Economia
Zes unica, un opportunità per tutto il paese..?

Il presidente di Confindustria Emanuele Orsini l’ha citata sempre come esempio virtuoso di misura in grado di rappresentare un volano per la crescita e si è augurato che possa diventare un modello per l’intero paese e non solo per il mezzogiorno. Stiamo parlando della Zes unica, approvato a Gennaio 2024 su impulso dell’alora ministro degli affari europei e del sud Raffaele Fitto, che dopo un primo periodo di rodaggio, sotto la guida dell’avvocato Giosy Romano ha cominciato a macinare numero di richieste record, che ne hanno fatto una misura modello di sviluppo economico della zona, grazie alle semplificazioni burocratiche che offre.
Le ZES sono aree geograficamente delimitate, di norma localizzate nelle regioni meno sviluppate, dove vige un regime economico e amministrativo agevolato. L’obiettivo è favorire nuovi investimenti, attrarre capitali esteri e stimolare l’occupazione. Attraverso agevolazioni fiscali, semplificazioni procedurali e interventi infrastrutturali mirati, le ZES rappresentano una politica place-based volta a ridurre i divari territoriali e rafforzare la competitività del sistema produttivo.
Le ZES sono diffuse a livello globale. La prima ZES nasce nel 1959 in Irlanda e, in trent’anni, si arriva a 500 zone in tutto il mondo. In generale, queste zone offrono vantaggi fiscali, come minori tariffe e imposte, fino alla determinazione del proprio livello di tassazione e delle politiche di regolazione. Inoltre, stimolano la crescita economica tramite diversi canali, come attrazione di investimenti diretti esteri, crescita delle imprese locali, creazione di distretti industriali, generando economie di scala e ulteriori spillover sulle economie locali. L’impatto sul mercato del lavoro non si limita all’occupazione nelle imprese che investono, ma anche sull’indotto e i territori limitrofi. Si crea così un effetto moltiplicatore: la crescita delle attività produttive nelle ZES favorisce l’espansione dell’intera economia locale.
Nel ondo se ne contano corca 5000, di cui il 47% circa concentrato in Cina ( e gia questo dovrebbe elemento essere assai indicativo sulla loro efficacia), in Europa se ne contano 105, pari al 2% del totale mondiale, localizzate principalmente nei Paesi dell’Est, come Polonia, Croazia e Repubblica Ceca.
La storia delle ZES in Italia inizia nel 2017, sotto il governo Gentiloni, con l’istituzione di otto ZES: Abruzzo, Campania, Calabria, Sicilia occidentale, Sicilia orientale, Sardegna, Adriatica (composta da Molise e Puglia settentrionale) e Ionica (composta da Puglia meridionale e Basilicata). Ogni ZES rappresenta una specifica zona geografica, con specifici comuni, attorno ad un’area portuale principale e a una o più aree retro-portuali e industriali. Questi comuni rappresentavano una piccola parte del totale regionale: ad esempio, per la ZES Sardegna, erano inclusi 15 comuni su 377; per la Campania 37 su 550. La durata delle ZES era fissata tra 7 e 14 anni.
I benefici fiscali prevedevano un credito di imposta differenziato per regione e dimensione d’impresa, una riduzione del 50% dell’IRES, incentivi alle assunzioni e iper-ammortamento (maggiorazione del 150% del costo di acquisizione di beni funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale). Inoltre, venivano semplificati i procedimenti amministrativi per la nascita di nuove attività imprenditoriali e autorizzazioni alla costruzione di fabbricati strumentali, tramite l’introduzione di un’autorizzazione unica, comprendente anche la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA),e la creazione di uno Sportello Unico Digitale per la presentazione delle domande per crediti di imposta e altre agevolazioni. Per mantenere i benefici fiscali, le imprese dovevano mantenere l’investimento per almeno 7 anni, conservando la loro attività ed i posti di lavoro creati per almeno 10 anni.
Con la Zes unica, tra gli strumenti adottati, viene riproposto il regime di autorizzazione unica, con tempi medi di approvazione di 30 giorni, anche attraverso l’istituzione di uno Sportello Unico Digitale Nazionale.
Le agevolazioni fiscali comprendono il credito di imposta per investimenti in beni strumentali, con importi variabili in base alla regione e all’ammontare dell’investimento. Per l’acquisto di immobili si applica un credito di imposta per un massimo del 50% del valore complessivo; inoltre, è previsto un credito di imposta per beni strumentali destinati al settore primario.
Se le ZES producono buoni risultati perché non estendere questa esperienza all’intera Italia? Sarebbe fattibile? Un recente dato mostrato da un report di Confindustria, che indica 28 miliardi di investimenti generati da 5 miliardi di crediti di imposta, mostra come l’applicazione della ZES unica sia efficace e tangibile.
Certo estenderla a tutta Italia andrebbe contro la stessa idea di Zes che viene prevista per determinate zone meno sviluppate di ogni singolo paese, ma certo è che si potrebbe comunque adottare alcune delle virtuose pratiche usate li ed estenderla anche al resto d’Italia. E in questo senso vanno intese le parole di Tommaso Foti, che ha preso il posto di Fitto al ministero degli affari Europei, quando ha affermato che “Essendo una semplificazione di ordine burocratico e una possibilita’ concreta di tagliare drasticamente i tempi, non vedo per quale ragione ci dovrebbe essere un’opposizione di fondo da parte dell’Unione europea”, ha specificato il ministro Foti, ad una manifestazione dei giovani du Confindustria. “Vedendo il risultato positivo che la Zes unica, anche a livello solo burocratico, ha dato sul territorio italiano, auspichiamo e ci stiamo impegnando affinche’ possa essere applicata a tutto il territorio europeo per la semplificazione”, ha concluso Foti.









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