paese, le sue difficoltà riflettono la difficile transizione all’elettrico che sta mettendo in crisi il modello tradizionale basato sul motore a combustione. È un segnale che i costi e i ritardi dell’elettrificazione stanno colpendo duramente la catena di fornitura, rendendo necessaria una ristrutturazione dolorosa che avrà ripercussioni sull’occupazione e sulla manifattura “Made in Germany”. |

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